"Sputare?" chiese il generale con espressione incredula e
guardandosi in giro. Il francesino, mi fissava con diffidenza.
"Proprio cosi" risposi. "Poiche per due giorni fui convinto che
avrei dovuto fare un salto a Roma per le nostre faccende, mi recai
negli uffici dell'ambasciata del Santo Padre a Parigi per far
vistare il mio passaporto. La mi ricevette un abatino sui
cinquant'anni, secco e dalla fisionomia gelida che, dopo avermi
ascoltato con cortesia ma con straordinaria freddezza, mi prego di
aspettare. Nonostante avessi fretta, naturalmente mi sedetti ad
aspettare, tirai fuori l'"Opinion Nationale" e cominciai a leggere
alcune tremende invettive contro la Russia. Intanto avevo udito
che qualcuno, dalla stanza vicina, era entrato dal monsignore e
vidi il mio abate inchinarsi. Mi rivolsi a lui con la preghiera di
prima: in tono ancora piu asciutto, mi prego nuovamente di
attendere. Dopo un po' entro un altro sconosciuto ma per affari,
un austriaco; gli diedero subito ascolto e lo accompagnarono di
sopra. Allora cominciai a irritarmi, mi alzai mi avvicinai
all'abate e gli dissi in tono deciso che, visto che il monsignore
riceveva, poteva sbrigare anche me. D'improvviso l'abate si sposto
in preda a un insolito stupore. Non poteva assolutamente capire
come mai un russo qualunque avesse l'ardire di paragonarsi ai
visitatori di monsignore. Con tono insolente, come se provasse un
vero piacere nel potermi offendere, mi squadro dalla testa ai
piedi, esclamando: "Possibile che voi pensiate che monsignore
lasci il suo caffe per voi?" Allora presi a gridare, ma ancora piu
forte di lui: "Sappiate che nel caffe del vostro monsignore io ci
sputo! Se non la fate immediatamente finita con il mio passaporto,
andro io stesso da lui..."
"Come! proprio mentre c'e da lui un cardinale!" urlo l'abatino,
allontandosi da me con orrore: poi si precipito alla porta e
incrocio le braccia facendo vedere che sarebbe morto piuttosto di
lasciarmi passare. Allora gli risposi che io ero un eretico e un
barbaro, "que je suis heretique et barbare", e che di tutti quei
vescovi, arcivescovi, cardinali, monsignori eccetera eccetera, me
ne infischiavo altamente. In una parola, gli feci capire che non
avrei ceduto. L'abate mi lancio un'occhiata piena di odio
sconfinato, mi strappo di mano il passaporto e lo porto di sopra.
Dopo un minuto era gia vistato. Eccolo, signori, volete vederlo?"
Tirai fuori di tasca il passaporto e mostrai il visto di Roma.
"Voi pero..." comincio il generale...
"Vi ha salvato il fatto che vi siete dichiarato eretico e barbaro"
osservo ridendo il francesino. "Cela n'etait pas si bete!" (2)
"Cosi dunque si devono trattare i nostri russi? Loro se ne stanno
qui tranquilli, non osano nemmeno fiatare e sono magari anche
pronti a negare di essere russi. Per lo meno, a Parigi, nel mio
albergo, avevano cominciato a trattarmi con molto piu riguardo da
quando avevo raccontato a tutti la mia lite con l'abate. Un grosso
"pan" (3) polacco, il piu ostile verso di me alla "table d'hote",
era passato in seconda linea. I francesi sopportarono addirittura
che io raccontassi di aver visto due anni prima un uomo contro il
quale un cacciatore francese aveva sparato nel '12, soltanto per
scaricare il fucile. Quell'uomo era allora un ragazzino di soli
dieci anni e la sua famiglia non aveva fatto in tempo a fuggire da
Mosca."
"Questo non e possibile!" esclamo infuriato il francesino. "Un
soldato francese non spara contro un ragazzo!"
"Pero la cosa e successa" ribattei io. "Me l'ha raccontata un
rispettabile capitano a riposo, e io stesso ho visto sulla sua
guancia la cicatrice lasciata dal proiettile."
Il francesino si mise a parlare in fretta e senza piu smetterla.
Il generale stava gia per spalleggiarlo, ma io gli raccomandai di
leggere, per esempio, qualche brano dalle "Memorie" del generale
Perovskij, che nel '12 era stato prigioniero dei francesi. Infine,
Marja Filippovna si mise a parlare di non so piu che cosa per
cambiare discorso. Il generale era molto scontento di me, perche
io e il francese avevamo gia iniziato ad alzare la voce. Ma a
mister Astley mi sembro che fosse molto piaciuta la mia
discussione con il francese; alzandosi da tavola mi invito a bere
un bicchiere di vino. La sera mi riusci, com'era da aspettarsi, di
poter parlare per un quarto d'ora con Polina Aleksandrovna. La
nostra conversazione avvenne durante la passeggiata. Tutti erano
andati nel parco, verso il Casino. Polina si era seduta su una
panchina, di fronte alla fontana, e aveva lasciato che Nadenka
andasse a giocare non lontano con altri bambini. Anch'io avevo
lasciato andare Misha alla fontana e cosi rimanemmo finalmente
soli.
Si capisce che iniziammo a parlare di affari. Polina ando
addirittura in collera quando le consegnai in tutto settecento
"gulden". Era sicura che gliene avrei portati da Parigi, in pegno
dei suoi brillanti, almeno duemila e anche di piu.
"Ho bisogno di denaro, a ogni costo" mi disse, "e occorre
trovarlo. Se no, sono perduta."
Cominciai a interrogarla su quello che era successo durante la mia
assenza.
"Nient'altro che questo: abbiamo ricevuto da Pietroburgo due
notizie, la prima che la nonna stava molto male e, dopo due
giorni, che sembrava fosse gia morta. Queste notizie ci sono
arrivate da Timofej Petrovitch" aggiunse Polina, "e lui e un uomo
molto preciso. Aspettiamo ora la notizia definitiva."
"Cosi, qui, sono tutti in attesa?" chiesi.
"Naturalmente, tutto e tutti; da sei mesi sperano soltanto in
questo."
"Anche voi ci sperate?" domandai.
"Ma il fatto e che io non le sono affatto parente, poiche sono
solo la figliastra del generale. Ma so con certezza che si
ricordera di me nel testamento."
"Credo che anche a voi tocchera moltissimo" risposi confermando.
"Si, mi voleva bene; ma perche voi lo credete?"
"Ditemi," le risposi con un'altra domanda, "il nostro marchese e
anche lui dentro a tutti i segreti di famiglia?"
"Ma voi perche ve ne interessate?" chiese Polina, lanciandomi uno
sguardo duro e severo.
"Sfido io! Se non mi sbaglio, il generale e gia riuscito a farsi
prestar denaro da lui."
"L'avete indovinata!"
"Credete che gli avrebbe dato del denaro, se non avesse saputo
della nonna? Avete notato che lui, a tavola, per ben tre volte,
parlando della nonna l'ha chiamata 'babulenka,' la 'baboulinka'
(4)? Che razza di rapporti confidenziali e amichevoli!"
"Si, avete ragione. Non appena sapra che mi tocchera qualcosa per
testamento, subito chiedera la mia mano. Era questo che volevate
sapere?"
"Solo adesso chiedera la vostra mano? Credevo che l'avesse fatto
da un pezzo..."
"Sapete benissimo che non e cosi!" esclamo con rabbia Polina.
"Dove avete incontrato questo inglese?" aggiunse, dopo un minuto
di silenzio.
"Ero certo che ora avreste chiesto di lui."
E le raccontai dei miei precedenti incontri con mister Astley.
"E' timido e si accende facilmente: naturalmente, sara gia
innamorato di voi!"
"Si, e innamorato di me" rispose Polina.
"Ed e, senza dubbio, dieci volte piu ricco del francese. Ma il
francese possiede poi veramente qualche cosa? Non c'e alcun dubbio
al riguardo?"
"Non c'e alcun dubbio. Possiede non so quale 'chateau'. Ancora
ieri il generale ne parlava con sicurezza. Ebbene, siete
soddisfatto?"
"Io, al vostro posto, sposerei senz'altro l'inglese."
"Perche?" chiese Polina.
"Il francese e piu bello, ma piu vile; l'inglese e, soprattutto,
onesto, e poi dieci volte piu ricco" risposi seccamente.
"Si, pero il francese e marchese e e piu intelligente" ribatte lei
con la massima calma.
"Ma e proprio vero?" continuai, con il tono di prima.
"Verissimo!"
A Polina le mie domande dispiacevano tremendamente, e mi accorgevo
che voleva farmi irritare con il tono e la stranezza delle sue
risposte; e glielo dissi subito.
"Sapete, mi diverte proprio vedere come vi infuriate. Non fosse
altro che per il fatto che vi permetto di rivolgermi simili
domande e di fare simili congetture, dovete pagarmela."
"Mi ritengo in pieno diritto di farvi qualsiasi domanda," le
risposi con tutta calma, "precisamente perche sono pronto a
pagarle come volete, e la mia vita adesso non la stimo proprio
niente."
Polina scoppio a ridere.
"L'ultima volta, sullo Schlangenberg, mi avete detto che eravate
pronto, alla mia prima parola, a buttarvi giu a capofitto e mi
sembra che la ci sia un salto di circa mille piedi. Un bel giorno
pronunciero questa parola solo per vedere come pagherete, e siate
pur certo che non cambiero idea. Voi mi siete odioso proprio
perche vi ho concesso tante liberta e ancora piu odioso perche mi
siete necessario. Ma, fino a che mi siete necessario, bisogna che
vi tenga da conto."
Fece per alzarsi. Parlava con voce irritata. Negli ultimi tempi
concludeva sempre i suoi colloqui con me con irritazione e astio,
si, con vero astio!
"Mi permettete di chiedervi che cos'e questa mademoiselle
Blanche?" chiesi, non volendo lasciarla andare via senza una
spiegazione.
"Lo sapete benissimo che cos'e mademoiselle Blanche. Niente di
nuovo si e aggiunto da allora. Mademoiselle Blanche diventera
senza dubbio generalessa, naturalmente se le voci sulla morte
della nonna verranno confermate, poiche mademoiselle Blanche, sua
madre e il marchese, 'cousin' di terzo grado, sanno benissimo che
noi siamo rovinati."
"E il generale e proprio innamorato?"
"Ma ora non si tratta di questo. Ascoltate e tenete bene in mente:
prendete questi settecento fiorini, andate a giocare, e vincete
alla roulette quanto piu potete; ho bisogno di denaro, a ogni
costo."
Detto questo, chiamo Nadenka e ando verso il Casino dove si riuni
a tutta la nostra compagnia. Io girai a sinistra per il primo
sentiero che mi capito, soprappensiero e meravigliato.
Quell'ordine di andare alla roulette mi aveva fatto l'effetto di
un pugno in testa. Cosa strana: avevo di che riflettere e, invece,
mi sprofondai nell'analisi dei miei sentimenti per Polina. In
verita in quelle due settimane di assenza mi ero sentito meglio di
adesso, giorno del mio ritorno, anche se durante il viaggio avevo
sofferto di una tremenda nostalgia di lei, mi ero agitato come un
ossesso e persino in sogno l'avevo continuamente davanti a me. Una
volta (successe in Svizzera), addormentatomi in treno, mi ero
messo, sembra, a parlare ad alta voce con Polina, facendo ridere
tutti i miei compagni di viaggio. E ancora una volta, adesso, mi
chiesi se la amavo. E ancora una volta non seppi rispondere, cioe,
per meglio dire, per la centesima volta risposi a me stesso che la
odiavo. Si, lei mi era odiosa. C'erano dei momenti (e precisamente
ogni volta che concludevamo i nostri colloqui) che avrei dato meta
della mia vita per strozzarla. Giuro che se fosse stato possibile
affondare lentamente nel suo petto un acuminato coltello, credo
che lo avrei afferrato con gioia. E nello stesso tempo giuro, su
tutto quanto ho di piu sacro, che se sullo Schlangenberg, la vetta
di moda, lei mi avesse detto: "Buttatevi giu!" l'avrei fatto
immediatamente e persino con volutta. Lo sapevo. In un modo o
nell'altro, la cosa doveva decidersi. Tutto questo lei lo capisce
perfettamente, e il pensiero che io sia convinto sinceramente e
profondamente della sua inaccessibilita per me, dell'impossibilita
di realizzare le mie fantasie, questo pensiero, sono convinto, le
procura un godimento straordinario; in caso contrario come
potrebbe lei, tanto intelligente e prudente, essere con me in
rapporti cosi sinceri e familiari? Mi sembra che fino ad ora mi
abbia considerato come quell'antica imperatrice che si spogliava
davanti al suo schiavo, non ritenendolo un uomo. Si, molte volte
non mi ha considerato un uomo...
Comunque avevo avuto da lei un incarico: vincere alla roulette a
qualunque costo. Non avevo tempo di pensare: perche bisogna
vincere con tanta urgenza e quali nuove considerazioni saranno
nate in quel cervello eternamente in azione per i suoi calcoli?
Oltre a questo era evidente che in quelle due settimane si era
accumulato un sacco di fatti nuovi dei quali non avevo ancora
idea. Bisognava indovinare tutto, vedere bene in fondo a ogni cosa
e il piu presto possibile. Ma per il momento non avevo tempo:
dovevo vincere alla roulette.
NOTE.
1) Precettore, in russo. La grafia vuole rendere la pronuncia
francese.
2) "Non e stata una cattiva idea!"
3) Signore, in polacco.
4) Nonnina. Deformazione grafica per rendere la pronunzia
francese.
2.
Confesso che la cosa mi riusciva spiacevole; nonostante avessi
ormai deciso di giocare, non volevo assolutamente farlo per gli
altri. La cosa, anzi, mi sconcertava non poco, ed entrai nelle
sale da giuoco con una sensazione molto fastidiosa. Fin dalla
prima occhiata, niente la dentro mi piacque. Non posso soffrire la
servilita dei "feuilletons" dei giornali di tutto il mondo, e
soprattutto quella dei nostri giornali russi, nei quali quasi ogni
primavera gli articolisti trattano due argomenti: innanzi tutto la
straordinaria grandiosita e lo sfarzo delle sale da giuoco delle
citta sul Reno dove c'e la roulette, e in secondo luogo i mucchi
d'oro che, a sentire loro, giacerebbero sui tavoli. E si che non
sono pagati per questo: scrivono queste cose cosi, con una
disinteressata compiacenza. Nessuna grandiosita e nessuno sfarzo
in queste sudicie sale; e, quanto all'oro, non solo non giace a
mucchi sui tavoli, ma e tanto se lo si vede qualche volta
comparire. Naturalmente puo accadere nel corso della stagione che
capiti qualche tipo originale, o un inglese o un qualche asiatico,
un turco, come quest'estate, che di colpo perda o guadagni
moltissimo; gli altri giocatori puntano piccole somme e,
mediamente, sui tavoli si trova sempre poco denaro.
Appena entrai nella sala da giuoco (era la prima volta nella mia
vita) rimasi ancora un po' di tempo senza decidermi a giocare. E
per di piu la folla mi spingeva. Ma anche se fossi stato solo,
anche allora, penso, me ne sarei andato subito e non avrei
cominciato a giocare. Confesso che il cuore mi batteva forte e che
avevo perso tutto il mio sangue freddo; sapevo con certezza, e da
molto tempo lo avevo deciso, che da Roulettenburg non me ne sarei
andato cosi, semplicemente; nel mio destino sarebbe sopravvenuto
qualcosa di radicale e di definitivo. Cosi deve essere e cosi
sara. Per quanto sia ridicolo che io mi aspetti tanto dalla
roulette, mi sembra ancora piu ridicola l'opinione comune,
accettata da tutti, che e assurdo e stupido aspettarsi qualcosa
dal gioco. Perche il gioco dovrebbe essere peggiore di qualsiasi
altro mezzo per far quattrini come, per esempio, del commercio?
Vero e che, su cento, uno solo vince, ma a me che importa?
Comunque decisi, per prima cosa, di osservare tutto attentamente e
di non cominciare, per quella sera, niente di serio. Quella sera,
se doveva succedere qualcosa, sarebbe successa come imprevisto,
per caso; cosi avevo deciso. Inoltre era necessario che imparassi
il gioco poiche, nonostante le mille descrizioni della roulette
che io avevo sempre letto con avido interesse, non avevo capito
assolutamente niente del suo meccanismo fino a che non avevo visto
io stesso.
Innanzi tutto, ogni cosa mi sembro cosi lurida, moralmente brutta
e lurida! E non parlo di quelle facce avide e inquiete che a
decine, anzi a centinaia, affollano i tavoli da giuoco. Non vedo
proprio niente di sudicio in quel desiderio di guadagnare piu
presto e di piu; e ho sempre ritenuto sciocco il pensiero di un
moralista sazio e ben provvisto che, alla giustificazione di un
tale che "si fanno solo piccole puntate" rispose: "Tanto peggio
perche il guadagno e misero". Come se guadagno misero e guadagno
consistente non fossero la stessa cosa. E' solo questione di
proporzione. Quello che per Rotschild e una miseria, per me e una
ricchezza; e, in quanto al fatto del guadagno e della vincita, gli
uomini non solo alla roulette, ma dappertutto e sempre, non fanno
che strapparsi o vincersi l'un l'altro qualche cosa. Che, in
generale, lucro e guadagno siano sporchi, e un'altra faccenda, ma
non e qui il caso di risolverla. Dal momento che anch'io ero
dominato al massimo dal desiderio di vincere, cosi quell'interesse
e quell'interessata bruttura, mi erano, se volete, entrando nella
sala, in certo qual modo piu familiari e piu vicini. Una delle
cose piu simpatiche e quando due persone non fanno tra loro
complimenti, ma agiscono in tutta franchezza e con il cuore in
mano. E perche, allora, ingannare se stessi? E' l'occupazione piu
insulsa e piu imprudente che ci sia! Particolarmente odiosa, fin
dal primo sguardo, in tutta quell'accozzaglia di gente da
roulette, era quell'aria di rispetto per la propria occupazione,
quella serieta e direi quasi riverenza con cui tutti stavano
intorno ai tavoli. Ecco perche qui si fa una netta distinzione tra
il gioco detto di "mauvais genre" e quello permesso alla gente
come si deve. Esistono due giuochi: uno da gentiluomo e l'altro
plebeo, interessato, il giuoco, insomma, che fa qualsiasi
canaglia. Qui la distinzione e molto rigida, ma com'e vile, in
fondo, questa distinzione! Il gentiluomo, per esempio, puo puntare
cinque o dieci luigi, raramente di piu; del resto, puo anche
puntare un migliaio di franchi, se e molto ricco, ma, in sostanza,
per il gioco in se stesso, solo per divertimento, solo per
osservare il meccanismo della vincita o della perdita; ma non deve
affatto interessarsi alla vincita in se. Se vince puo, per
esempio, ridere forte, puo fare a qualcuno di quelli che gli
stanno intorno una sua osservazione, puo persino fare un'altra
puntata e raddoppiare ancora, ma soltanto per curiosita, per
osservare le "chances", per fare dei calcoli e mai per il volgare
desiderio di vincere. In una parola, tutti quei tavoli da giuoco,
le roulettes e il "trente et quarante", deve considerarli solo
come un passatempo, organizzato esclusivamente per il suo diletto.
Il profitto e il trucco sui quali e fondato e organizzato il
banco, egli non deve neanche sospettarli. E sarebbe addirittura
assai bello, per esempio, che gli sembrasse che tutti gli altri
giocatori, tutta quella gentucola che trema per un "gulden",
fossero dei ricconi e dei gentiluomini suoi pari e che giocassero
unicamente per distrazione e per passatempo. Una simile assoluta
ignoranza della realta e quell'ingenuo modo di considerare gli
uomini sarebbero certo estremamente aristocratici. Ho visto come
molte mammine spingevano avanti innocenti e raffinate "misses" di
quindici o sedici anni, loro figliole, e come, fornitele di alcune
monete d'oro, insegnavano loro come giocare. La signorina, sia che
vincesse, sia che perdesse, immancabilmente sorrideva e si
allontanava molto soddisfatta. Il nostro generale si era accostato
al tavolo con aria grave e dignitosa; un servitore si era
precipitato a porgergli una sedia, ma egli non gli aveva badato;
con grande lentezza estrasse il borsellino, con altrettanta
lentezza ne tiro fuori trecento franchi d'oro, li punto sul nero e
vinse. Non ritiro la vincita e la lascio sul tavolo. Usci di nuovo
il nero; anche questa volta non prese il denaro e, quando la terza
volta venne fuori il rosso, aveva perso di colpo milleduecento
franchi. Si allontano con un sorriso, senza perdere niente della
sua dignita. Sono convinto che si sentiva il cuore stretto e che,
se la posta fosse stata due o tre volte piu grossa, non avrebbe
saputo restare indifferente e si sarebbe palesata la sua emozione.
Del resto, in mia presenza, un francese guadagno e poi perdette
una trentina di migliaia di franchi allegramente e senza
dimostrare nessun turbamento. Il vero gentiluomo, anche se
perdesse tutte le sue sostanze, non deve agitarsi. I denari devono
essere a tal punto piu in basso della sua qualita di gentiluomo da
non mettere in conto che egli se ne dia pensiero. E' naturale che
sarebbe molto aristocratico non notare affatto tutto il sudiciume
di quella marmaglia e di quell'ambiente. A volte, pero, non e meno
aristocratico il procedimento inverso, di osservare, cioe di
guardare e anzi di scrutare a fondo, sia pure attraverso
l'occhialino, tutta quella marmaglia; ma soltanto considerando
quella folla e quel sudiciume come uno svago di tipo particolare,
come uno spettacolo organizzato per il divertimento dei
gentiluomini. Potete anche voi farvi pressare in mezzo a questa
folla, ma guardarvi intorno con l'assoluta convinzione di essere
semplicemente un osservatore e di non appartenervi per niente. Del
resto, osservare con troppa insistenza, non e molto conveniente:
neppure questo e da gentiluomo, perche, in ogni caso, lo
spettacolo non merita una grande e troppo intensa osservazione. E,
in genere, sono pochi gli spettacoli degni di un'attenta
osservazione da parte di un gentiluomo! Comunque a me
personalmente e sembrato che tutto cio meritasse un'attentissima
osservazione, specialmente per chi sia venuto non solo per
osservare, ma sinceramente e coscienziosamente si annoveri tra
quella canaglia. Per quanto si riferisce alle mie intime
convinzioni morali, esse naturalmente non trovano posto nelle mie
attuali considerazioni. Sia pure cosi: lo dico per liberarmi di
coscienza. Ma una cosa voglio notare: che, in questi ultimi tempi,
mi e sembrato terribilmente odioso rapportare le mie azioni e i
miei pensieri a un qualsiasi metro morale... Ben altro mi
dominava...