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Тема: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )

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    Traduzioni telematiche a cura di
    Rosaria Biondi, Nadia Ponti, Giulio Cacciotti, Vincenzo Guagliardo
    (Casa di reclusione - Opera)



    Fedor Dostoevskij.
    IL GIOCATORE.







    INDICE.

    Capitolo  1: pagina 3.
    Capitolo  2: pagina 20.
    Capitolo  3: pagina 31.
    Capitolo  4: pagina 40.
    Capitolo  5: pagina 50.
    Capitolo  6: pagina 65.
    Capitolo  7: pagina 79.
    Capitolo  8: pagina 91.
    Capitolo  9: pagina 105.
    Capitolo 10: pagina 121.
    Capitolo 11: apgina 142.
    Capitolo 12: pagina 158.
    Capitolo 13: pagina 178.
    Capitolo 14: pagina 198.
    Capitolo 15: pagina 213.
    Capitolo 16: pagina 231.
    Capitolo 17: pagina 249.



    1.

    Finalmente ritornavo dopo un'assenza di due settimane.  Gia da tre
    giorni  i  nostri si trovavano a Roulettenburg.  Pensavo di essere
    atteso con chi sa quale ansia, e invece mi sbagliavo.  Il generale
    mi  accolse con una disinvoltura eccessiva,  mi parlo squadrandomi
    dall'alto in basso e mi mando da sua sorella.  Era evidente che da
    qualche  parte  erano  riusciti  a  procurarsi  del  denaro.  Ebbi
    addirittura l'impressione che il  generale  mi  guardasse  con  un
    certo imbarazzo.  Marja Filippovna,  indaffaratissima,  mi liquido
    con poche parole; prese,  pero,  il denaro,  lo conto e ascolto il
    mio rapporto.  A pranzo erano attesi Mezentzov, il francesino e un
    inglese; come sempre, quando c'era denaro, subito inviti a pranzo:
    secondo  l'uso  moscovita.  Polina  Aleksandrovna,  vedendomi,  mi
    chiese  come  mai  fossi  rimasto  assente  tanto a lungo.  Ma non
    aspetto nemmeno la risposta e se  ne  ando.  Si  capisce,  l'aveva
    fatto  apposta.  Pero dovevo parlarle a ogni costo.  Molte cose si
    erano accumulate.
    Mi era  stata  assegnata  una  piccola  stanza,  al  quarto  piano
    dell'albergo:  si  sa  qui  che  io  appartengo  al  "seguito  del
    generale".  Da ogni cosa si capisce che essi sono riusciti a  dare
    nell'occhio.  Qui  il  generale  e  creduto un ricchissimo magnate
    russo.  Ancora prima di pranzo,  ha fatto in tempo,  tra gli altri
    incarichi,  a darmi due biglietti da mille franchi da cambiare, la
    qual cosa feci alla segreteria dell'albergo. Ora ci riterranno dei
    milionari, almeno per una settimana. Volevo prendere Misha e Nadja
    e portarli a fare una passeggiata,  ma sulla scala  mi  chiamarono
    per  conto  del  generale:  si degnava di informarsi su dove avrei
    portato i bambini.  Quest'uomo  non  puo  assolutamente  guardarmi
    negli occhi: vorrebbe farlo,  ma io,  ogni volta, gli rispondo con
    uno sguardo cosi fisso,  vorrei dire irriverente,  che egli sembra
    confondersi.  Con  un  discorso  tronfio,  legando alla meglio una
    frase dopo l'altra e, alla fine, impappinandosi completamente,  mi
    fece  capire  che  dovevo  passeggiare  con  i bambini lontano dal
    Casino, nel parco. E, irritandosi, concluse bruscamente:
    "Se no,  a voi salta magari in mente di portarli al  Casino,  alla
    roulette. Mi dovete scusare," aggiunse, "ma so che siete ancora un
    po'  sventato  e capace,  Dio sa,  di mettervi a giocare.  In ogni
    caso,  anche se io non sono il vostro  mentore  e  non  ho  alcuna
    intenzione di assumere una simile parte, ho tuttavia il diritto di
    pretendere che voi, per cosi dire, non mi compromettiate..."
    "Ma  sapete  che non ho denaro," risposi in tutta calma,  "e,  per
    perderlo, bisogna averlo."
    "Lo  avrete  immediatamente"  rispose  il   generale,   arrossendo
    leggermente;   poi,  rovistato  nel  suo  scrittoio,  consulto  un
    libriccino e risulto che mi doveva circa centoventi rubli.
    "Per poter fare questi conti" riprese, "serve cambiare i denari in
    talleri.  Prendete per ora cento talleri,  cifra tonda;  il resto,
    naturalmente, non andra perduto."
    Presi il denaro in silenzio.
    "Per  favore,  non offendetevi per quanto vi ho detto,  siete cosi   
permaloso... Se vi ho fatto un'osservazione, l'ho fatto,  per cosi
    dire,  allo  scopo  di mettervi in guardia e,  certamente,  con un
    certo diritto..."
    Ritornando a casa con i bambini per il pranzo, incontrai un'intera
    cavalcata: erano i nostri che andavano a  visitare  non  so  quali
    rovine...   Due   splendide   carrozze   e  dei  cavalli  superbi!
    Mademoiselle Blanche  era  in  carrozza  con  Marja  Filippovna  e
    Polina;  il francesino,  l'inglese e il nostro generale andavano a
    cavallo.  I passanti  si  fermavano  a  guardarli:  l'effetto  era
    raggiunto...  ma  il generale finira male!  Ho fatto il conto che,
    aggiungendo ai quattromila franchi che ho portato  io  quelli  che
    evidentemente sono riusciti a procurarsi, avranno in tutto sette o
    ottomila franchi; troppo pochi per mademoiselle Blanche.
    Mademoiselle Blanche sta anche lei nel nostro albergo, insieme con
    la madre;  e ci sta anche, non so bene dove, il nostro francesino.
    I camerieri lo chiamano "monsieur le comte",  la madre di  Blanche
    viene  chiamata  "madame la comtesse",  e magari lo sono veramente
    "comte" e "comtesse".
    Sapevo gia che "monsieur le comte"  non  mi  avrebbe  riconosciuto
    quando  ci  saremmo  trovati a tavola per il pranzo.  Il generale,
    naturalmente, non penso a presentarci o, almeno, a presentare me a
    lui;  ma "monsieur le comte" e stato in Russia e sa benissimo  che
    persona  poco  importante sia quello che essi chiamano "outchitel"
    (1).  Egli,  d'altra parte,  mi conosce molto bene.  Ma,  se  devo
    essere  sincero,   anche  a  pranzo  sono  capitato  senza  essere
    invitato: sembra che il generale  si  fosse  dimenticato  di  dare
    disposizioni al riguardo,  se no senza dubbio mi avrebbero mandato
    a  pranzare  alla  "table  d'hote".  Mi  presentai  cosi,  di  mia
    iniziativa,  tanto  che  il  generale  mi  getto  un'occhiata poco
    soddisfatta.  La buona Marja Filippovna mi indico subito un posto,
    ma  l'incontro  con  mister  Astley  mi tolse d'impiccio e,  senza
    volerlo, feci la figura di appartenere alla loro societa.
    Avevo incontrato questo strano  inglese  per  la  prima  volta  in
    Prussia, in treno, dove sedevamo l'uno di fronte all'altro, quando
    ero  in viaggio per raggiungere i nostri;  poi mi ero imbattuto in
    lui entrando in Francia e,  infine,  in Svizzera;  poi un paio  di
    volte nel corso di quelle due settimane,  ed ecco che ora lo avevo
    incontrato inaspettatamente a Roulettenburg. Non mi e mai capitato
    in tutta la vita di conoscere un uomo piu timido, timido fino alla
    stupidita e lui,  naturalmente,  se ne rende conto perche  stupido
    non lo e affatto.  Del resto,  e molto simpatico e tranquillo. Ero
    riuscito a farlo parlare  durante  il  nostro  primo  incontro  in
    Prussia.  Mi  disse  che nell'estate era andato al Capo Nord e che
    aveva una gran voglia di visitare la  fiera  di  Niginij-Novgorod.
    Non  so  come  abbia  conosciuto  il  generale:  mi sembra che sia
    innamoratissimo di Polina. Quando lei e entrata, il viso di lui si
    e fatto di bracie.  Era molto contento che a  tavola  gli  sedessi
    vicino, e mi sembra che mi consideri gia come suo intimo amico.
    A  tavola il francesino si dava molte arie: e superbo e sprezzante
    con tutti. E a Mosca, mi ricordo,  non faceva che bolle di sapone.
    Parlo senza posa di finanze e di politica russa. Il generale, ogni
    tanto,  osava  contraddirlo  ma con molta discrezione,  unicamente
    quel tanto che bastava per non mettere a  repentaglio  la  propria
    importanza.
    Io  ero in uno strano stato d'animo;  si capisce,  prima ancora di
    essere a meta del pranzo mi ero gia posto  la  solita  domanda  di
    tutti  i  giorni: "Perche continuo a frequentare questo generale e
    non l'ho piantato da un pezzo?" Di tanto in tanto guardavo  Polina
    Aleksandrovna,  ma  lei  non badava assolutamente a me.  Finii con
    l'irritarmi e decisi di diventare insolente.
    E cominciai cosi che a un tratto,  senza  nessun  motivo  e  senza
    essere  interpellato,  mi  intromisi  nella  conversazione altrui.
    Avevo voglia,  soprattutto,  di attaccarmi con il  francesino.  Mi
    rivolsi  al  generale  e  di colpo,  a voce alta e mi sembra anche
    interrompendolo,  osservai che quell'estate  era  diventato  quasi
    impossibile per i russi mangiare alle "tables d'hote". Il generale
    mi getto uno sguardo stupito.
    "Se siete uno che appena si rispetti" continuai,  "immancabilmente
    vi sentirete insultare  e  dovrete  sopportare  le  piu  umilianti
    mortificazioni. A Parigi, sul Reno, e persino in Svizzera, ci sono
    alle  "tables  d'hote"  tanti  di quei polaccuzzi e francesini che
    simpatizzano tra loro che non e  possibile  dire  una  parola,  se
    siete russo."
    Dissi questo in francese. Il generale mi guardo, incerto se andare
    in  collera  o  solo meravigliarsi che io mi fossi lasciato andare
    fino a quel punto.
    "Vuol dire allora che da qualche parte qualcuno  vi  ha  dato  una
    lezione" disse il francesino, con incurante disprezzo.
    "Io,  a  Parigi,  prima  ho  attaccato  lite  con un polacco," gli
    risposi,  "poi con un ufficiale francese che aveva preso le  parti
    del polacco. Ma poi una parte dei francesi comincio a spalleggiare
    me  quando  raccontai  loro  che  volevo  sputare  nel caffe di un
    monsignore."

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Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )

"Sputare?"  chiese  il  generale  con  espressione   incredula   e
    guardandosi in giro. Il francesino, mi fissava con diffidenza.
    "Proprio  cosi"  risposi.  "Poiche per due giorni fui convinto che
    avrei dovuto fare un salto a Roma per le nostre faccende, mi recai
    negli uffici dell'ambasciata del Santo  Padre  a  Parigi  per  far
    vistare  il  mio  passaporto.  La  mi  ricevette  un  abatino  sui
    cinquant'anni,  secco e dalla fisionomia gelida che,  dopo  avermi
    ascoltato con cortesia ma con straordinaria freddezza, mi prego di
    aspettare.  Nonostante  avessi fretta,  naturalmente mi sedetti ad
    aspettare, tirai fuori l'"Opinion Nationale" e cominciai a leggere
    alcune tremende invettive contro la Russia.  Intanto  avevo  udito
    che  qualcuno,  dalla stanza vicina,  era entrato dal monsignore e
    vidi il mio abate inchinarsi. Mi rivolsi a lui con la preghiera di
    prima: in  tono  ancora  piu  asciutto,  mi  prego  nuovamente  di
    attendere.  Dopo  un po' entro un altro sconosciuto ma per affari,
    un austriaco;  gli diedero subito ascolto e lo  accompagnarono  di
    sopra.  Allora  cominciai  a  irritarmi,  mi  alzai  mi  avvicinai
    all'abate e gli dissi in tono deciso che,  visto che il monsignore
    riceveva, poteva sbrigare anche me. D'improvviso l'abate si sposto
    in  preda  a un insolito stupore.  Non poteva assolutamente capire
    come mai un russo qualunque  avesse  l'ardire  di  paragonarsi  ai
    visitatori di monsignore.  Con tono insolente, come se provasse un
    vero piacere nel potermi offendere,  mi  squadro  dalla  testa  ai
    piedi,  esclamando:  "Possibile  che  voi  pensiate che monsignore
    lasci il suo caffe per voi?" Allora presi a gridare, ma ancora piu
    forte di lui: "Sappiate che nel caffe del vostro monsignore io  ci
    sputo! Se non la fate immediatamente finita con il mio passaporto,
    andro io stesso da lui..."
    "Come!  proprio  mentre  c'e da lui un cardinale!" urlo l'abatino,
    allontandosi da me con orrore:  poi  si  precipito  alla  porta  e
    incrocio  le braccia facendo vedere che sarebbe morto piuttosto di
    lasciarmi passare.  Allora gli risposi che io ero un eretico e  un
    barbaro,  "que je suis heretique et barbare",  e che di tutti quei
    vescovi, arcivescovi, cardinali, monsignori eccetera eccetera,  me
    ne infischiavo altamente.  In una parola,  gli feci capire che non
    avrei  ceduto.   L'abate  mi  lancio  un'occhiata  piena  di  odio
    sconfinato,  mi strappo di mano il passaporto e lo porto di sopra.
    Dopo un minuto era gia vistato. Eccolo, signori, volete vederlo?"
    Tirai fuori di tasca il passaporto e mostrai il visto di Roma.
    "Voi pero..." comincio il generale...
    "Vi ha salvato il fatto che vi siete dichiarato eretico e barbaro"
    osservo ridendo il francesino. "Cela n'etait pas si bete!" (2)
    "Cosi dunque si devono trattare i nostri russi?  Loro se ne stanno
    qui  tranquilli,  non  osano  nemmeno  fiatare e sono magari anche
    pronti a negare di essere russi.  Per lo meno,  a Parigi,  nel mio
    albergo,  avevano cominciato a trattarmi con molto piu riguardo da
    quando avevo raccontato a tutti la mia lite con l'abate. Un grosso
    "pan" (3) polacco,  il piu ostile verso di me alla "table d'hote",
    era passato in seconda linea.  I francesi sopportarono addirittura
    che io raccontassi di aver visto due anni prima un uomo contro  il
    quale  un cacciatore francese aveva sparato nel '12,  soltanto per
    scaricare il fucile.  Quell'uomo era allora un ragazzino  di  soli
    dieci anni e la sua famiglia non aveva fatto in tempo a fuggire da
    Mosca."
    "Questo  non  e  possibile!" esclamo infuriato il francesino.  "Un
    soldato francese non spara contro un ragazzo!"
    "Pero la cosa e successa" ribattei  io.  "Me  l'ha  raccontata  un
    rispettabile  capitano  a  riposo,  e io stesso ho visto sulla sua
    guancia la cicatrice lasciata dal proiettile."
    Il francesino si mise a parlare in fretta e senza  piu  smetterla.
    Il generale stava gia per spalleggiarlo,  ma io gli raccomandai di
    leggere,  per esempio,  qualche brano dalle "Memorie" del generale
    Perovskij, che nel '12 era stato prigioniero dei francesi. Infine,
    Marja  Filippovna  si  mise  a  parlare di non so piu che cosa per
    cambiare discorso.  Il generale era molto scontento di me,  perche
    io  e  il  francese  avevamo gia iniziato ad alzare la voce.  Ma a
    mister  Astley  mi  sembro  che  fosse  molto  piaciuta   la   mia
    discussione con il francese;  alzandosi da tavola mi invito a bere
    un bicchiere di vino. La sera mi riusci, com'era da aspettarsi, di
    poter parlare per un quarto d'ora  con  Polina  Aleksandrovna.  La
    nostra  conversazione avvenne durante la passeggiata.  Tutti erano
    andati nel parco,  verso il Casino.  Polina si era seduta  su  una
    panchina,  di  fronte  alla fontana,  e aveva lasciato che Nadenka
    andasse a giocare non lontano con  altri  bambini.  Anch'io  avevo
    lasciato  andare  Misha  alla  fontana e cosi rimanemmo finalmente
    soli.
    Si  capisce  che  iniziammo  a  parlare  di  affari.  Polina  ando
    addirittura  in  collera  quando  le consegnai in tutto settecento
    "gulden". Era sicura che gliene avrei portati da Parigi,  in pegno
    dei suoi brillanti, almeno duemila e anche di piu.
    "Ho  bisogno  di  denaro,  a  ogni  costo"  mi  disse,  "e occorre
    trovarlo. Se no, sono perduta."
    Cominciai a interrogarla su quello che era successo durante la mia
    assenza.
    "Nient'altro che  questo:  abbiamo  ricevuto  da  Pietroburgo  due
    notizie,  la  prima  che  la  nonna  stava molto male e,  dopo due
    giorni,  che sembrava fosse gia  morta.  Queste  notizie  ci  sono
    arrivate da Timofej Petrovitch" aggiunse Polina,  "e lui e un uomo
    molto preciso. Aspettiamo ora la notizia definitiva."
    "Cosi, qui, sono tutti in attesa?" chiesi.
    "Naturalmente,  tutto e tutti;  da sei mesi  sperano  soltanto  in
    questo."
    "Anche voi ci sperate?" domandai.
    "Ma  il  fatto  e che io non le sono affatto parente,  poiche sono
    solo la figliastra  del  generale.  Ma  so  con  certezza  che  si
    ricordera di me nel testamento."
    "Credo che anche a voi tocchera moltissimo" risposi confermando.
    "Si, mi voleva bene; ma perche voi lo credete?"
    "Ditemi,"  le risposi con un'altra domanda,  "il nostro marchese e
    anche lui dentro a tutti i segreti di famiglia?"
    "Ma voi perche ve ne interessate?" chiese Polina,  lanciandomi uno
    sguardo duro e severo.
    "Sfido io!  Se non mi sbaglio,  il generale e gia riuscito a farsi
    prestar denaro da lui."
    "L'avete indovinata!"
    "Credete che gli avrebbe dato del denaro,  se  non  avesse  saputo
    della nonna?  Avete notato che lui,  a tavola,  per ben tre volte,
    parlando della nonna l'ha chiamata  'babulenka,'  la  'baboulinka'
    (4)? Che razza di rapporti confidenziali e amichevoli!"
    "Si,  avete ragione. Non appena sapra che mi tocchera qualcosa per
    testamento,  subito chiedera la mia mano.  Era questo che volevate
    sapere?"
    "Solo  adesso chiedera la vostra mano?  Credevo che l'avesse fatto
    da un pezzo..."
    "Sapete benissimo che non e  cosi!"  esclamo  con  rabbia  Polina.
    "Dove  avete incontrato questo inglese?" aggiunse,  dopo un minuto
    di silenzio.
    "Ero certo che ora avreste chiesto di lui."
    E le raccontai dei miei precedenti incontri con mister Astley.
    "E'  timido  e  si  accende  facilmente:  naturalmente,  sara  gia
    innamorato di voi!"
    "Si, e innamorato di me" rispose Polina.
    "Ed  e,  senza dubbio,  dieci volte piu ricco del francese.  Ma il
    francese possiede poi veramente qualche cosa? Non c'e alcun dubbio
    al riguardo?"
    "Non c'e alcun dubbio.  Possiede non so  quale  'chateau'.  Ancora
    ieri  il  generale  ne  parlava  con  sicurezza.   Ebbene,   siete
    soddisfatto?"
    "Io, al vostro posto, sposerei senz'altro l'inglese."
    "Perche?" chiese Polina.
    "Il francese e piu bello, ma piu vile;  l'inglese e,  soprattutto,
    onesto, e poi dieci volte piu ricco" risposi seccamente.
    "Si, pero il francese e marchese e e piu intelligente" ribatte lei
    con la massima calma.
    "Ma e proprio vero?" continuai, con il tono di prima.
    "Verissimo!"
    A Polina le mie domande dispiacevano tremendamente, e mi accorgevo
    che  voleva  farmi  irritare  con il tono e la stranezza delle sue
    risposte; e glielo dissi subito.
    "Sapete,  mi diverte proprio vedere come vi infuriate.  Non  fosse
    altro  che  per  il  fatto  che  vi  permetto di rivolgermi simili
    domande e di fare simili congetture, dovete pagarmela."
    "Mi ritengo in pieno  diritto  di  farvi  qualsiasi  domanda,"  le
    risposi  con  tutta  calma,  "precisamente  perche  sono  pronto a
    pagarle come volete,  e la mia vita adesso non  la  stimo  proprio
    niente."
    Polina scoppio a ridere.
    "L'ultima volta,  sullo Schlangenberg,  mi avete detto che eravate
    pronto,  alla mia prima parola,  a buttarvi giu a capofitto  e  mi
    sembra che la ci sia un salto di circa mille piedi.  Un bel giorno
    pronunciero questa parola solo per vedere come pagherete,  e siate
    pur  certo  che  non  cambiero  idea.  Voi mi siete odioso proprio
    perche vi ho concesso tante liberta e ancora piu odioso perche  mi
    siete necessario.  Ma, fino a che mi siete necessario, bisogna che
    vi tenga da conto."
    Fece per alzarsi.  Parlava con voce irritata.  Negli ultimi  tempi
    concludeva  sempre i suoi colloqui con me con irritazione e astio,
    si, con vero astio!
    "Mi  permettete  di  chiedervi  che  cos'e   questa   mademoiselle
    Blanche?"  chiesi,  non  volendo  lasciarla  andare  via senza una
    spiegazione.
    "Lo sapete benissimo che cos'e  mademoiselle  Blanche.  Niente  di
    nuovo  si  e  aggiunto  da allora.  Mademoiselle Blanche diventera
    senza dubbio generalessa,  naturalmente se  le  voci  sulla  morte
    della nonna verranno confermate,  poiche mademoiselle Blanche, sua
    madre e il marchese, 'cousin' di terzo grado,  sanno benissimo che
    noi siamo rovinati."
    "E il generale e proprio innamorato?"
    "Ma ora non si tratta di questo. Ascoltate e tenete bene in mente:
    prendete  questi settecento fiorini,  andate a giocare,  e vincete
    alla roulette quanto piu potete;  ho bisogno  di  denaro,  a  ogni
    costo."
    Detto questo,  chiamo Nadenka e ando verso il Casino dove si riuni
    a tutta la nostra compagnia.  Io girai a  sinistra  per  il  primo
    sentiero   che   mi   capito,   soprappensiero   e   meravigliato.
    Quell'ordine di andare alla roulette mi aveva fatto  l'effetto  di
    un pugno in testa. Cosa strana: avevo di che riflettere e, invece,
    mi  sprofondai  nell'analisi  dei  miei sentimenti per Polina.  In
    verita in quelle due settimane di assenza mi ero sentito meglio di
    adesso, giorno del mio ritorno,  anche se durante il viaggio avevo
    sofferto di una tremenda nostalgia di lei,  mi ero agitato come un
    ossesso e persino in sogno l'avevo continuamente davanti a me. Una
    volta (successe in Svizzera),  addormentatomi  in  treno,  mi  ero
    messo,  sembra,  a parlare ad alta voce con Polina, facendo ridere
    tutti i miei compagni di viaggio. E ancora una volta,  adesso,  mi
    chiesi se la amavo. E ancora una volta non seppi rispondere, cioe,
    per meglio dire, per la centesima volta risposi a me stesso che la
    odiavo. Si, lei mi era odiosa. C'erano dei momenti (e precisamente
    ogni volta che concludevamo i nostri colloqui) che avrei dato meta
    della mia vita per strozzarla.  Giuro che se fosse stato possibile
    affondare lentamente nel suo petto un  acuminato  coltello,  credo
    che lo avrei afferrato con gioia.  E nello stesso tempo giuro,  su
    tutto quanto ho di piu sacro, che se sullo Schlangenberg, la vetta
    di moda,  lei mi avesse  detto:  "Buttatevi  giu!"  l'avrei  fatto
    immediatamente  e  persino  con volutta.  Lo sapevo.  In un modo o
    nell'altro, la cosa doveva decidersi.  Tutto questo lei lo capisce
    perfettamente,  e  il  pensiero che io sia convinto sinceramente e
    profondamente della sua inaccessibilita per me, dell'impossibilita
    di realizzare le mie fantasie, questo pensiero, sono convinto,  le
    procura  un  godimento  straordinario;   in  caso  contrario  come
    potrebbe lei,  tanto intelligente e prudente,  essere  con  me  in
    rapporti  cosi  sinceri e familiari?  Mi sembra che fino ad ora mi
    abbia considerato come quell'antica imperatrice che  si  spogliava
    davanti al suo schiavo,  non ritenendolo un uomo.  Si, molte volte
    non mi ha considerato un uomo...
    Comunque avevo avuto da lei un incarico: vincere alla  roulette  a
    qualunque  costo.  Non  avevo  tempo  di  pensare:  perche bisogna
    vincere con tanta urgenza e  quali  nuove  considerazioni  saranno
    nate  in  quel  cervello eternamente in azione per i suoi calcoli?
    Oltre a questo era evidente che in quelle  due  settimane  si  era
    accumulato  un  sacco  di  fatti  nuovi dei quali non avevo ancora
    idea. Bisognava indovinare tutto, vedere bene in fondo a ogni cosa
    e il piu presto possibile.  Ma per il  momento  non  avevo  tempo:
    dovevo vincere alla roulette.


    NOTE.
    1)  Precettore,  in  russo.  La  grafia vuole rendere la pronuncia
    francese.
    2) "Non e stata una cattiva idea!"
    3) Signore, in polacco.
    4)  Nonnina.   Deformazione  grafica  per  rendere  la   pronunzia
    francese.

















    2.

    Confesso  che  la  cosa mi riusciva spiacevole;  nonostante avessi
    ormai deciso di giocare,  non volevo assolutamente farlo  per  gli
    altri.  La cosa,  anzi,  mi sconcertava non poco,  ed entrai nelle
    sale da giuoco con una  sensazione  molto  fastidiosa.  Fin  dalla
    prima occhiata, niente la dentro mi piacque. Non posso soffrire la
    servilita  dei  "feuilletons"  dei  giornali di tutto il mondo,  e
    soprattutto quella dei nostri giornali russi, nei quali quasi ogni
    primavera gli articolisti trattano due argomenti: innanzi tutto la
    straordinaria grandiosita e lo sfarzo delle sale da  giuoco  delle
    citta  sul Reno dove c'e la roulette,  e in secondo luogo i mucchi
    d'oro che, a sentire loro,  giacerebbero sui tavoli.  E si che non
    sono  pagati  per  questo:  scrivono  queste  cose  cosi,  con una
    disinteressata compiacenza.  Nessuna grandiosita e nessuno  sfarzo
    in queste sudicie sale;  e,  quanto all'oro,  non solo non giace a
    mucchi sui tavoli,  ma  e  tanto  se  lo  si  vede  qualche  volta
    comparire.  Naturalmente puo accadere nel corso della stagione che
    capiti qualche tipo originale, o un inglese o un qualche asiatico,
    un turco,  come  quest'estate,  che  di  colpo  perda  o  guadagni
    moltissimo;   gli   altri   giocatori  puntano  piccole  somme  e,
    mediamente, sui tavoli si trova sempre poco denaro.
    Appena entrai nella sala da giuoco (era la prima volta  nella  mia
    vita)  rimasi ancora un po' di tempo senza decidermi a giocare.  E
    per di piu la folla mi spingeva.  Ma anche se  fossi  stato  solo,
    anche  allora,  penso,  me  ne  sarei  andato  subito  e non avrei
    cominciato a giocare. Confesso che il cuore mi batteva forte e che
    avevo perso tutto il mio sangue freddo; sapevo con certezza,  e da
    molto tempo lo avevo deciso,  che da Roulettenburg non me ne sarei
    andato cosi,  semplicemente;  nel mio destino sarebbe sopravvenuto
    qualcosa  di  radicale  e  di definitivo.  Cosi deve essere e cosi
    sara.  Per quanto sia ridicolo  che  io  mi  aspetti  tanto  dalla
    roulette,   mi  sembra  ancora  piu  ridicola  l'opinione  comune,
    accettata da tutti,  che e assurdo e stupido  aspettarsi  qualcosa
    dal  gioco.  Perche il gioco dovrebbe essere peggiore di qualsiasi
    altro mezzo per far quattrini come,  per esempio,  del  commercio?
    Vero e che, su cento, uno solo vince, ma a me che importa?
    Comunque decisi, per prima cosa, di osservare tutto attentamente e
    di non cominciare,  per quella sera, niente di serio. Quella sera,
    se doveva succedere qualcosa,  sarebbe successa  come  imprevisto,
    per caso;  cosi avevo deciso. Inoltre era necessario che imparassi
    il gioco poiche,  nonostante le mille descrizioni  della  roulette
    che  io  avevo sempre letto con avido interesse,  non avevo capito
    assolutamente niente del suo meccanismo fino a che non avevo visto
    io stesso.
    Innanzi tutto, ogni cosa mi sembro cosi lurida,  moralmente brutta
    e  lurida!  E  non  parlo  di  quelle facce avide e inquiete che a
    decine, anzi a centinaia,  affollano i tavoli da giuoco.  Non vedo
    proprio  niente  di  sudicio  in  quel desiderio di guadagnare piu
    presto e di piu;  e ho sempre ritenuto sciocco il pensiero  di  un
    moralista  sazio  e ben provvisto che,  alla giustificazione di un
    tale che "si fanno solo piccole puntate"  rispose:  "Tanto  peggio
    perche  il guadagno e misero".  Come se guadagno misero e guadagno
    consistente non fossero la  stessa  cosa.  E'  solo  questione  di
    proporzione.  Quello che per Rotschild e una miseria, per me e una
    ricchezza; e, in quanto al fatto del guadagno e della vincita, gli
    uomini non solo alla roulette, ma dappertutto e sempre,  non fanno
    che  strapparsi  o  vincersi  l'un l'altro qualche cosa.  Che,  in
    generale, lucro e guadagno siano sporchi, e un'altra faccenda,  ma
    non  e  qui  il  caso  di risolverla.  Dal momento che anch'io ero
    dominato al massimo dal desiderio di vincere, cosi quell'interesse
    e quell'interessata bruttura, mi erano, se volete,  entrando nella
    sala,  in  certo  qual modo piu familiari e piu vicini.  Una delle
    cose piu simpatiche e  quando  due  persone  non  fanno  tra  loro
    complimenti,  ma  agiscono  in  tutta franchezza e con il cuore in
    mano. E perche, allora, ingannare se stessi?  E' l'occupazione piu
    insulsa e piu imprudente che ci sia!  Particolarmente odiosa,  fin
    dal  primo  sguardo,   in  tutta  quell'accozzaglia  di  gente  da
    roulette,  era  quell'aria di rispetto per la propria occupazione,
    quella serieta e direi  quasi  riverenza  con  cui  tutti  stavano
    intorno ai tavoli. Ecco perche qui si fa una netta distinzione tra
    il  gioco  detto  di  "mauvais genre" e quello permesso alla gente
    come si deve.  Esistono due giuochi: uno da gentiluomo  e  l'altro
    plebeo,   interessato,   il  giuoco,  insomma,  che  fa  qualsiasi
    canaglia.  Qui la distinzione e molto rigida,  ma com'e  vile,  in
    fondo, questa distinzione! Il gentiluomo, per esempio, puo puntare
    cinque  o  dieci  luigi,  raramente di piu;  del resto,  puo anche
    puntare un migliaio di franchi, se e molto ricco, ma, in sostanza,
    per il gioco  in  se  stesso,  solo  per  divertimento,  solo  per
    osservare il meccanismo della vincita o della perdita; ma non deve
    affatto  interessarsi  alla  vincita  in  se.  Se  vince puo,  per
    esempio,  ridere forte,  puo fare a qualcuno  di  quelli  che  gli
    stanno  intorno  una  sua osservazione,  puo persino fare un'altra
    puntata e raddoppiare  ancora,  ma  soltanto  per  curiosita,  per
    osservare le "chances",  per fare dei calcoli e mai per il volgare
    desiderio di vincere. In una parola,  tutti quei tavoli da giuoco,
    le  roulettes  e  il "trente et quarante",  deve considerarli solo
    come un passatempo, organizzato esclusivamente per il suo diletto.
    Il profitto e il trucco sui  quali  e  fondato  e  organizzato  il
    banco,  egli  non deve neanche sospettarli.  E sarebbe addirittura
    assai bello,  per esempio,  che gli sembrasse che tutti gli  altri
    giocatori,  tutta  quella  gentucola  che  trema  per un "gulden",
    fossero dei ricconi e dei gentiluomini suoi pari e che  giocassero
    unicamente  per distrazione e per passatempo.  Una simile assoluta
    ignoranza della realta e quell'ingenuo  modo  di  considerare  gli
    uomini  sarebbero certo estremamente aristocratici.  Ho visto come
    molte mammine spingevano avanti innocenti e raffinate "misses"  di
    quindici o sedici anni, loro figliole, e come, fornitele di alcune
    monete d'oro, insegnavano loro come giocare. La signorina, sia che
    vincesse,   sia  che  perdesse,  immancabilmente  sorrideva  e  si
    allontanava molto soddisfatta. Il nostro generale si era accostato
    al tavolo  con  aria  grave  e  dignitosa;  un  servitore  si  era
    precipitato  a porgergli una sedia,  ma egli non gli aveva badato;
    con  grande  lentezza  estrasse  il  borsellino,  con  altrettanta
    lentezza ne tiro fuori trecento franchi d'oro, li punto sul nero e
    vinse. Non ritiro la vincita e la lascio sul tavolo. Usci di nuovo
    il nero; anche questa volta non prese il denaro e, quando la terza
    volta  venne  fuori  il rosso,  aveva perso di colpo milleduecento
    franchi.  Si allontano con un sorriso,  senza perdere niente della
    sua dignita.  Sono convinto che si sentiva il cuore stretto e che,
    se la posta fosse stata due o tre volte piu  grossa,  non  avrebbe
    saputo restare indifferente e si sarebbe palesata la sua emozione.
    Del  resto,  in mia presenza,  un francese guadagno e poi perdette
    una  trentina  di  migliaia  di  franchi  allegramente   e   senza
    dimostrare  nessun  turbamento.   Il  vero  gentiluomo,  anche  se
    perdesse tutte le sue sostanze, non deve agitarsi. I denari devono
    essere a tal punto piu in basso della sua qualita di gentiluomo da
    non mettere in conto che egli se ne dia pensiero.  E' naturale che
    sarebbe  molto aristocratico non notare affatto tutto il sudiciume
    di quella marmaglia e di quell'ambiente. A volte, pero, non e meno
    aristocratico il  procedimento  inverso,  di  osservare,  cioe  di
    guardare  e  anzi  di  scrutare  a  fondo,   sia  pure  attraverso
    l'occhialino,  tutta quella marmaglia;  ma  soltanto  considerando
    quella  folla e quel sudiciume come uno svago di tipo particolare,
    come  uno  spettacolo  organizzato   per   il   divertimento   dei
    gentiluomini.  Potete  anche  voi farvi pressare in mezzo a questa
    folla,  ma guardarvi intorno con l'assoluta convinzione di  essere
    semplicemente un osservatore e di non appartenervi per niente. Del
    resto,  osservare con troppa insistenza,  non e molto conveniente:
    neppure  questo  e  da  gentiluomo,  perche,  in  ogni  caso,   lo
    spettacolo non merita una grande e troppo intensa osservazione. E,
    in   genere,   sono  pochi  gli  spettacoli  degni  di  un'attenta
    osservazione  da  parte  di   un   gentiluomo!   Comunque   a   me
    personalmente  e  sembrato che tutto cio meritasse un'attentissima
    osservazione,  specialmente  per  chi  sia  venuto  non  solo  per
    osservare,  ma  sinceramente  e  coscienziosamente si annoveri tra
    quella  canaglia.   Per  quanto  si  riferisce  alle  mie   intime
    convinzioni morali,  esse naturalmente non trovano posto nelle mie
    attuali considerazioni.  Sia pure cosi: lo dico per  liberarmi  di
    coscienza. Ma una cosa voglio notare: che, in questi ultimi tempi,
    mi  e  sembrato  terribilmente odioso rapportare le mie azioni e i
    miei  pensieri  a  un  qualsiasi  metro  morale...  Ben  altro  mi
    dominava...

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Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )

La  gentaglia  gioca  veramente in maniera assai sporca.  Non sono
    nemmeno molto alieno dal  pensare  che  qui  al  tavolo  da  gioco
    accadano molte delle piu comuni ruberie. I "croupiers" che, seduti
    alle  estremita  del  tavolo,  controllano  le puntate e pagano le
    vincite,  hanno un lavoro tremendo.  Ma che razza di canaglie sono
    pure loro!  Per la maggior parte sono francesi.  Del resto, io qui
    osservo e noto non certo per  descrivere  la  roulette;  cerco  di
    ambientarmi  per me stesso,  per sapere come regolarmi nel futuro.
    Ho osservato, per esempio, che non c'e niente di piu comune di una
    mano ignota che si allunghi improvvisamente da dietro il tavolo  e
    vi  prenda  cio  che  avete guadagnato.  Comincia una discussione,
    spesso si alza la voce  ma  vedete  un  po'  se  siete  capace  di
    dimostrare, trovando dei testimoni, che la puntata e vostra!
    All'inizio tutto questo era per me arabo; indovinavo e distinguevo
    solo,  alla  bell'e  meglio,  che  le  puntate  venivano messe sui
    numeri, sul pari o sul dispari, e sui colori. Del denaro di Polina
    Aleksandrovna decisi di rischiare, per quella sera, soltanto cento
    "gulden".  Il pensiero che mi preparavo a giocare non  per  me  mi
    sconcertava. La sensazione era incredibilmente sgradevole e provai
    il desiderio di liberarmene al piu presto. Mi sembrava sempre che,
    cominciando  a  giocare  per  Polina,  avrei  compromesso  la  mia
    personale buona sorte.  E possibile che non ci si possa avvicinare
    a  un  tavolo  da  giuoco  senza  essere  subito  contagiato dalla
    superstizione? Cominciai con il tirare fuori cinque federici d'oro
    (1), cioe cinquanta "gulden" e li puntai sul pari. La ruota giro e
    venne fuori il tredici: avevo perduto!  Con una certa qual morbosa
    sensazione, solamente per liberarmene in qualche modo e andarmene,
    puntai  ancora  cinque  federici sul rosso: usci il rosso.  Puntai
    nuovamente il tutto: usci  ancora  il  rosso.  Ricevetti  quaranta
    federici,  ne  puntai  venti  sui  dodici numeri di centro,  senza
    sapere che cosa ne sarebbe venuto fuori.  Mi fu pagato il  triplo.
    Cosi   i  miei  dieci  federici  erano  diventati  improvvisamente
    ottanta.  Mi sentii cosi a disagio,  per una sensazione insolita e
    strana,  che decisi di andarmene.  Mi sembro che non avrei affatto
    giocato cosi se avessi giocato per me.  Tuttavia puntai ancora una
    volta  sul  pari tutti gli ottanta federici e usci il quattro;  mi
    sborsarono altri ottanta federici;  e,  afferrato tutto il mucchio
    dei centosessanta federici, andai a cercare Polina Aleksandrovna.
    Stavano  tutti  passeggiando non so in quale parte del parco e non
    riuscii a vederla che a cena.  Questa volta il francese non c'era,
    e  il  generale  si  sfogo  a  parlare  e,  tra l'altro,  credette
    necessario  osservarmi  nuovamente  che  non  avrebbe   desiderato
    vedermi  al  tavolo  da  giuoco.  Secondo la sua opinione lo avrei
    compromesso molto se avessi perso una somma forte.
    "Ma anche se vinceste moltissimo,  sarei  ugualmente  compromesso"
    aggiunse  in  tono  significativo.  "Certo  non  ho  il diritto di
    disporre delle vostre azioni, ma converrete voi stesso..."
    A questo punto, secondo la sua abitudine, non fini il discorso.
    Gli risposi in tono asciutto che avevo pochissimo denaro e che, di
    conseguenza, non potevo perdere in modo troppo appariscente, anche
    se mi fossi messo a giocare.  Mentre salivo  di  sopra  riuscii  a
    consegnare  a  Polina  la  sua vincita e le dichiarai che un'altra
    volta non avrei piu giocato per lei.
    "E perche?" chiese lei in tono preoccupato.
    "Perche voglio giocare per me" risposi,  guardandola con  stupore.
    "E cosi non posso."
    "Siete  dunque  sempre  fermamente convinto che la roulette sia la
    vostra unica via d'uscita  e  di  salvezza?"  mi  chiese  in  tono
    ironico.  Le risposi di nuovo di si,  con molta serieta;  le dissi
    che per quanto riguardava la mia sicurezza di vincere senza fallo,
    la cosa  poteva  sembrare  ridicola,  d'accordo,  ma  che  "mi  si
    lasciasse in pace."
    Polina  Aleksandrovna insisteva perche dividessi a meta con lei la
    vincita  della  giornata  e   voleva   darmi   ottanta   federici,
    proponendomi di continuare a giocare a quel patto.  Ma io rifiutai
    la meta offertami in modo fermo e definitivo e dichiarai  che  non
    potevo  giocare  per  gli  altri non perche non volessi farlo,  ma
    perche avrei senza dubbio perduto.
    "E tuttavia io stessa,  per quanto sciocco  sia  questo  pensiero,
    spero ormai quasi soltanto nella roulette" mi disse pensierosa, "e
    percio  voi  dovete assolutamente continuare a giocare,  facendo a
    meta con me e, si capisce, lo farete."
    E a questo punto se ne  ando  senza  ascoltare  le  mie  ulteriori
    obiezioni.



    NOTE.
    1) Moneta tedesca, del valore di circa dieci gulden.




















    3.

    Tuttavia ieri, per l'intera giornata, non mi disse una sola parola
    che si riferisse al giuoco.  In generale, anzi, evito di parlarmi.
    Il suo modo di fare con me non  e  cambiato.  La  stessa  assoluta
    noncuranza nel trattarmi quando ci incontriamo, e perfino qualcosa
    di sprezzante e di astioso. In genere, lei non cerca di nascondere
    la  sua  avversione per me;  lo vedo benissimo.  Pero non nasconde
    nemmeno che io le sono necessario e che,  per qualche suo  motivo,
    mi  tiene  buono.  Tra  di  noi  si  sono  stabiliti  certi strani
    rapporti, sotto molti punti di vista per me incomprensibili, se si
    considera il suo orgoglio e la sua fierezza con tutti. Lei sa, per
    esempio, che io l'amo pazzamente,  mi permette perfino di parlarle
    della mia passione e,  naturalmente, in nessun altro modo potrebbe
    esprimere di piu il suo  disprezzo  che  con  questo  permesso  di
    rivelarle  senza  ostacoli  e  senza  divieti  il  mio sentimento.
    "Significa" pensa lei, "che stimo tanto poco i tuoi sentimenti che
    mi e proprio indifferente qualunque cosa tu dica e  tu  senta  per
    me".
    Anche prima mi parlava molto dei suoi affari, ma non era mai stata
    completamente sincera.  Non solo, ma nella sua noncuranza verso di
    me c'erano,  per  esempio,  raffinatezze  di  questo  genere:  lei
    sapeva,  mettiamo,  che  conoscevo  una data circostanza della sua
    vita o che  sapevo  qualcosa  che  l'inquietava  grandemente;  lei
    stessa  me  ne  raccontava  persino  alcuni  particolari  se aveva
    bisogno di servirsi di me per i suoi scopi,  come uno schiavo o un
    galoppino;  ma raccontava sempre e solo quel tanto che deve sapere
    una persona che serva per commissioni e se ancora non mi era  nota
    l'intera  concatenazione  degli  avvenimenti,  pur vedendo come mi
    inquietavo  e  mi  tormentavo  per  le   sue   pene   e   le   sue
    preoccupazioni,  non  si  sarebbe comunque mai degnata di calmarmi
    pienamente con un'amichevole franchezza; anche se,  servendosi non
    di  rado  di  me  per  commissioni  non solo fastidiose ma persino
    pericolose, avrebbe dovuto, secondo il mio parere,  essere sincera
    con me. Ma vale forse la pena di preoccuparsi dei miei sentimenti,
    del  fatto  che  io mi agito e forse mi tormento e mi inquieto tre
    volte piu di lei, per i suoi crucci e i suoi insuccessi?
    Gia da tre settimane ero  al  corrente  della  sua  intenzione  di
    giocare alla roulette. Mi aveva persino avvertito che avrei dovuto
    farlo  al  posto  suo,  perche  per lei sarebbe stato sconveniente
    giocare.  Dal tono delle sue parole mi ero subito reso  conto  che
    doveva  avere  qualche  seria  preoccupazione  e  non  il semplice
    desiderio di vincere denaro.  Che cosa e per lei il denaro  in  se
    stesso?  Qui  c'e uno scopo,  qui ci sono circostanze che io posso
    indovinare ma che, fino a questo momento, non conosco. Si capisce,
    lo stato di sottomissione e di schiavitu in cui mi tiene  potrebbe
    darmi (e spesso me la da) la possibilita di interrogarla io stesso
    in  modo  chiaro  e brutale.  Poiche per lei sono uno schiavo e ai
    suoi occhi niente altro che una nullita,  cosi non c'e motivo  che
    si  offenda  della mia volgare curiosita.  Ma il fatto e che,  pur
    permettendomi di farle delle domande,  non risponde.  Certe  volte
    non se ne accorge neppure. Ecco come stanno le cose tra di noi!
    Ieri si e parlato molto del telegramma spedito quattro giorni fa a
    Pietroburgo  e che non ha avuto risposta.  Il generale e agitato e
    preoccupato, e chiaro; si tratta, naturalmente, della nonna. Anche
    il francese e inquieto.  Ieri,  dopo  pranzo,  per  esempio,  essi
    conversarono a lungo e seriamente.  Il tono del francese con tutti
    noi e straordinariamente altero e noncurante. E' proprio giusto il
    proverbio: fallo sedere a tavola e sulla  tavola  mettera  pure  i
    piedi.  Anche  con Polina e indifferente fino alla villania;  pero
    prende parte con piacere alle passeggiate comuni al Casino, o alle
    cavalcate e alle gite fuori  citta.  Da  parecchio  tempo  conosco
    alcune delle circostanze che hanno legato il francese al generale:
    in  Russia  essi  avevano  progettato  di  mettere  su insieme una
    fabbrica,  ma non so se il progetto sia andato a monte o se ancora
    se ne parli.  Inoltre sono venuto per caso a sapere,  in parte, un
    segreto di famiglia: il francese, l'anno scorso,  e davvero venuto
    in  aiuto  al  generale e gli ha dato trentamila rubli per coprire
    l'ammanco di cassa al momento  delle  sue  dimissioni.  E  cosi  e
    facile capire che il generale e nelle sue mani; ma adesso, proprio
    adesso,  la  parte  principale in tutta la faccenda la rappresenta
    mademoiselle Blanche,  e sono certo che anche  in  questo  non  mi
    sbaglio.  E chi e questa mademoiselle Blanche?  Qui da noi si dice
    che e una francese dell'alta societa che viaggia con  la  madre  e
    che possiede una sostanza colossale. Si sa anche che e parente del
    nostro  marchese,  ma molto alla lontana,  una cugina in secondo o
    terzo grado. Si dice pure che, prima del mio viaggio a Parigi,  il
    francese   e   mademoiselle   Blanche  si  trattassero  molto  piu
    cerimoniosamente e che  fossero  in  rapporti  molto  piu  fini  e
    delicati;  adesso,  invece, la loro conoscenza, la loro parentela,
    l'amicizia si mostrano in una luce piu cruda, piu intima, per cosi
    dire.  Probabilmente i nostri affari sembrano loro in cosi cattive
    condizioni   che   non   ritengono   piu  necessario  fare  troppi
    complimenti con noi e fingere.  Gia dall'altro ieri  avevo  notato
    come mister Astley osservava mademoiselle Blanche e sua madre.  Mi
    e sembrato che le conoscesse;  e mi e sembrato anche che il nostro
    francese  avesse  gia  prima incontrato mister Astley.  Del resto,
    mister Astley e cosi timido,  modesto e taciturno che di lui ci si
    puo fidare: non porta certo le immondizie fuori della casa altrui.
    Per  lo meno,  il francese lo saluta appena e quasi non lo guarda:
    quindi non lo teme.  Questo ancora lo  capisco,  ma  perche  anche
    mademoiselle  Blanche  quasi non lo guarda?  Tanto piu che ieri il
    marchese  si  e  tradito:  ha  detto  all'improvviso,  durante  la
    conversazione,  non  so  piu a che proposito,  che mister Astley e
    enormemente ricco e che lui lo sa; appunto per questo mademoiselle
    Blanche dovrebbe guardare mister Astley. In complesso, il generale
    e in uno stato di grande inquietudine.  Si capisce quello che  ora
    puo  significare  per lui il telegramma che annunci la morte della
    zia!
    Anche se mi sembra sicuro che Polina eviti di parlare con  me  per
    partito preso, io stesso ho assunto un'aria fredda e indifferente;
    pensavo sempre che un bel momento sarebbe stata lei ad avvicinarsi
    a  me.  Ieri  e  oggi,  in compenso,  ho rivolto la mia attenzione
    soprattutto a mademoiselle Blanche.  Povero generale,  e  perduto,
    senza scampo! Innamorarsi a cinquantacinque anni e di una passione
    cosi violenta,  e certamente una disgrazia! Aggiungete a questo la
    sua vedovanza,  i figli,  la  proprieta  interamente  rovinata,  i
    debiti  e,  infine,  la donna di cui gli e capitato d'innamorarsi.
    Mademoiselle Blanche e bella.  Ma non so se mi  si  capira  quando
    dico  che ha uno di quei visi che possono fare paura;  io,  per lo
    meno,  ho sempre avuto paura di  donne  simili.  Deve  essere  sui
    venticinque anni. E' alta di statura, con spalle larghe e rotonde;
    il  collo e il petto sono stupendi;  la carnagione e olivastra,  i
    capelli neri come l'inchiostro  di  china  e  talmente  folti  che
    basterebbero  per  due  acconciature.  Ha  gli occhi neri,  con il
    bianco  tendente  al  giallo,   lo  sguardo  sfrontato,   i  denti
    bianchissimi,  le  labbra  sempre truccate;  emana da lei odore di
    muschio.  Veste in modo molto vistoso,  ricco,  ricercato,  ma con
    molto  buon  gusto.  Ha piedi e mani meravigliosi,  e una profonda
    voce di contralto.  A volte scoppia a ridere  mettendo  in  mostra
    tutti i denti,  ma di solito ha l'aria taciturna e insolente,  per
    lo meno in presenza di Polina e di Marja  Filippovna.  (Corre  una
    voce  strana:  che  Marja Filippovna parta per la Russia.) Mi pare
    che mademoiselle Blanche non abbia nessuna istruzione e forse  non
    sia  neppure  intelligente,  pero e diffidente e furba.  Credo che
    nella sua vita non manchino le avventure.  A volerla  dire  tutta,
    puo  anche  darsi che il marchese non le sia affatto parente e che
    la madre non sia affatto sua madre.  Ma si sa che a Berlino,  dove
    le abbiamo incontrate, lei e la madre avevano alcune conoscenze di
    gente  perbene.  Per  quanto  riguarda  personalmente il marchese,
    anche  se  io  dubito  ancora  che  egli  sia  marchese,   la  sua
    appartenenza alla buona societa sia da noi,  a Mosca, sia qua e la
    in Germania,  sembra non si possa mettere in dubbio.  Non  so  che
    posizione  abbia  in  Francia.  Dicono  che possegga un "chateau"!
    Credevo che in quelle due settimane molta  acqua  sarebbe  passata
    sotto  i  ponti;  al  contrario  non so ancora con certezza se tra
    mademoiselle Blanche e il generale sia  stato  detto  qualcosa  di
    decisivo.  E'  certo  che ora tutto dipende dal nostro patrimonio,
    ossia se il generale sara in grado  oppure  no  di  mostrare  loro
    molto denaro.  Se,  per esempio, arrivasse la notizia che la nonna
    non e morta,  sono convinto che  mademoiselle  Blanche  sparirebbe
    immediatamente.  Mi meraviglio e rido io stesso nel costatare come
    io sia diventato pettegolo! Oh, come tutto questo mi disgusta! Con
    quale soddisfazione  pianterei  tutto  e  tutti!  Ma  posso  forse
    allontanarmi da Polina,  posso forse rinunciare a starle intorno a
    spiare? Lo spionaggio certo e spregevole, ma a me che importa?
    Ieri e anche oggi mister Astley mi e  sembrato  strano.  Si,  sono
    convinto  che  egli  e  innamorato  di Polina!  E' curioso e buffo
    pensare quante cose possa esprimere lo sguardo di un uomo timido e
    morbosamente  pudico,  preso  dall'amore,  e  questo  proprio  nel
    momento  in  cui  quest'uomo  preferirebbe sprofondare sotto terra
    piuttosto che dimostrare o esprimere qualunque cosa con la  parola
    o  lo  sguardo.  Mister  Astley  molto  spesso  ci  incontra  alle
    passeggiate. Si toglie il cappello e ci passa accanto, morendo, si
    capisce,  dal desiderio di unirsi a noi.  Ma se  lo  si  invita  a
    farlo,  subito  rifiuta.  Nei luoghi di ritrovo,  al Casino,  dove
    suona la musica o davanti alla fontana,  si ferma  immancabilmente
    in  un punto non lontano dalla nostra panchina e,  dovunque noi ci
    troviamo, sia nel parco,  sia nel bosco,  sia sullo Schlangenberg,
    basta   soltanto   alzare   gli   occhi,   guardarsi   intorno   e
    immancabilmente da qualche parte,  o dal sentiero piu vicino o  da
    dietro qualche cespuglio,  ecco apparire mister Astley.  Mi sembra
    che cerchi l'occasione di parlare con me a tu per  tu.  Stamattina
    ci  siamo incontrati e abbiamo scambiato due parole.  A volte egli
    parla a scatti.  Ancora  prima  di  aver  detto  "Buongiorno"  gia
    esclamava:
    "Ah,  mademoiselle Blanche! Ho visto molte donne come mademoiselle
    Blanche!"
    Tacque,  rivolgendomi un'occhiata significativa.  Non so che  cosa
    volesse  dire perche,  alla mia domanda che cosa cio significasse,
    fece un cenno con la testa, sorridendo furbescamente, e aggiunse:
    "Proprio cosi. A mademoiselle Polina piacciono molto i fiori?"
    "Non lo so, non lo so davvero" risposi.
    "Ma come!  Non sapete neanche questo?" esclamo con il  piu  grande
    stupore.
    "Non lo so, non ci ho mai fatto caso" ripetei ridendo.
    "Ehm... questo mi fa nascere un'idea particolare..."
    A questo punto mi fece un cenno con la testa e passo oltre.  Aveva
    pero un'aria soddisfatta. Parliamo insieme in un pessimo francese.



















    4.

    Oggi e stata una giornata buffa, scandalosa, assurda.  Ora sono le
    undici  di  notte.  Sono seduto nella mia stanzetta e ripenso alle
    cose successe.  E' cominciato  cosi,  che  stamattina  sono  stato
    costretto   ad   andare   alla   roulette  a  giocare  per  Polina
    Aleksandrovna.  Presi i  suoi  centosessanta  federici  ma  a  due
    condizioni: prima, che non avrei giocato a mezzo con lei, cioe, se
    avessi vinto,  non mi sarei preso niente; seconda, che questa sera
    Polina mi avrebbe spiegato perche aveva cosi bisogno di vincere  e
    quanto  precisamente  le  serviva.  A ogni modo,  pero,  non posso
    credere che sia soltanto per il denaro.  E' evidente che il denaro
    le e indispensabile,  e al piu presto possibile, per qualche scopo
    particolare. Mi ha promesso di spiegarmelo,  e sono andato.  Nelle
    sale da giuoco c'era una folla spaventosa.  Che gente sfrontata, e
    come sono tutti avidi!  Mi intrufolai tra la folla e  mi  sistemai
    proprio  vicino al croupier;  quindi cominciai un timido inizio di
    giuoco,  puntando soltanto due o tre monete.  Intanto osservavo  e
    notavo;  mi  sembrava  che  il calcolo in se stesso servisse molto
    poco e non avesse affatto quell'importanza che molti giocatori gli
    attribuiscono.  Essi se ne stanno seduti davanti  a  foglietti  di
    carta rigata,  segnano i colpi,  contano, deducono le probabilita,
    fanno calcoli e  infine  puntano  e  perdono  come  noi,  semplici
    mortali,  che  giochiamo senza calcoli.  In compenso ho tratto una
    conclusione che mi sembra giusta: realmente, nel susseguirsi delle
    probabilita favorevoli c'e,  se non un  sistema,  un  certo  quale
    ordine,  il  che  e,  naturalmente,  molto  strano.  Succede,  per
    esempio,  che dopo i dodici numeri  di  mezzo,  escano  fuori  gli
    ultimi dodici;  per due volte, mettiamo, la pallina cade su questi
    ultimi dodici per poi passare sui primi dodici. Dopo essere caduta
    sui primi dodici, passa di nuovo sui dodici di centro,  cade tre o
    quattro  volte di seguito su questi,  e di nuovo passa agli ultimi
    dodici di dove,  dopo altri due colpi,  torna ai primi;  batte sui
    primi;  sui primi batte una volta e torna ancora per tre volte sui
    medi,  e cosi la faccenda prosegue per un'ora e mezzo o  due  ore.
    Uno,  tre e due;  uno,  tre e due. Divertentissimo. Certi giorni o
    certe mattine capita, per esempio,  che il rosso si alterni con il
    nero  e  viceversa,  questo  senza nessun ordine,  a ogni momento,
    cosicche piu di due o tre colpi di seguito non cadono sul rosso  o
    sul nero.  Il giorno dopo o la sera dopo, esce di seguito soltanto
    il rosso;  esce,  per esempio,  piu di dodici volte di fila e cosi
    continua  infallibilmente per un certo tempo,  magari per tutta la
    giornata.  Molte cose mi spiego in  proposito  mister  Astley  che
    aveva  passato  tutta  la mattinata ai tavoli da giuoco,  ma senza
    fare nemmeno una puntata. Per quanto mi riguarda,  perdetti tutto,
    fino  all'ultimo centesimo,  e in pochissimo tempo.  Avevo puntato
    sul pari, tutti insieme, venti federici e vinsi; puntai di nuovo e
    di nuovo vinsi e cosi ancora per due o tre volte.  Penso  di  aver
    avuto  in  mano,   in  forse  cinque  minuti,  circa  quattrocento
    federici.  Sarebbe  stato  a  questo  punto  il  vero  momento  di
    andarmene,  ma era nata in me una sensazione strana, una specie di
    sfida al  destino,  un  desiderio  di  dargli  un  buffetto  e  di
    mostrargli   la   lingua.   Feci  la  piu  alta  puntata  ammessa,
    quattromila gulden, e persi. Allora, eccitatomi, tirai fuori tutto
    quanto mi era rimasto,  feci un'altra puntata come quella e  persi
    di  nuovo.   A  questo  punto  mi  allontanai  dal  tavolo,   come
    istupidito.  Non  capivo  nemmeno  quello  che  mi  succedeva,   e
    annunciai  la  mia  perdita  a  Polina Aleksandrovna soltanto poco
    prima del pranzo.  Fino a quel momento  avevo  girovagato  per  il
    parco.