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Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )

"Comprami! Vuoi? Vuoi? Per cinquantamila franchi, come De-Grieux?"
    proruppe, singhiozzando convulsamente. La presi tra le braccia, le
    baciai le mani e i piedi e caddi in ginocchio davanti a lei..
    L'attacco isterico stava passando.  Lei aveva posato le mani sulle
    mie spalle e mi fissava; sembrava che volesse leggere qualcosa sul
    mio viso. Mi sentiva, ma evidentemente non ascoltava quello che le
    dicevo.  Un'espressione  inquieta  e pensierosa le era apparsa sul
    volto.  Temevo per lei: mi pareva proprio che la  sua  ragione  si
    alterasse. Ora, di colpo, cominciava ad attirarmi dolcemente a se,
    e  un  sorriso  fiducioso sfiorava il suo viso;  poi,  altrettanto
    improvvisamente,  mi respingeva e riprendeva a  fissarmi  con  uno
    sguardo fosco.
    All'improvviso mi getto le braccia al collo.
    "Perche  tu  mi  ami,  mi  ami?" diceva.  "Perche tu...  tu volevi
    batterti con il barone per me!" E di nuovo scoppio in una  risata,
    come  se  qualcosa  di  buffo  e  di grazioso le fosse balenato al
    pensiero. Piangeva e rideva insieme. Che cosa dovevo fare?  Ero io
    stesso come febbricitante.  Ricordo che lei comincio a parlare, ma
    io non riuscivo a capire quasi niente.  Era una specie di delirio,
    il  suo,  una specie di balbettio,  come se volesse comunicarmi in
    fretta qualcosa, un delirio che,  interrotto a tratti dal riso piu
    gioioso,  cominciava a spaventarmi.  "No, no, sei caro, sei caro!"
    ripeteva. "Mio fedele!" e di nuovo mi posava le mani sulle spalle,
    di nuovo mi scruto,  continuando a  ripetere:  "Tu  mi  ami...  mi
    ami...  mi  amerai?"  Io  non  distoglievo  gli occhi da lei;  non
    l'avevo ancora mai vista in quegli slanci di tenerezza e di amore;
    e vero che si trattava di delirio,  ma...  notando il mio  sguardo
    appassionato,  a  un tratto si mise a ridere maliziosamente e,  di
    punto in bianco, prese a parlare di mister Astley.
    Del  resto,   lei   parlava   continuamente   di   mister   Astley
    (specialmente quando,  poco prima,  si era sforzata di raccontarmi
    qualche cosa),  ma che cosa precisamente  dicesse  non  riuscii  a
    capire; mi sembra perfino che ridesse di lui; ripeteva di continuo
    che  egli  aspettava...  e  mi  chiedeva se sapevo che ora egli si
    trovava certamente sotto la finestra.
    "Si, si... sotto la finestra...  Apri,  guarda,  guarda...  Egli e
    qui, e qui!"
    E mi spingeva verso la finestra, ma non appena facevo un movimento
    per avvicinarmici, scoppiava in una risata e io le restavo vicino,
    mentre lei si precipitava tra le mie braccia.
    "Partiremo?  Ce  ne  andremo  domani?"  chiedeva,  seguendo un suo
    inquieto  pensiero.   "Ebbene,   ebbene,"  continuava,   facendosi
    pensierosa, "faremo in tempo a raggiungere la nonna? Che ne pensi?
    A Berlino, io credo, potremo raggiungerla. Che cosa credi che dira
    quando  l'avremo raggiunta e lei ci vedra?  E mister Astley?  Be',
    quello non si buttera giu dallo Schlangenberg,  che ne  pensi?"  e
    scoppio a ridere. "Ora ascolta: sai dove andra la prossima estate?
    Vuole andare al Polo Nord per ricerche scientifiche e portarmi con
    se,  ah,  ah,  ah!  Dice  che  noi russi,  senza gli europei,  non
    sappiamo niente e non siamo capaci di niente...  Ma e buono  anche
    lui! Lo sai che egli scusa il generale? Dice che Blanche... che la
    passione...  be',  non  so,  non  so..." ripete a un tratto,  come
    distraendosi e perdendo il filo del discorso. "Poveretti,  come li
    compiango...  e  anche la nonna...  Su,  ascolta,  ascolta: perche
    dovresti uccidere De-Grieux?  E'  possibile  che  tu  pensassi  di
    ucciderlo?  Sciocco!  Potevi  davvero  credere  che  io  ti  avrei
    permesso di batterti con De-Grieux?  Ma tu non uccideresti nemmeno
    il barone," aggiunse,  mettendosi a ridere, "oh, quanto eri buffo,
    allora, con il barone; io vi guardavo entrambi dalla panchina... e
    che poca voglia avevi di andare quando ti ho mandato! Come ho riso
    allora,  come ho riso!"  concluse,  scoppiando  di  nuovo  in  una
    risata.
    A un tratto riprendeva a baciarmi e ad abbracciarmi,  premendo con
    appassionata tenerezza il suo viso al mio.  Io non  pensavo  ormai
    piu a niente, non sentivo piu niente. La testa mi girava.
    Penso  che fossero circa le sette di mattina quando mi risvegliai;
    il sole illuminava la stanza.  Polina era seduta vicino a me e  si
    guardava stranamente intorno,  come se uscisse dal buio e cercasse
    di riordinare i suoi ricordi.  Anche lei si era appena svegliata e
    fissava il tavolo e i denari. La testa mi pesava e mi faceva male.
    Volevo prendere Polina per mano;  lei di colpo mi respinse e balzo
    in piedi.  Spuntava  una  giornata  grigia;  prima  dell'alba  era
    piovuto.  Polina  si avvicino alla finestra,  l'apri mise fuori la
    testa e il petto e,  appoggiandosi con le mani e puntando i gomiti
    al davanzale, rimase cosi due o tre minuti, senza girarsi verso di
    me  e  senza  ascoltare quello che le dicevo.  Con terrore pensai:
    "Che accadra,  ora?  Come finira tutto cio?" A un tratto si stacco
    dalla  finestra,   si  avvicino  al  tavolo  e,   guardandomi  con
    un'espressione di odio infinito,  mi disse con le labbra  tremanti
    di furore:
    "Be', ora dammi i miei cinquantamila franchi!"
    "Polina, di nuovo, di nuovo?" cominciavo a dirle.
    "Hai cambiato idea, forse? Ah, ah, ah! Forse gia li rimpiangi?"
    I  venticinquemila fiorini,  contati fin dalla sera,  erano posati
    sul tavolo; li presi e glieli porsi.
    "Adesso  sono  miei,  no?  E'  cosi?   E'  cosi?"  mi  chiese  con
    cattiveria, tenendo in mano il denaro.
    "Ma sono sempre stati tuoi!" dissi io.
    "Ebbene, eccoteli i tuoi cinquantamila franchi!" Alzo il braccio e
    me  li sbatte addosso.  Il fascio mi colpi dolorosamente in viso e
    si sparpaglio sul pavimento.  Fatto questo,  Polina usci di  corsa
    dalla stanza.
    So  bene  che  in  quel momento lei era fuori di se,  anche se non
    riesco a capire quella follia momentanea. Vero e, pero, che ancora
    oggi, dopo un mese,  e ancora ammalata.  Ma tuttavia,  quale fu la
    causa  di  quello  stato  e,  soprattutto,  di  quel gesto?  Forse
    l'orgoglio offeso?  O la disperazione per essersi decisa a  venire
    da  me?  L'avevo  forse indotta a credere che mi vantavo della mia
    fortuna e che,  proprio come De-Grieux,  volevo liberarmi  di  lei
    dopo  averle regalato cinquantamila franchi?  Ma non e stato cosi,
    lo so, in coscienza.  Penso che la causa sia stata,  in parte,  la
    sua  vanita;  la vanita le aveva suggerito di non prestarmi fede e
    di offendermi,  sebbene tutto  cio  fosse,  anche  per  lei,  poco
    chiaro.  In  questo  caso,  certo,  io pagavo per De-Grieux ed ero
    incolpato senza essere colpevole. Vero e anche che tutto era stato
    solo delirio;  vero e che io sapevo che lei delirava e  non  avevo
    tenuto  conto  di  questa  circostanza.  Forse  lei non puo adesso
    perdonarmelo? Si, adesso, ma allora?  Il suo delirio e il suo male
    erano poi cosi gravi da farle dimenticare completamente quello che
    faceva  venendo  da  me  con  la lettera di De-Grieux?  Lei dunque
    sapeva cio che faceva.
    In fretta e furia raccolsi alla bell'e meglio il  mio  mucchio  di
    biglietti  e d'oro,  lo ficcai nel letto,  lo coprii e uscii dieci
    minuti dopo Polina.  Ero certo che era  corsa  in  camera  sua,  e
    volevo,   di   nascosto,   entrare   nel   loro   appartamento  e,
    nell'anticamera,  chiedere alla  bambinaia  notizie  sulla  salute
    della signorina. Quale non fu il mio stupore quando, incontrata la
    governante sulle scale,  seppi che Polina non era ancora tornata e
    che la bambinaia stava appunto venendo da me per cercarla.
    "Proprio adesso," le dissi,  "proprio adesso e  uscita  di  camera
    mia... non piu di dieci minuti fa. Dove mai si sara cacciata?"
    La governante mi guardo con espressione di rimprovero.
    Intanto  era  venuta  fuori tutta una storia che gia circolava per
    l'albergo.  Dal portiere e dal capo cameriere si sussurrava che la
    Fraulein (1) alle sei di mattina era fuggita dall'albergo sotto la
    pioggia  e  si  era  avviata  di  corsa  in direzione dell'albergo
    d'Angleterre.  Dalle loro parole e allusioni capii  che  essi  gia
    sapevano  che  lei  aveva passato tutta la notte nella mia camera.
    Del resto, si chiacchierava su tutta la famiglia del generale; era
    noto che questi,  il giorno prima,  era quasi impazzito e piangeva
    in modo tale che tutto l'albergo lo sentiva. Si raccontava inoltre
    che  la  vecchia  arrivata  all'improvviso  era sua madre,  venuta
    apposta dalla Russia per impedire  al  figlio  il  matrimonio  con
    mademoiselle Blanche de Cominges e,  in caso di disubbidienza, per
    privarlo  dell'eredita;   poiche  effettivamente  lui  non   aveva
    ubbidito,  la contessa,  sotto i suoi stessi occhi,  aveva perduto
    apposta alla roulette il suo denaro,  affinche non  gli  rimanesse
    piu  niente.  "Diese  Russen!"  (2)  ripeteva  indignato  il  capo
    cameriere,  scuotendo  la  testa.  Gli  altri  ridevano.  Il  capo
    cameriere intanto preparava il conto. La mia vincita era gia nota;
    Karl,  il  cameriere del mio piano,  fu il primo a rallegrarsi con
    me. Ma io avevo ben altro per la testa!  Mi precipitai all'albergo
    d'Angleterre.
    Era  ancora  presto;  mister Astley non riceveva nessuno;  saputo,
    pero,  che c'ero io,  usci nel corridoio e si fermo davanti a  me,
    fissandomi  in silenzio con il suo sguardo color dello stagno e in
    attesa che io parlassi. Gli chiesi subito di Polina.
    "E' ammalata" mi rispose mister Astley,  continuando a fissarmi in
    viso e senza distogliere gli occhi da me.
    "Allora e veramente qui da voi?"
    "Si, e da me."
    "E dunque voi... voi avete intenzione di tenerla presso di voi?"
    "Oh si, ho quest'intenzione."
    "Mister  Astley,  questo provochera uno scandalo: non e possibile.
    Inoltre lei e proprio malata; non ve ne siete forse accorto?"
    "Oh si, me ne sono accorto e ve l'ho anche detto che e malata.  Se
    non fosse stata malata non avrebbe passato la notte da voi."
    "Allora sapete anche questo?"
    "Lo so.  Ieri stava venendo qui,  e io l'avrei accompagnata da una
    mia parente ma, dato che era malata, si e sbagliata ed e venuta da
    voi."
    "Ma figuratevi!  E allora mi rallegro con voi,  mister  Astley.  A
    proposito,  mi fate venire un'idea: non siete per caso stato tutta
    la notte sotto la mia finestra?  Miss Polina me la  faceva  aprire
    tutti  i momenti per vedere se eravate la sotto e rideva a piu non
    posso."
    "Davvero?  No,  io non ero sotto la  finestra,  ma  aspettavo  nel
    corridoio andando su e giu."
    "Ma bisogna pur curarla, mister Astley!"
    "Oh si! Ho gia mandato a chiamare il dottore e, se dovesse morire,
    mi renderete conto della sua morte."
    Rimasi stupefatto.
    "Di grazia, mister Astley, ma che volete dire?"
    "Ed e vero che ieri avete vinto duecentomila talleri?"
    "In tutto soltanto centomila fiorini."
    "Ecco, vedete! Allora, partite stamattina stessa per Parigi... "
    "Perche?"
    "Tutti  i  russi,  avendo  denaro,  vanno  a Parigi" spiego mister
    Astley con la voce e il tono di chi legge un libro.
    "Che andrei a fare adesso, d'estate, a Parigi?  Io la amo,  mister
    Astley, lo sapete anche voi..."
    "Davvero?  Io sono convinto di no.  Per di piu,  se rimarrete qui,
    perderete certamente tutto e non avrete piu i mezzi per andare poi
    a Parigi."
    "Bene, addio! Pero a Parigi non ci vado. Pensate, mister Astley, a
    quello che succedera adesso da noi. In una parola,  il generale...
    e adesso quest'avventura con miss Polina...  fara il giro di tutta
    la citta."
    "Si,  di tutta la citta;  quanto al generale,  credo  che  non  ci
    pensi:  ha  ben altro per la testa!  E quanto a quella famiglia si
    puo giustamente dire che ormai non esista piu."
    Camminavo e sorridevo dentro  di  me  della  strana  sicurezza  di
    quell'inglese che io sarei partito per Parigi.  "Egli, pero, vuole
    uccidermi in duello," pensavo, "se Polina muore;  ma guarda un po'
    che  storia!" Giuro che mi dispiaceva per Polina ma,  strano,  fin
    dal primo istante in cui, il giorno prima, avevo toccato il tavolo
    da giuoco e preso a rastrellare mucchi di quattrini,  il mio amore
    era passato come in secondo piano.  Questo lo dico ora,  ma allora
    ancora non me ne rendevo chiaramente conto.  Possibile che io  sia
    davvero un giocatore,  possibile che io amassi Polina in modo cosi
    strano?  No,  io l'amo ancora adesso,  lo vede  Iddio!  E  quando,
    uscito da mister Astley,  andavo verso casa, soffrivo sinceramente
    e  accusavo  me  stesso...   Ma  a  questo  punto  mi  capito  una
    stranissima e molto assurda storia.
    Andavo  in  tutta fretta dal generale quando improvvisamente,  non
    lontano dal loro appartamento,  una porta si apri  e  qualcuno  mi
    chiamo.  Era  madame  veuve Cominges che mi chiamava per ordine di
    mademoiselle Blanche.  Entrai nell'appartamentino di  mademoiselle
    Blanche.
    Era un quartierino di due stanze. Dalla camera da letto giungevano
    le  risa  e  gli  strilli  di  mademoiselle  Blanche.  Ella  stava
    alzandosi da letto.
    "Ah,  c'est lui!  Viens donc,  bete!  E' vero 'que tu as gagne une
    montagne d'or et d'argent? J'aimerais mieux l'or! (3)"
    "Ho vinto" risposi io, ridendo.
    "Quanto?"
    "Centomila fiorini."
    "Bibi,  comme  tu es bete!  Ma avvicinati,  non sento nulla.  Nous
    ferons bombance, n'est-ce pas? (4)"
    Entrai da lei.  Era coricata sotto una coperta di  raso  rosa,  da
    sotto  la  quale  sporgevano  due  splendide  spalle  brune  e ben
    modellate,  spalle che si vedono soltanto in sogno,  velate appena
    da  una  camicia  di batista bianca ornata di candidi pizzi che si
    accordavano magnificamente con la sua pelle abbronzata.
    "Mon fils, as-tu du coeur?  (5)" esclamo a voce alta vedendomi,  e
    scoppio a ridere.  Rideva sempre molto gaiamente e anche, a volte,
    con grande spontaneita.
    "Tout autre... (6)" fui li li per dire, parafrasando Corneille.
    "Ecco,  vedi,  'vois-tu,'" comincio improvvisamente a  cinguettare
    "in primo luogo,  cercami le calze e aiutami a infilarle;  poi, si
    tu n'es pas trop bete, je te prends a Paris (7). Lo sai, vero, che
    parto per Parigi?"
    "Subito?"
    "Tra mezz'ora."
    Infatti tutto era stato messo via.  Le valigie  erano  pronte.  Il
    caffe era stato servito da un pezzo.
    "Eh bien!  Se vuoi, verrai a Parigi. 'Dis donc qu'est-ce que c'est
    qu'un outchitel? Tu etais bien bete quand tu etais outchitel!' (8)
    Dove sono le calze? Infilamele, su!"
    Tiro fuori un piedino veramente incantevole, piccolo,  bruno,  non
    deformato  come quasi tutti quei piedini che appaiono cosi piccoli
    negli stivaletti.  Io mi misi a ridere e cominciai a  infilare  la
    calza di seta.  Mademoiselle Blanche,  intanto,  seduta sul letto,
    continuava a cicalare.
    "'Eh bien,  que feras-tu,  si je te prends avec?' In primo  luogo,
    'je veux cinquante mille francs'. Me li darai a Francoforte. 'Nous
    allons  a  Paris';  la  vivremo  insieme  'et je te ferai voir des
    etoiles en plein jour' (9).  La vedrai delle donne come non ne hai
    mai certamente viste!"
    "Aspetta, sicche io dovrei darti cinquantamila franchi... e allora
    che mi restera?"
    "'Et cent cinquante mille francs',  li hai dimenticati? Per di piu
    acconsento a vivere nel tuo appartamento un mese,  due...  chi sa!
    Noi,    naturalmente,    ci   mangeremo   in   due   mesi   questi
    centocinquantamila franchi.  Vedi 'je suis bonne enfant' e  te  lo
    dico prima, 'mais tu verras des etoiles (10)'"
    "Possibile? Tutto in due mesi?"
    "Come? La cosa ti spaventa? Ah, 'vil esclave!' (11) Ma non sai che
    un mese solo di quella vita vale di piu di tutta la tua esistenza?
    Un mese solo e 'apres, le deluge! Mais tu ne peux comprendre, va!'
    Vattene, vattene, non lo meriti! 'Ah, que fais-tu? (12)'"
    In  quel  momento io stavo calzando l'altro piedino,  ma non potei
    trattenermi e lo baciai.  Lei lo tiro via e comincio a percuotermi
    il viso con la punta del piede. E infine mi caccio via.
    "'Eh bien,  mon outchitel,  je t'attends, si tu veux (13)'; tra un
    quarto d'ora parto!" mi grido alle spalle.
    Tornando nella mia camera,  era gia come se avessi  le  vertigini.
    Non  era  mica  colpa mia se Polina mi aveva sbattuto in faccia un
    fascio di biglietti  e  ancora  ieri  mi  aveva  preferito  mister
    Astley!  Alcuni  dei  biglietti di banca erano ancora sparpagliati
    sul pavimento;  li raccolsi.  In quel momento si apri la  porta  e
    apparve  il  capo  cameriere in persona (che prima non mi guardava
    nemmeno) con un invito: non mi  sarebbe  piaciuto  trasferirmi  al
    piano di sotto, nel magnifico appartamento occupato sino ad allora
    dal conte V.?
    Riflettei un momento.
    "Il  conto!" gridai.  "Parto subito,  tra dieci minuti." "Se ha da
    essere Parigi,  ebbene,  Parigi sia!" pensai.  "Si  vede  che  era
    scritto cosi!"
    Un  quarto  d'ora  dopo  sedevamo  davvero  tutti  e  tre  in  uno
    scompartimento per famiglia: io,  mademoiselle  Blanche  e  madame
    veuve  Cominges.  Mademoiselle Blanche rideva,  guardandomi,  fino
    alle convulsioni. Veuve Cominges le faceva eco; non diro che io mi
    sentissi allegro.  La mia vita si spezzava in due ma,  dal  giorno
    prima,  mi  ero  abituato a puntare tutto su una carta.  Forse era
    proprio vero che non avevo resistito al peso del  denaro  e  avevo
    perso  la testa.  "Peut-etre,  je ne demandais pas mieux!" (14) Mi
    sembrava che per un po' di tempo, ma solo per un po' di tempo,  lo
    scenario cambiasse.  "Ma tra un mese saro qui e allora... e allora
    ce la vedremo ancora,  mister Astley!" No,  come  adesso  ricordo,
    anche  allora  ero  oppresso da una terribile tristezza,  anche se
    ridevo a gara con quella sciocchina di Blanche!
    "Ma che hai?  Come sei stupido!  Oh come sei  stupido!"  esclamava
    Blanche, interrompendo le sue risate e cominciando a rimproverarmi
    sul serio.  "Ma si,  ma si, spenderemo i tuoi duecentomila franchi
    ma in compenso 'tu seras heureux,  comme un petit  roi  '(15);  ti
    faro  io  il  nodo alla cravatta e ti faro conoscere Hortense.  E,
    quando avremo speso tutto il denaro,  tu ritornerai qui e farai di
    nuovo saltare il banco.  Che cosa ti hanno detto quegli ebrei?  La
    cosa piu importante e l'audacia,  e tu ce l'hai;  piu di una volta
    mi porterai dei denari a Parigi.  'Quant a moi,  je veux cinquante
    mille francs de rente et alors...(16)'"
    "E il generale?" le chiesi.
    "Il generale,  lo sai anche tu,  va ogni giorno,  a  quest'ora,  a
    prendere  un  mazzo di fiori per me.  Stavolta gli avevo chiesto a
    bella posta di portarmi i fiori piu rari.  Il poveraccio ritornera
    ma  l'uccellino sara volato via!  Vedrai che ci volera dietro.  Ah
    ah, ah! Ne saro molto contenta. A Parigi mi fara molto comodo;  il
    suo conto, qui, lo paghera mister Astley..."
    Ed ecco in che modo partii allora per Parigi.


    NOTE.
    1) Signorina
    2) "Questi russi!"
    3)  "Ah,   eccolo!  Vieni  dunque,  scioccone!  E'  vero  che  hai
    guadagnato una montagna d'oro e d'argento? Io preferirei l'oro..."
    4) "Caro, come sei sciocco! Faremo baldoria, non e vero?"
    5) "Hai coraggio, ragazzo mio!"
    6) "Tutt'altro..."
    7) "Se non sei troppo sciocco, ti porto a Parigi con me..."
    8) "Ebbene,  dimmi: cos'e  un  'outchitel'?  Eri  proprio  stupido
    quando facevi l''outchitel'..."
    9)  "Be',  che  farai  se  ti porto con me?  Voglio per prima cosa
    cinquantamila franchi.  Andremo a Parigi...  e ti faro  vedere  le
    stelle in pieno giorno."
    10) "Io sono una brava ragazza... ma tu vedrai delle stelle!"
    11) "Ah, vile schiavo!"
    12) "E poi il diluvio!  Ma tu non puoi capire, va'... Ma cosa stai
    facendo!"
    13) "Ebbene, mio 'outchitel', ti aspetto, se vuoi..."
    14) "Probabilmente non chiedevo di meglio!"
    15) "Tu sarai felice come un piccolo re..."
    16) "Quanto a me,  io voglio cinquanta mila franchi di  rendita  e
    allora..."












    16.

    Che  diro  di  Parigi?  Fu tutto un delirio,  una pazzia.  Vissi a
    Parigi solo poco piu di tre settimane,  e in quel periodo di tempo
    sfumarono  completamente  i miei centomila franchi.  Parlo solo di
    centomila, poiche gli altri centomila li avevo dati a mademoiselle
    Blanche in denaro liquido:  cinquantamila  a  Francoforte  e,  tre
    giorni  dopo,  a  Parigi,  una  cambiale  per altre cinquantamila,
    cambiale che una settimana dopo lei si fece pagare da me,  "et les
    cents mille francs qui nous restent tu les mangeras avec moi,  mon
    outchitel!" (1)  Continuava  sempre  a  chiamarmi  precettore.  E'
    difficile immaginarsi in questo mondo una categoria di persone piu
    calcolatrici,  piu  avare  e  piu  spilorce  di  quella alla quale
    apparteneva mademoiselle Blanche.  Ma questo per cio che  riguarda
    il  suo  denaro.  Per  cio  che  riguarda  invece i miei centomila
    franchi,  mi dichiaro in seguito che essi le erano serviti per una
    prima  sistemazione a Parigi,  "cosi ora mi sono messa su un piede
    decoroso,  una volta per sempre,  e ormai per un bel pezzo nessuno
    mi  buttera piu giu;  cosi almeno ho deciso" aggiunse.  Del resto,
    quei centomila franchi si puo dire che io non li vidi neanche;  il
    denaro,  lo teneva sempre lei e nel mio borsellino,  nel quale lei
    ogni giorno curiosava,  non  si  accumulavano  mai  piu  di  cento
    franchi e, quasi sempre, molti di meno.
    "Ma  via,  a che ti serve il denaro?" mi diceva a volte con l'aria
    piu innocente del mondo, e io non discutevo. In compenso, con quel
    denaro sistemo in modo molto confortevole il  suo  appartamento  e
    quando poi mi trasferi nella nuova dimora,  mi disse,  mostrandomi
    le stanze: "Ecco che cosa si puo fare con  l'economia  e  il  buon
    gusto, sia pure con i mezzi piu miseri".
    Quella miseria costava,  pero,  esattamente cinquantamila franchi!
    Con i rimanenti cinquantamila mise su carrozza e cavalli;  inoltre
    organizzammo  due balli,  cioe due serate alle quali presero parte
    Hortense, Lisette e Cleopatre,  donne notevoli sotto molti aspetti
    e  tutt'altro  che  brutte.  Queste  due serate io fui costretto a
    sostenere la stupidissima parte del padrone di casa,  a ricevere e
    a   intrattenere   alcune   goffissime  mercantesse,   arricchite,
    ignoranti e sfrontate  fino  all'inverosimile,  vari  tenentini  e
    miseri  scrittorucoli e nullita da rivista che comparivano in frac
    alla moda e guanti gialli,  con una superbia e una prosopopea cosi
    smisurate,  che  sarebbero  state inammissibili persino da noi,  a
    Pietroburgo; e questo e gia molto.  Essi avevano persino l'idea di
    farsi  beffe  di  me,  ma  io  mi  ubriacai di champagne e andai a
    rifugiarmi in una stanza lontana.  Tutto questo  mi  rivoltava  al
    massimo  grado.  "C'est  un  outchitel," diceva di me mademoiselle
    Blanche,  "il a gagne cent mille francs (2)  e  senza  di  me  non
    saprebbe come spenderli. Dopo fara di nuovo il precettore: non c'e
    qualcuno  che sappia di un posto?  Bisogna fare qualcosa per lui."
    Avevo cominciato a ricorrere molto spesso allo champagne perche mi
    sentivo  sempre   oppresso   dalla   tristezza   e   mi   annoiavo
    tremendamente.  Vivevo nell'ambiente piu borghese e piu mercantile
    che  si  possa  immaginare,  dove  ogni  soldo  veniva  contato  e
    misurato. Blanche non aveva nessuna inclinazione per me, nelle due
    prime  settimane  me  ne  accorsi;  in verita,  mi mandava vestito
    elegantemente e ogni giorno mi annodava lei stessa la cravatta, ma
    in cuor suo mi disprezzava sinceramente.  A  cio  non  badavo  per
    niente. Triste e annoiato, avevo preso l'abitudine di andarmene al
    Chateau  des Fleurs dove ogni sera,  regolarmente,  mi ubriacavo e
    imparavo il can can (che laggiu si balla in maniera indecente), e,
    in seguito,  acquistai anche una certa notorieta in questo genere.
    Infine  Blanche  imparo  a conoscermi: in precedenza,  non so come
    mai,  si era messa in mente che io,  durante la nostra convivenza,
    le sarei andato dietro con carta e matita in mano,  e avrei sempre
    fatto  i  conti  di  quanto  aveva   speso   e   rubacchiato;   e,
    naturalmente,  era  convintissima  che  per  ogni dieci franchi ci
    sarebbe stata tra noi battaglia.  Per ogni  mio  attacco,  da  lei
    precedentemente  immaginato,  aveva gia preparato le obiezioni ma,
    non vedendo nessun attacco da parte mia,  all'inizio si era  messa
    lei stessa a obiettare.  E a volte con molta foga ma,  vedendo che
    io tacevo-  quasi  sempre  sdraiato  sul  divano  con  lo  sguardo
    immobile,  fisso  al  soffitto  -  fini con il restare addirittura
    stupefatta.  Sulle prime penso  che  io  fossi  semplicemente  uno
    sciocco,   un   "outchitel"   e  interrompeva  senz'altro  le  sue
    spiegazioni  pensando  probabilmente:  "Tanto  e  uno  stupido,  e
    inutile  mettergli  la  pulce nell'orecchio,  se non ci capisce da
    se".  Succedeva che si allontanasse,  ma dopo dieci minuti era gia
    di  ritorno  (questo  accadeva  nel periodo delle spese piu pazze,
    spese  assolutamente  non  adatte  alle  nostre  possibilita:  per
    esempio,  cambio  i  cavalli  e compero per sedicimila franchi una
    pariglia).
    "Allora, Bibi, non sei arrabbiato?" diceva, avvicinandosi a me.
    "No-o-o! Mi secchi!" le rispondevo, spostandola con la mano, ma la
    cosa le sembrava cosi strana che subito mi si sedeva vicino.
    "Vedi, se mi sono decisa a spendere tanto, e perche si trattava di
    un'occasione. Si possono rivendere per ventimila franchi."
    "Ci credo, ci credo; sono cavalli bellissimi,  e tu hai adesso una
    superba pariglia; ti fara comodo, e questo basta."
    "Allora non ti arrabbi?"
    "Ma perche? Tu agisci saggiamente nel procurarti certe cose che ti
    sono indispensabili.  Tutto questo ti servira in seguito. Mi rendo
    conto che hai realmente bisogno di  sistemarti  su  questo  piede;
    altrimenti  non  arriverai  al  milione.  Qui  i  nostri centomila
    franchi sono soltanto un inizio, una goccia nel mare."
    Blanche,  che meno di ogni altra cosa si aspettava  da  me  simili
    ragionamenti,  invece di chi sa quali strilli e rimproveri, sembro
    cadere dalle nuvole.
    "E cosi tu...  cosi tu ecco come sei!  'Mais tu as  l'esprit  pour
    comprendre!  Sais-tu,  mon garcon' (3),  benche tu sia 'outchitel'
    avresti dovuto nascere principe!  Allora non rimpiangi che da  noi
    il denaro sfumi cosi presto?"
    "Ma che sfumi anche piu presto!"
    "'Mais...  sais-tu...  mais dis donc',  sei forse ricco? Ma lo sai
    che disprezzi un po' troppo il denaro!  'Qu'est ce  que  tu  feras
    apres, dis donc? (4)'"

11

Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )

"Dopo andro a Homburg e vincero di nuovo centomila franchi."
    "'Oui,  oui,  c'est  ca,  c'est  magnifique!'  (5)  E io so che tu
    vincerai senza fallo e che li porterai qui. Dimmi,  ma tu farai in
    modo che io ti amero davvero?  Ebbene,  poiche sei cosi, per tutto
    questo tempo ti amero e non ti faro neppure una  infedelta.  Vedi,
    in questo tempo,  anche se non ti ho amato,  'parce que je croyais
    que tu n'est qu'un outchitel  (quelque  chose  comme  un  laquais,
    n'est ce pas?)', ti sono stata tuttavia fedele, 'parce que je suis
    bonne fille. (6)'"
    "Eh,  storie!  Non ti ho forse visto, la volta scorsa, con Albert,
    quell'ufficialucolo bruno?"
    "Oh, oh, ma tu..."
    "Bugie, bugie! Ma tu credi che io mi arrabbi? Me ne infischio: 'il
    faut que jeunesse se passe (7)'.  Come puoi scacciarlo,  se  c'era
    prima di me e lo ami? Pero, a lui, denaro non devi darne: intesi?"
    "Allora  non  ti  arrabbi nemmeno per questo?  'Mais tu es un vrai
    philosophe!'"  grido  entusiasta.  "Eh  bien,  je  t'aimerai,   je
    t'aimerai, tu verras, tu seras content! (8)'"
    E  infatti,  da  allora  sembro  essersi  legata a me,  persino di
    amicizia,  e cosi passarono  i  nostri  ultimi  dieci  giorni.  Le
    "stelle" promesse non le vidi, ma sotto certi aspetti lei mantenne
    la parola data.  Per di piu mi fece conoscere Hortense,  una donna
    piu che notevole nel suo genere e che nella nostra cerchia  veniva
    chiamata "Therese-philosophe"...
    Del  resto,  non  e  il  caso  di dilungarsi su questo;  tutto cio
    potrebbe costituire  un  racconto  a  parte,  con  una  coloritura
    particolare,  che io non voglio inserire in questo racconto. Fatto
    sta che con tutte le mie forze desideravo che tutto cio finisse al
    piu presto.  Ma i nostri centomila franchi bastarono,  come gia ho
    detto, quasi per un mese, cosa di cui sinceramente mi meravigliai;
    almeno  per  ottantamila franchi della somma,  Blanche aveva fatto
    degli acquisti per se,  e  noi  non  spendemmo  piu  di  ventimila
    franchi,  e  tuttavia  bastarono.  Blanche,  che verso la fine era
    ormai quasi del tutto sincera con me (per lo meno in qualcosa  non
    mi mentiva) mi confesso che almeno su di me non sarebbero ricaduti
    i debiti che era stata costretta a fare.  "Non ti ho fatto firmare
    ne  conti,  ne  cambiali"  mi  diceva,  "perche  mi  facevi  pena;
    un'altra, pero, l'avrebbe fatto certamente e ti avrebbe mandato in
    prigione.  Vedi,  vedi,  come ti ho amato e come sono buona!  Solo
    questo matrimonio del diavolo che cosa mi verra a costare!"
    E ci fu davvero un matrimonio in casa.  Capito  proprio  verso  la
    fine  del nostro mese,  e bisogna pensare che per esso siano stati
    spesi gli ultimi resti dei miei centomila franchi; e con questo si
    concluse la faccenda cioe il nostro mese,  dopo di  che  io  diedi
    formalmente le mie dimissioni.
    Accadde  cosi:  una  settimana  dopo  che  ci  eravamo sistemati a
    Parigi,  arrivo il generale.  Venne direttamente da Blanche e fino
    dalla  prima  visita  si  stabili  quasi  del  tutto  da  noi.  Un
    quartierino suo, in verita, da qualche parte lo aveva.  Blanche lo
    accolse  gioiosamente,  con  strilli  e risate,  e gli si getto al
    collo,  la cosa si svolse in tal modo che  fu  lei  stessa  a  non
    lasciarlo  piu  andare  via,  ed egli doveva seguirla ovunque: sul
    boulevard, nelle passeggiate in carrozza, a teatro e in visita dai
    conoscenti.  Per quest'uso  il  generale  andava  bene:  aveva  un
    aspetto  ancora  imponente e decoroso,  era quasi alto di statura,
    con baffi e basette tinti (un tempo aveva servito nei corazzieri),
    con un bel viso,  sebbene un  po'  flaccido.  I  suoi  modi  erano
    eccellenti,  il  frac sapeva indossarlo con molta disinvoltura.  A
    Parigi comincio a portare le sue decorazioni.  Passeggiare per  il
    boulevard a fianco di un uomo simile non solo era possibile ma, se
    cosi  ci  si puo esprimere,  perfino "raccomandabile".  Il buono e
    fatuo generale era contentissimo di tutto questo; senza dubbio non
    se lo aspettava quando era comparso da noi al suo arrivo a Parigi.
    Allora si era presentato quasi  tremante  di  paura:  credeva  che
    Blanche  si  sarebbe  messa a strillare e l'avrebbe fatto cacciare
    via,  e percio,  vista la piega che aveva preso la  faccenda,  era
    andato  in  visibilio,  e tutto quel mese lo passo in uno stato di
    euforia insensata;  e in questo stato lo lasciai.  Fu li che seppi
    in tutti i particolari che,  dopo la nostra improvvisa partenza da
    Roulettenburg,  era stato colpito,  quella mattina stessa,  da una
    specie  di colpo apoplettico.  Era caduto a terra privo di sensi e
    per una settimana intera era stato come pazzo e aveva continuato a
    vaneggiare.  Lo stavano curando  quando,  un  bel  momento,  aveva
    piantato tutto,  era salito in treno ed era partito per Parigi. E'
    naturale che l'accoglienza di  Blanche  si  dimostro  la  migliore
    medicina;  ma  le  tracce  della  malattia  gli  durarono a lungo,
    nonostante lo stato di gioia e di esaltazione in cui  si  trovava.
    Ragionare,  o  anche  solo  intrattenere  una conversazione un po'
    seria,  non gli  era  possibile;  in  quel  caso  si  limitava  ad
    aggiungere a ogni parola un "Hm!" e a scuotere la testa, e cosi se
    la cavava.  Spesso rideva, ma di un riso isterico e morboso, quasi
    convulso;  altre volte se ne stava seduto per ore intere cupo come
    la notte,  con le folte sopracciglia aggrottate. Di molte cose non
    si  ricordava  neppure;   era  diventato   distratto   fino   alla
    sconvenienza  e  aveva  preso  l'abitudine  di  parlare  da  solo.
    Soltanto Blanche poteva rianimarlo,  e quegli  attacchi  di  umore
    cupo,  quando si ficcava in un angolo,  indicavano soltanto che da
    molto tempo non aveva visto Blanche,  o che Blanche era andata  da
    qualche parte senza prenderlo con se,  oppure che era uscita senza
    fargli una carezza. D'altra parte,  non avrebbe egli stesso saputo
    dire  che  cosa  desiderasse e non si rendeva egli stesso conto di
    essere cosi cupo e triste. Dopo essere rimasto seduto un'ora o due
    (lo notai un paio di volte,  quando Blanche stava  fuori  l'intera
    giornata, probabilmente con Albert), egli cominciava a un tratto a
    guardarsi intorno,  ad agitarsi, a dare occhiate di qua e di la, e
    sembrava che si sforzasse  di  ricordare  qualcosa  o  di  cercare
    qualcuno;  ma non vedendo nessuno e non ricordando che cosa avesse
    voluto cercare, ricadeva in quello stato di apatia fino al momento
    in cui compariva Blanche, allegra,  vivace,  elegante,  con la sua
    risata  argentina;  correva da lui,  cominciava a stuzzicarlo e lo
    baciava persino, cosa,  pero,  con cui raramente lo premiava.  Una
    volta  il  generale  nel  vederla  si  rallegro  tanto che si mise
    addirittura a piangere, e io ne rimasi assai stupito.
    Blanche,  fin dal momento in cui egli era comparso in casa nostra,
    aveva cominciato a difenderlo davanti a me.  Diventava addirittura
    eloquente;  ricordava che aveva tradito il generale per causa mia,
    che  era  quasi ormai la sua fidanzata,  che gli aveva dato la sua
    parola;  che per lei egli aveva abbandonato  la  famiglia  e  che,
    infine,  avendo io servito in casa sua, avrei dovuto sentire tutto
    cio e...  come mai non mi vergognavo...  Io tacevo sempre,  e  lei
    ciarlava a tutto spiano. Una volta, alla fine, scoppio a ridere, e
    la cosa fini cosi che, mentre prima lei aveva pensato che fossi un
    imbecille,  si fermo sul concetto che fossi invece un uomo buono e
    giudizioso.  In una parola,  ebbi  la  buona  sorte  di  meritare,
    proprio  in ultimo,  la piena benevolenza di quella degna ragazza.
    (Blanche era del resto  un'ottima  ragazza;  nel  suo  genere,  si
    capisce; io non l'avevo apprezzata cosi, all'inizio.)
    "Tu  sei  un  uomo  intelligente  e  buono" era solita dirmi negli
    ultimi tempi,  "e io...  mi dispiace  soltanto  che  tu  sia  cosi
    stupido!  Niente, mai niente riuscirai a combinare! Un vrai russe,
    un calmouk (9)".  Piu volte mi mando  a  portare  a  passeggio  il
    generale,  proprio  come  un  cagnolino  con il lacche.  Io poi lo
    portavo anche a teatro,  al  Bar-Mabille  e  nei  ristoranti.  Per
    queste  cose  Blanche ci passava il denaro necessario,  sebbene il
    generale ne avesse di suo e gli piacesse  molto  tirare  fuori  il
    portafogli  davanti  alla gente.  Una volta dovetti quasi usare la
    forza per impedirgli di comperare una spilla da settecento franchi
    di cui si era innamorato al Palais Royal e che a ogni costo voleva
    regalare a Blanche. Che cosa ne avrebbe fatto, lei,  di una spilla
    da settecento franchi?  E il generale,  in tutto, non ne possedeva
    piu di mille...  che non potei mai  sapere  da  dove  gli  fossero
    venuti.  Penso  da  mister  Astley,  tanto piu che era stato lui a
    pagare per loro il conto dell'albergo.  In quanto poi  a  come  il
    generale  mi  considerasse  durante questo periodo,  mi sembra che
    nemmeno lui sospettasse  i  miei  rapporti  con  Blanche.  Sebbene
    avesse  sentito  confusamente dire che io avevo vinto un capitale,
    credeva senza dubbio che in casa di Blanche io fossi una specie di
    segretario o, forse, anche, di servitore. Almeno,  egli mi parlava
    sempre dall'alto in basso come prima,  da superiore,  e a volte mi
    dava persino qualche lavata di capo.
    Una mattina fece ridere a crepapelle me e Blanche, in casa nostra,
    mentre prendevamo il caffe.  Era un uomo per niente permaloso,  ma
    quel giorno, a un tratto, se la prese con me, per che cosa? Ancora
    oggi  non lo capisco.  Ma certo non lo capiva neanche lui.  In una
    parola,  comincio un discorso  senza  capo  ne  coda,  '"  batons-
    rompus";  diceva  che  io  ero  un  ragazzaccio,  che  mi  avrebbe
    insegnato lui... mi avrebbe fatto capire...  e via di seguito.  Ma
    nessuno riusci a capire che cosa avesse in mente. Blanche rideva a
    piu  non  posso:  finalmente  riuscimmo  a calmarlo e a portarlo a
    passeggio.  Molte volte tuttavia notavo che diventava triste,  che
    soffriva  evidentemente  di nostalgia per qualcuno,  nonostante la
    presenza di Blanche.  In quei  momenti,  due  volte  comincio  lui
    stesso  a  parlare  con me,  ma non riusci mai a spiegarsi in modo
    sensato;  ricordava la sua  carriera,  la  moglie  morta,  la  sua
    proprieta,  i  suoi  affari.  Si fermava su qualche parola,  se ne
    rallegrava e la ripeteva cento volte  al  giorno,  sebbene  quella
    parola  non  esprimesse  affatto  ne i suoi sentimenti,  ne i suoi
    pensieri.  Provavo a parlargli dei suoi bambini;  ma  egli  se  la
    cavava in fretta e passava subito a un altro argomento: "Si, si, i
    bambini,  avete  ragione,  i bambini!" Una volta sola si commosse,
    mentre stavamo andando a teatro.  "Sono dei bambini  disgraziati!"
    disse a un tratto.  "Proprio cosi,  signore,  sono dei bambini di-
    sgra-ziati!" E poi parecchie volte,  in  quella  sera,  ripete  le
    parole:  bambini  disgraziati.  Quando  un  giorno  mi  capito  di
    parlargli di Polina,  divento furioso:  "E'  una  donna  ingrata,"
    esclamo,  "una donna ingrata e cattiva! Ha disonorato la famiglia!
    Se qui ci fossero delle leggi,  l'avrei piegata io!  Si,  signore,
    proprio  cosi!" Per quanto riguarda De-Grieux,  non voleva nemmeno
    sentirne parlare. "Mi ha rovinato," diceva, "mi ha derubato, mi ha
    assassinato! E' stato il mio incubo per due anni interi!  Per mesi
    e  mesi  l'ho sognato tutte le notti!  E'...  e...  e...  Oh,  non
    parlatemi mai piu di lui!"
    Mi ero accorto che loro due stavano combinando  qualche  cosa  ma,
    come al solito,  tacevo.  Blanche me lo annuncio per prima, giusto
    una settimana prima che ci separassimo.  "Il ya  du  change  (10)"
    prese  a  cinguettare.  "La baboutchka e adesso davvero ammalata e
    morira  certamente.   Mister  Astley  ha  mandato  un  telegramma:
    convieni  anche  tu  che egli e pur sempre l'erede di lei.  E,  se
    anche non lo fosse,  non impedirebbe niente.  Prima di tutto ha la
    sua  pensione,  e,  in secondo luogo,  abitera nella stanza vicina
    alla mia e  sara  completamente  felice.  E  io  saro  'madame  la
    generale.'  Entrero  nella  buona  societa (era questo il costante
    sogno di  Blanche),  e  in  seguito  saro  una  possidente  russa,
    'j'aurais  un  chateau,  des moujiks et puis j'aurais toujours mon
    milion (11)'"
    "Gia,  ma se lui comincera a esser geloso,  a esigere...  sa Iddio
    che cosa, capisci?"
    "Oh  no,  no,  no!  Come  oserebbe?  Ho  preso le mie misure,  non
    preoccuparti.  Gli ho gia fatto firmare alcune cambiali a nome  di
    Albert. Bastera un nonnulla, e sara castigato. Ma non osera!"
    "Be', sposati..."
    Le  nozze  furono celebrate senza particolare solennita,  in forma
    familiarmente modesta. Furono invitati Albert e qualcuno fra i piu
    intimi. Hortense, Cleopatre e le altre furono decisamente lasciate
    da parte.  Lo sposo si interessava straordinariamente del  proprio
    stato.  Blanche  stessa  gli  annodo  la  cravatta,  lei stessa lo
    impomato,  e nella sua marsina con il panciotto bianco egli  aveva
    l'aria "tres comme il faut".
    "Il  est  pourtant  tres  comme il faut (12)" mi dichiaro Blanche,
    uscendo dalla stanza del generale,  come se l'idea che il generale
    era "tres comme il faut" l'avesse colpita.  Io mi interessavo cosi
    poco  dei  particolari  e  partecipavo  a  tutto  in  qualita   di
    spettatore  cosi  svogliato  che  molte  cose  le  ho dimenticate.
    Ricordo solo che Blanche non era affatto de Cominges, come pure la
    madre di lei, per niente veuve de Cominges,  ma du-Placet.  Perche
    fino  a quel momento fossero state de Cominges,  non lo so.  Ma il
    generale fu molto contento anche di questo e du-Placet gli piacque
    ancora di piu che de Cominges.  La mattina delle nozze  egli,  gia
    tutto vestito, andava su e giu per la sala ripetendo continuamente
    con  straordinaria serieta e aria grave: "Mademoiselle Blanche du-
    Placet! Blanche du-Placet!"
    E una certa espressione soddisfatta di se illuminava il suo  viso.
    In chiesa, davanti al "maire" e a casa, durante il rinfresco, egli
    sembrava non solo gioioso e soddisfatto,  ma persino orgoglioso. A
    tutt'e due era accaduto  qualcosa.  Anche  Blanche  aveva  assunto
    un'aria di particolare dignita.
    "Ora devo comportarmi in modo del tutto diverso," mi disse in tono
    straordinariamente serio, "mais vois-tu, non avevo neppure pensato
    a  una  cosa noiosissima;  figurati che non sono ancora riuscita a
    imparare il mio nuovo cognome: Zagorjanskij, Zagorjanskij, 'madame
    la generale de Zago-Zago,  ces  diables  des  noms  russes,  enfin
    madame  la  generale  a quatorze consonnes!  Comme c'est agreable,
    n'est-ce-pas?'" (13)
    Finalmente ci lasciammo e Blanche,  quella  stupida  Blanche,  nel
    separarsi  da  me  verso anche qualche lacrimuccia.  "Tu etais bon
    enfant" diceva piagnucolando.  "Je te croyais bete et tu en  avais
    l'air (14),  ma cio ti si confa." E,  strettami definitivamente la
    mano, esclamo all'improvviso:
    "Aspetta!" corse nel suo salottino e dopo un minuto mi  porto  due
    biglietti da mille franchi. Non avrei mai creduto una cosa simile!
    "Ti  saranno utili;  tu sei forse un outchitel molto sapiente,  ma
    sei un  uomo  molto  sciocco.  Piu  di  duemila  non  te  ne  daro
    assolutamente perche tanto li perderai al giuoco.  Addio,  dunque!
    'Nous serons toujours bons amis' e, se vincerai di nuovo,  ritorna
    senza fallo da me, 'et tu seras heureux! (15)'"
    A me,  personalmente,  restavano ancora circa cinquecento franchi;
    inoltre possiedo un magnifico orologio  che  ne  vale  mille,  dei
    gemelli  in  brillanti  eccetera,  tanto  da  poter  tirare avanti
    abbastanza  senza  preoccupazioni.   Mi  sono  fermato  in  questa
    cittadina  per raccogliermi e,  soprattutto,  per aspettare mister
    Astley.  Ho saputo con certezza che  egli  passera  di  qui  e  si
    fermera ventiquattro ore,  per un affare.  Mi informero di tutto e
    poi... poi andro difilato a Homburg.  A Roulettenburg non ci andro
    se  non  forse il prossimo anno.  In realta si dice che porti male
    tentare la fortuna due volte di seguito allo stesso tavolo e  poi,
    a Homburg, si fa un giuoco piu serio.


    NOTE.
    1) "E i centomila franchi che ci rimangono,  li mangeremo insieme,
    mio outchitel!"
    2) "E' un outchitel, ha guadagnato centomila franchi."
    3) "Ma tu sei abbastanza di spirito  per  capire!  Sappi,  ragazzo
    mio..."
    4) "Ma sai... ma dimmi dunque... Dopo che cosa farai?"
    5) "Ah, bene, e magnifico!"
    6)  "Perche  credevo  che  tu non fossi che un outchitel (qualcosa
    come un lacche, nevvero?)... perche io sono una brava ragazza."
    7) "Bisogna che la gioventu si sfoghi!"
    8) "Ma tu sei un vero filosofo!  Ebbene,  io ti amero,  ti  amero,
    vedrai, sarai contento!"
    9) "Un vero russo, un calmucco."
    10) "C'e qualche novita."
    11)  "Avro  un castello,  dei contadini,  e poi avro sempre il mio
    milione."
    12) "Eppure ha l'aria davvero distinta!"
    13) "La generalessa Zago... Zago... questi indiavolati nomi russi;
    insomma,  la signora  generalessa  dalle  quattordici  consonanti.
    Bello, no?"
    14) "Eri un bravo ragazzo. Ti credevo uno sciocco e ne avevi tutta
    l'aria."
    15) "Saremo sempre buoni amici... ritorna da me, e sarai felice."





















    17.

    Ecco,  ormai e un anno e otto mesi che non ho piu dato uno sguardo
    a queste memorie e soltanto  ora,  oppresso  dall'angoscia  e  dal
    dolore  come  sono,  ho  pensato  di distrarmi e le ho rilette per
    caso.  Le avevo interrotte al momento in cui stavo  per  andare  a
    Homburg.  Mio Dio!  Con che cuore leggero, relativamente parlando,
    avevo scritto allora le ultime righe!  O,  per meglio dire,  non a
    cuor  leggero,  ma  con  quale  sicurezza in me stesso,  con quali
    incrollabili speranze! Dubitavo, forse,  in qualche modo di me?  E
    ecco che e passato un anno e mezzo e sono diventato, a mio parere,
    peggio di un mendicante!  Ma che mendicante! Me ne infischio della
    mendicita!  Mi sono semplicemente rovinato!  Del  resto,  non  c'e
    quasi  niente  con  cui poter fare confronti,  e e proprio inutile
    farsi la morale.  Niente ci puo essere di piu assurdo,  al  giorno
    d'oggi, della morale! Oh, gli uomini soddisfatti di se stessi, con
    quale orgoglioso compiacimento sono pronti,  quei chiacchieroni, a
    pronunciare la loro sentenza!  Se sapessero fino a  che  punto  io
    stesso  capisco  tutto  quanto c'e di ripugnante nella mia attuale
    situazione,   non  muoverebbero  certo   la   lingua   per   darmi
    insegnamenti.  E poi,  che cosa possono dirmi di nuovo, che io gia
    non sappia? Ma si tratta forse di questo?  Il fatto e che basta un
    giro  di  ruota  per  cambiare  tutto,  e  quegli stessi moralisti
    verrebbero  per   primi   (ne   sono   convinto)   a   rallegrarsi
    amichevolmente con me. E allora non mi volterebbero le spalle come
    fanno adesso.  Ma me ne infischio di tutti loro! Che cosa sono io,
    adesso?  Uno zero.  Che cosa posso  essere  domani?  Domani  posso
    risuscitare dai morti e ricominciare a vivere!  Posso ritrovare in
    me l'uomo, fino a che non e ancora perduto!
    Allora  andai  davvero  a  Homburg  ma...   poi  fui  di  nuovo  a
    Roulettenburg,  fui  a  Spa,  fui  anche a Baden,  dove andai come
    cameriere del consigliere Hinze,  un mascalzone  che  fu  gia  mio
    padrone qui.  Si,  perche ho fatto anche il lacche per cinque mesi
    interi!  Questo accadde subito dopo la prigione (perche sono stato
    anche  in prigione a Roulettenburg,  per un debito fatto qui.  Uno
    sconosciuto pago per me il riscatto. Chi?  Mister Astley?  Polina?
    Non lo so,  ma il debito, duecento talleri, fu pagato, e io riebbi
    la liberta). Dove dovevo andare? Cosi entrai al servizio di questo
    Hinze.  E' un uomo giovane e fatuo,  gli piace  oziare,  e  io  so
    parlare e scrivere in tre lingue. All'inizio andai da lui come una
    specie  di  segretario,  a trenta gulden al mese,  ma finii con il
    diventare un vero servitore;  tenere un  segretario  comincio  con
    l'essere  una spesa superiore alle sue possibilita e mi diminui lo
    stipendio;  non sapendo dove andare,  rimasi e mi trasformai da me
    stesso  in  lacche.  Non  mangiavo  ne bevevo a sufficienza al suo
    servizio ma,  in compenso,  in cinque mesi  raggranellai  settanta
    fiorini.  Una sera, a Baden, gli dichiarai che volevo lasciarlo e,
    quella sera stessa, andai alla roulette.  Oh,  come batteva il mio
    cuore!  No,  non  era  il denaro che m'importava...  Allora volevo
    soltanto che l'indomani tutti quegli Hinze,  quei capi  camerieri,
    quelle  magnifiche  signore  di  Baden,  che  tutta  quella gente,
    insomma, parlasse di me, raccontasse la mia storia,  mi ammirasse,
    mi lodasse e si inchinasse davanti alla mia nuova vittoria.  Erano
    tutti sogni,  tutte fantasie infantili ma...  chi sa?  Avrei forse
    anche  incontrato  Polina,  le avrei raccontato la cosa,  e lei si
    sarebbe resa conto che io sono superiore a  tutti  questi  assurdi
    colpi  del  destino...  Oh,  non sono i quattrini che m'importano!
    Sono convinto che li avrei sperperati di  nuovo  con  una  Blanche
    qualsiasi e che avrei di nuovo girato Parigi per tre settimane con
    una  pariglia di cavalli di mia proprieta,  da sedicimila franchi.
    Perche so con certezza che non sono avaro; credo, anzi,  di essere
    prodigo;  intanto,  pero, con quale ansia, con quale mancamento di
    cuore ascolto il grido del croupier: "trente et un, rouge,  impair
    et  passe",  oppure:  "quatre,  noir,  pair et manque"!  Con quale
    cupidigia guardo il tavolo da gioco sul quale sono sparsi i luigi,
    i federici,  i talleri,  e le pile d'oro quando dai rastrelli  dei
    croupiers  vengono  sparpagliate  in  mucchi  ardenti  come brace,
    oppure le alte pile di monete d'argento,  sistemate  attorno  alla
    ruota!  Mentre  ancora  sono lontano due sale da quella da gioco e
    riesco appena  a  sentire  il  tintinnio  delle  monete  mi  sento
    rabbrividire.
    Oh,  quella  sera in cui puntai i miei settanta fiorini sul tavolo
    da giuoco fu anch'essa una sera memorabile!  Cominciai  con  dieci
    fiorini e nuovamente dal passe. Per il passe ho una superstizione.
    Perdetti.  Mi  rimanevano sessanta gulden in monete d'argento.  Ci
    pensai su un momento e scelsi lo zero.  Mi misi  a  puntare  sullo
    zero  cinque gulden alla volta;  alla terza puntata ecco,  lo zero
    esce.  Poco  manco  che  non  morissi  dalla  gioia  nel  ricevere
    centosettantacinque  gulden.  Non  ero stato cosi felice quando ne
    avevo vinto centomila.  Subito ne puntai cento sul  rouge:  vinsi.
    Tutti i duecento sul rouge: vinsi.  Tutti i quattrocento sul noir:
    vinsi.  Tutti gli ottocento sul manque: vinsi!  Calcolando  quanto
    avevo prima,  possedevo,  ora,  millecinquecento fiorini,  e tutto
    questo in  meno  di  cinque  minuti!  Si,  in  momenti  simili  si
    dimentica  ogni  insuccesso  passato!  Sicuro,  perche  io ottenni
    questo rischiando piu della vita!  Ecco,  avevo osato rischiare ed
    ero di nuovo tra gli uomini!
    Mi  presi una stanza,  mi ci rinchiusi e fin verso le tre rimasi a
    contare il mio denaro. Al mattino, quando mi svegliai, non ero piu
    un lacche. Decisi di partire quello stesso giorno per Homburg;  la
    non avevo fatto il servitore e non ero stato in prigione! Mezz'ora
    prima  che partisse il treno,  andai per fare due puntate,  non di
    piu, e perdetti millecinquecento fiorini.  Tuttavia mi trasferii a
    Homburg, e e ormai un mese che soro qui...
    Certo  vivo  in  ansia  continua,  gioco  puntando  poste minime e
    aspetto non so che cosa, faccio calcoli e passo intere giornate al
    tavolo da gioco osservandone l'andamento; perfino in sogno vedo il
    gioco,  eppure mi sembra di essere diventato di  legno,  quasi  mi
    fossi  impantanato nella melma.  Lo deduco dall'impressione che ho
    provato imbattendomi in mister Astley. Non ci eravamo piu visti da
    allora e ci incontrammo per caso: ecco come fu.  Camminavo per  il
    giardino  e  pensavo  che  ormai  ero  quasi senza denaro,  ma che
    possedevo, pero,  cinquanta gulden e che all'albergo,  dove occupo
    una  stanzetta,  avevo  due  giorni  prima  regolato il conto.  Mi
    restava dunque la  possibilita  di  andare  una  sola  volta  alla
    roulette;  se avessi vinto, sia pure poco, avrei potuto continuare
    il giuoco;  se avessi perso,  sarei stato costretto ad  andare  di
    nuovo a fare il lacche, nel caso che non avessi subito trovato dei
    russi ai quali servisse un precettore. Immerso in questi pensieri,
    facevo  la  mia  passeggiata  quotidiana  attraverso il parco e il
    bosco fino al principato vicino.  A volte giravo cosi per  quattro
    ore  e tornavo a Homburg stanco e affamato.  Ero appena uscito dal
    giardino nel parco quando, a un tratto,  vidi mister Astley seduto
    su una panchina.  Egli mi vide per primo e mi chiamo.  Gli sedetti
    vicino.  Notando in lui un certo distacco,  frenai subito  la  mia
    gioia; se no mi sarei rallegrato moltissimo nel vederlo.
    "Dunque  siete qui!  Lo pensavo che vi avrei incontrato" mi disse.
    "Non disturbatevi a raccontare: so tutto, so tutto.  Conosco tutta
    la vostra vita di quest'anno e questi otto mesi."
    "Ah,  come seguite i vecchi amici!" gli risposi.  "Vi fa onore che
    non li dimentichiate... Aspettate, pero... mi fate venire un'idea.
    Siete stato voi a riscattarmi dal carcere  di  Roulettenburg  dove
    ero  rinchiuso  per  un  debito  di duecento gulden?  E' stato uno
    sconosciuto a pagare per me..."
    "No,  oh no!  Non sono stato  io  a  riscattarvi  dal  carcere  di
    Roulettenburg  dove vi trovavate per un debito di duecento gulden,
    ma sapevo che  eravate  in  carcere  per  un  debito  di  duecento
    gulden..."
    "Vuol dire, dunque, che sapete chi ha pagato per me?".
    "Oh no, non posso proprio dire di sapere chi vi ha riscattato."
    "E' strano: dei nostri russi nessuno mi conosce,  e i russi di qui
    magari non mi riscatterebbero neppure;  e da noi,  in Russia,  che
    gli  ortodossi riscattano gli ortodossi.  E io credevo proprio che
    l'avesse fatto qualche originale inglese, cosi, per stravaganza!"
    Mister Astley mi ascoltava con un certo  stupore.  Mi  sembra  che
    egli credesse di trovarmi triste e abbattuto.
    "Mi  fa  molto  piacere,  tuttavia,  vedere  che  avete conservato
    perfettamente la vostra  indipendenza  di  spirito  e  perfino  la
    vostra allegria" disse con un'aria abbastanza simpatica.
    "Cioe,  dentro  di  voi  vi  rodete  di  stizza perche non sono ne
    triste, ne abbattuto" risposi ridendo.
    Egli non capi subito ma, dopo che ebbe capito, sorrise.
    "Mi piacciono le vostre osservazioni.  Riconosco in queste  parole
    il mio intelligente amico di una volta,  entusiasta e cinico nello
    stesso tempo; soltanto i russi possono riunire in se, nello stesso
    tempo, qualita cosi contrastanti. Infatti l'uomo ama vedere il suo
    migliore amico umiliato davanti a lui;  sull'umiliazione e fondata
    per lo piu l'amicizia.  E questa e una verita che tutte le persone
    intelligenti conoscono, ma in questo caso, ve lo assicuro, io sono
    sinceramente contento che voi non siate abbattuto. Dite, non avete
    intenzione di lasciare il gioco?"
    "Oh, al diavolo il gioco! Lo pianterei subito, purche..."
    "Purche poteste rifarvi? Pensavo proprio cosi; non proseguite,  lo
    so, l'avete detto involontariamente, quindi avete detto la verita.
    Oltre che del giuoco, vi occupate di qualcosa?"
    "No, di niente altro."
    Egli  comincio  a esaminarmi.  Io non sapevo niente,  non guardavo
    quasi i giornali ed effettivamente in tutto quel tempo  non  avevo
    aperto un libro.
    "Vi  siete  fatto  di legno," osservo,  "non solo avete rinunciato
    alla vita,  agli interessi vostri e a  quelli  della  societa,  ai
    doveri  di un cittadino e di un uomo,  ai vostri amici (e di amici
    ne avevate),  non solo avete rinunciato a ogni altro scopo  tranne
    che  a  quello  di  vincere al gioco,  ma avete anche rinunciato a
    tutti i vostri ricordi.  Vi  rammento  in  un  momento  ardente  e
    intenso  della  vostra vita;  ma sono sicuro che avete dimenticato
    tutte le vostre migliori impressioni di allora;  i  vostri  sogni,
    quelli di adesso,  i vostri quotidiani desideri non vanno oltre al
    'pair et impair,  rouge et noir',  ai dodici numeri medi e cosi di
    seguito, Ne sono sicuro!"
    "Basta,  mister Astley,  ve ne prego, non ricordatemelo!" esclamai
    con stizza e quasi con astio.  "Sappiate che  non  ho  dimenticato
    niente;  soltanto  momentaneamente ho scacciato tutto questo dalla
    mia testa,  anche i ricordi,  fino a  quando  non  avro  sistemato
    radicalmente  la  mia  situazione;  allora...  allora  vedrete che
    risorgero dai morti!"
    "Voi sarete qui ancora tra dieci anni" mi  disse.  "Scommetto  con
    voi che vi ricordero tutto questo, se saro ancora vivo, proprio su
    questa stessa panchina!"
    "Basta, via!" lo interruppi con impazienza. "E per dimostrarvi che
    non ho dimenticato il passato,  permettete che vi chieda dov'e ora
    miss Polina.  Se non  siete  stato  voi  a  riscattarmi,  e  stata
    certamente lei. Da allora non ne ho saputo piu niente!"
    "No,  oh no!  Non credo che sia stata lei a riscattarvi. Ora lei e
    in Svizzera,  e voi mi farete un grande favore  se  smetterete  di
    chiedermi  di  miss Polina" dichiaro in tono deciso e anche un po'
    seccato.
    "Questo significa che lei  ha  ferito  profondamente  anche  voi!"
    dissi, ridendo involontariamente.
    "Miss  Polina  e  la  migliore  creatura tra tutte le creature piu
    degne di rispetto ma,  vi ripeto,  mi farete un grandissimo favore
    se smetterete di chiedermi di lei.  Voi non l'avete mai conosciuta
    e il suo nome sulle vostre labbra io lo considero un'offesa al mio
    senso morale."
    "Davvero? Pero,  avete torto;  di che altro potrei parlarvi se non
    di questo?  Giudicate anche voi.  Appunto in questo stanno tutti i
    miei ricordi. Del resto, non preoccupatevi: non ho proprio bisogno
    dei vostri affari intimi, segreti... Io m'interesso soltanto,  per
    cosi  dire,  della  situazione esteriore di miss Polina,  soltanto
    dell'attuale ambiente di lei.  E questo si puo comunicare  in  due
    parole."
    "D'accordo,  purche con queste due parole tutto sia concluso. Miss
    Polina e stata a lungo malata;  e vissuta per un certo periodo con
    mia  madre  e mia sorella nell'Inghilterra del nord.  Sei mesi fa,
    sua nonna,  ve la ricordate,  vero?  Quella vecchia pazza  mori  e
    lascio,  a lei personalmente, un patrimonio di settemila sterline.
    Ora miss Polina viaggia con la famiglia di mia sorella  che  si  e
    sposata.  Il fratellino e la sorellina,  anch'essi messi al sicuro
    dal testamento della nonna,  studiano a Londra.  Il generale,  suo
    patrigno,  e  morto un mese fa a Parigi,  di un colpo apoplettico.
    Mademoiselle Blanche lo trattava bene,  ma tutto cio  che  lui  ha
    ereditato dalla nonna e riuscita a farselo intestare.  Ecco tutto,
    mi sembra."

12

Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )

"E De-Grieux? Non sta forse viaggiando anche lui in Svizzera?"
    "No.  De-Grieux non sta viaggiando in Svizzera e non  so  dove  si
    trovi; inoltre, una volta per sempre, vi avverto di evitare simili
    allusioni  e  indegni accostamenti,  altrimenti avrete da fare con
    me."
    "Come! Nonostante i nostri amichevoli precedenti rapporti?"
    "Si, nonostante i nostri amichevoli rapporti."
    "Vi chiedo mille scuse, mister Astley.  Ma permettete: qui non c'e
    niente  di  offensivo  e  di  ignobile:  non accuso di niente miss
    Polina.  Inoltre un francese e una signorina  russa,  parlando  in
    generale,  costituiscono  un  tale accostamento che ne io,  ne voi
    mister  Astley,   riusciremo   a   risolvere   o   a   comprendere
    definitivamente".
    "Se  non  pronuncierete il nome di De-Grieux insieme a quell'altro
    nome,  vi preghero  di  spiegarmi  che  cosa  intendete  dire  con
    l'espressione:   'un   francese   e  una  signorina  russa'.   Che
    'accostamento' e questo?  Perche proprio un francese e proprio una
    signorina russa?"
    "Vedete, vi ha interessato. Ma questo e un argomento vasto, mister
    Astley.  Bisognerebbe  conoscere  preventivamente molte cose.  Del
    resto, e una questione importante,  per quanto a prima vista possa
    sembrare una cosa buffa.  Il francese,  mister Astley, e una forma
    bella,  ben  definita.  Voi,  come  inglese,   potete  non  essere
    d'accordo su questo;  neanch'io, come russo, lo sono, magari anche
    soltanto per invidia;  ma le nostre signorine  possono  essere  di
    un'altra   opinione.   Voi   potete  giudicare  Racine  manierato,
    artificioso e cincischiato e, probabilmente,  non vi metterete mai
    a   leggerlo.   Anch'io   lo  giudico  manierato,   artificioso  e
    cincischiato e, da un certo punto di vista,  perfino ridicolo;  ma
    egli e affascinante,  mister Astley,  e,  soprattutto, e un grande
    poeta,  sia che noi lo vogliamo  o  no.  La  forma  nazionale  del
    francese,  cioe  del parigino,  e cominciata a diventare una forma
    elegante quando noi eravamo ancora degli orsi.  La rivoluzione  ha
    ereditato dalla nobilta. Ora il piu volgare francesuccio puo avere
    modi, tratti, espressioni e anche pensieri di una forma pienamente
    elegante, senza partecipare a questa forma ne con l'iniziativa, ne
    con  l'anima,  ne  con  il  cuore;  tutto  questo gli e toccato in
    eredita.  Per se stesso puo essere piu vuoto del vuoto e piu  vile
    di  qualsiasi vilta.  Ebbene,  mister Astley,  vi diro ora che non
    esiste essere al mondo piu fiducioso e piu schietto di una  buona,
    intelligente  e  non  troppo  sofisticata signorina russa.  Un De-
    Grieux che compaia a  recitare  una  qualche  parte,  che  compaia
    mascherato,  puo conquistarne il cuore con straordinaria facilita;
    egli ha una forma elegante, mister Astley,  e la signorina scambia
    questa  forma  per  la  sua  stessa  anima,  per la forma naturale
    dell'anima e del cuore di lui,  e non per una veste toccatagli  in
    eredita.  Con  vostro  grandissimo dispiacere devo confessarvi che
    gli inglesi sono, per la maggior parte, spigolosi e ineleganti,  e
    i  russi  possiedono  sufficiente  sensibilita  per riconoscere la
    bellezza,  di cui sono avidi.  Ma per distinguere la  bellezza  di
    un'anima  e l'originalita della persona,  serve,  senza confronto,
    piu indipendenza e liberta di giudizio di quanto non ne abbiano le
    nostre donne e tanto piu le nostre  signorine  e,  in  ogni  caso,
    serve una maggiore esperienza.  A miss Polina (perdonatemi, ma cio
    che e detto e detto!) serve molto,  molto tempo  per  decidersi  a
    preferire  voi a quel mascalzone di De-Grieux.  Lei vi apprezzera,
    vi diventera amica,  vi aprira il suo  cuore;  ma  in  quel  cuore
    regnera tuttavia l'odioso mascalzone,  il laido,  meschino usuraio
    De-Grieux. E questo succedera, tanto per dire,  per testardaggine,
    e per amor proprio,  perche quello stesso De-Grieux le era apparso
    un giorno  circondato  dall'aureola  del  marchese  elegante,  del
    liberale  deluso  e della persona che si era rovinata (sara cosi?)
    per aiutare la famiglia di lei e il generale  dalla  testa  vuota.
    Tutte  le truffe sono state scoperte dopo;  ora datele di nuovo il
    De-Grieux di prima: ecco che cosa le serve! E, quanto piu lei odia
    il De-Grieux di oggi,  tanto piu  sente  nostalgia  di  quello  di
    prima, sebbene egli sia esistito solo nella sua immaginazione. Voi
    siete produttore di zucchero, mister Astley?"
    "Si,  faccio  parte  della societa del noto zuccherificio Lowell e
    Co."
    "Ecco,  vedete,  mister Astley,  da una parte  il  raffinatore  di
    zucchero,  dall'altra  l'Apollo del Belvedere: tutto questo non va
    molto d'accordo. E io non sono neppure un raffinatore di zucchero,
    io sono semplicemente un piccolo giocatore di roulette e ho  fatto
    perfino il lacche,  il che, senza dubbio, e gia noto a miss Polina
    perche ella ha, a quanto pare, un ottimo servizio di polizia."
    "Siete esasperato,  e  percio  dite  tutte  queste  assurdita"  mi
    rispose  mister Astley con calma,  dopo un momento di riflessione.
    "Inoltre nelle vostre parole non c'e nessuna originalita."
    "D'accordo!  Ma l'orrore della cosa sta proprio in questo,  nobile
    amico  mio,  che  tutte  le  mie  accuse,  per quanto invecchiate,
    volgari e per quanto degne di un vaudeville,  sono  tuttora  vere.
    Malgrado tutto, voi e io non abbiamo ottenuto niente!"
    "Questa  e  un'abominevole  sciocchezza...   perche...   perche...
    sappiate dunque" disse mister Astley con voce tremante, "sappiate,
    uomo ingrato e indegno, meschino e sciagurato,  che io sono venuto
    a Homburg precisamente per suo incarico,  per vedervi,  parlarvi a
    lungo e a cuore aperto e poi riferirle tutto: i vostri sentimenti,
    i vostri pensieri, le vostre speranze e... i vostri ricordi!"
    "Possibile?  Possibile?" gridai,  mentre una  pioggia  di  lacrime
    cadde  dai  miei  occhi.   Non  potevo  trattenerle  e  questo  mi
    succedeva, credo, per la prima volta nella vita.
    "Si,  uomo sciagurato,  lei vi amava e posso  rivelarvelo  perche,
    tanto,  voi siete un uomo perduto!  Non basta, ma se anche vi diro
    che vi ama tuttora, voi continuerete ugualmente a restare qui. Si,
    vi siete rovinato  con  le  vostre  mani.  Avevate  qualche  buona
    attitudine,  un  temperamento  vivace  ed  eravate  tutt'altro che
    cattivo;  avreste potuto perfino essere utile alla  vostra  patria
    che ha tanto bisogno di uomini,  ma voi non vi muoverete di qui, e
    la vostra vita e finita. Io non vi accuso.  A mio parere,  tutti i
    russi  sono  cosi  o,  almeno,  tendono  a  esserlo.  Se  non e la
    roulette,  sara un'altra cosa del genere.  Le eccezioni sono molto
    rare.  Non  siete voi il primo a non capire che cosa sia il lavoro
    (non  parlo  del  vostro  popolo).   La  roulette  e   un   giuoco
    squisitamente  russo.  Finora siete stato onesto e avete preferito
    andare a fare il lacche piuttosto che rubare...  ma mi spaventa il
    pensare a quello che potra accadere in futuro! E ora basta, addio!
    Avrete certo bisogno di denaro.  Eccovi, da parte mia dieci luigi,
    di piu non vi do, perche tanto li perderete al giuoco.  Prendeteli
    e addio! Prendeteli!"
    "No, mister Astley, dopo tutto cio che e stato detto oggi..."
    "Pren-de-teli!"   grido.   "Sono  convinto  che  siete  ancora  un
    galantuomo e do a voi come un amico puo dare a un vero  amico.  Se
    potessi  essere  sicuro  che  voi  abbandonaste  subito il giuoco,
    Homburg, e che tornaste nella vostra patria,  sarei pronto a darvi
    immediatamente mille sterline per iniziare una nuova vita.  Ma non
    vi do mille sterline,  vi do soltanto  dieci  luigi  perche  mille
    sterline o dieci luigi sono per voi,  al momento,  la stessa cosa,
    poiche comunque li perdereste. Prendete, e addio!"
    "Li prendero se mi permettete di abbracciarvi nel dirvi addio!"
    Ci abbracciammo sinceramente, e mister Astley si allontano.
    No,  egli non ha ragione!  Anche se sono stato pungente e  sciocco
    riguardo  a  Polina  e  a  De-Grieux,  egli lo e stato riguardo ai
    russi. Di me non dico niente. Del resto...  del resto non e questo
    il momento.  Sono tutte parole, parole, parole... e servono fatti!
    Qui l'importante e adesso la Svizzera.  Domani  stesso...  oh,  se
    potessi  partire domani stesso!  Di nuovo rinascere,  risuscitare!
    Bisogna dimostrare loro...  Sappia  Polina  che  io  posso  ancora
    essere  un  uomo.  Basta soltanto...  Adesso,  pero,  e tardi,  ma
    domani...   Oh  si,   ho  un  presentimento  e  non   puo   essere
    diversamente!  Ora  ho quindici luigi e ho cominciato con quindici
    gulden! Se si comincia con prudenza...  E' possibile,  e possibile
    che  io sia proprio cosi bambino?  E' possibile che io non capisca
    che sono un uomo perduto?  Ma perche  non  potrei  risorgere?  Si!
    Basta  essere  almeno  una volta nella vita cauto e paziente: ecco
    tutto! Basta, almeno una volta nella vita, dimostrare carattere e,
    in un'ora,  posso cambiare  il  mio  destino!  L'essenziale  e  il
    carattere.  Basta ricordare che cosa mi e accaduto in questo senso
    sette mesi fa a Roulettenburg prima della mia definitiva  perdita!
    Oh,  quello  fu  un notevole caso di fermezza avevo allora perduto
    tutto, tutto... Esco dal Casino,  guardo nella tasca del panciotto
    trovo ancora un gulden.  "Ah, avro dunque di che pranzare!" pensai
    ma,  dopo aver fatto cento passi cambiai idea e  tornai  indietro.
    Puntai  quel  gulden  sul  manque (quella volta ero fissato per il
    manque) e, in verita, c'e qualcosa di particolare nella sensazione
    che provi quando solo, in un paese straniero, lontano dalla patria
    e  dagli  amici,  senza  sapere  che  cosa  mangerai  oggi,  punti
    l'ultimo,  proprio  l'ultimo,  l'ultimissimo gulden!  Vinsi e dopo
    dieci minuti uscii dal Casino con centosettanta gulden  in  tasca.
    E'  un  fatto!  Ecco  che  cosa  puo  significare a volte l'ultimo
    gulden!  E che cosa sarebbe accaduto  se  allora  mi  fossi  perso
    d'animo, se non avessi avuto il coraggio di decidermi?
    Domani, domani tutto finira!