Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )
"Comprami! Vuoi? Vuoi? Per cinquantamila franchi, come De-Grieux?"
proruppe, singhiozzando convulsamente. La presi tra le braccia, le
baciai le mani e i piedi e caddi in ginocchio davanti a lei..
L'attacco isterico stava passando. Lei aveva posato le mani sulle
mie spalle e mi fissava; sembrava che volesse leggere qualcosa sul
mio viso. Mi sentiva, ma evidentemente non ascoltava quello che le
dicevo. Un'espressione inquieta e pensierosa le era apparsa sul
volto. Temevo per lei: mi pareva proprio che la sua ragione si
alterasse. Ora, di colpo, cominciava ad attirarmi dolcemente a se,
e un sorriso fiducioso sfiorava il suo viso; poi, altrettanto
improvvisamente, mi respingeva e riprendeva a fissarmi con uno
sguardo fosco.
All'improvviso mi getto le braccia al collo.
"Perche tu mi ami, mi ami?" diceva. "Perche tu... tu volevi
batterti con il barone per me!" E di nuovo scoppio in una risata,
come se qualcosa di buffo e di grazioso le fosse balenato al
pensiero. Piangeva e rideva insieme. Che cosa dovevo fare? Ero io
stesso come febbricitante. Ricordo che lei comincio a parlare, ma
io non riuscivo a capire quasi niente. Era una specie di delirio,
il suo, una specie di balbettio, come se volesse comunicarmi in
fretta qualcosa, un delirio che, interrotto a tratti dal riso piu
gioioso, cominciava a spaventarmi. "No, no, sei caro, sei caro!"
ripeteva. "Mio fedele!" e di nuovo mi posava le mani sulle spalle,
di nuovo mi scruto, continuando a ripetere: "Tu mi ami... mi
ami... mi amerai?" Io non distoglievo gli occhi da lei; non
l'avevo ancora mai vista in quegli slanci di tenerezza e di amore;
e vero che si trattava di delirio, ma... notando il mio sguardo
appassionato, a un tratto si mise a ridere maliziosamente e, di
punto in bianco, prese a parlare di mister Astley.
Del resto, lei parlava continuamente di mister Astley
(specialmente quando, poco prima, si era sforzata di raccontarmi
qualche cosa), ma che cosa precisamente dicesse non riuscii a
capire; mi sembra perfino che ridesse di lui; ripeteva di continuo
che egli aspettava... e mi chiedeva se sapevo che ora egli si
trovava certamente sotto la finestra.
"Si, si... sotto la finestra... Apri, guarda, guarda... Egli e
qui, e qui!"
E mi spingeva verso la finestra, ma non appena facevo un movimento
per avvicinarmici, scoppiava in una risata e io le restavo vicino,
mentre lei si precipitava tra le mie braccia.
"Partiremo? Ce ne andremo domani?" chiedeva, seguendo un suo
inquieto pensiero. "Ebbene, ebbene," continuava, facendosi
pensierosa, "faremo in tempo a raggiungere la nonna? Che ne pensi?
A Berlino, io credo, potremo raggiungerla. Che cosa credi che dira
quando l'avremo raggiunta e lei ci vedra? E mister Astley? Be',
quello non si buttera giu dallo Schlangenberg, che ne pensi?" e
scoppio a ridere. "Ora ascolta: sai dove andra la prossima estate?
Vuole andare al Polo Nord per ricerche scientifiche e portarmi con
se, ah, ah, ah! Dice che noi russi, senza gli europei, non
sappiamo niente e non siamo capaci di niente... Ma e buono anche
lui! Lo sai che egli scusa il generale? Dice che Blanche... che la
passione... be', non so, non so..." ripete a un tratto, come
distraendosi e perdendo il filo del discorso. "Poveretti, come li
compiango... e anche la nonna... Su, ascolta, ascolta: perche
dovresti uccidere De-Grieux? E' possibile che tu pensassi di
ucciderlo? Sciocco! Potevi davvero credere che io ti avrei
permesso di batterti con De-Grieux? Ma tu non uccideresti nemmeno
il barone," aggiunse, mettendosi a ridere, "oh, quanto eri buffo,
allora, con il barone; io vi guardavo entrambi dalla panchina... e
che poca voglia avevi di andare quando ti ho mandato! Come ho riso
allora, come ho riso!" concluse, scoppiando di nuovo in una
risata.
A un tratto riprendeva a baciarmi e ad abbracciarmi, premendo con
appassionata tenerezza il suo viso al mio. Io non pensavo ormai
piu a niente, non sentivo piu niente. La testa mi girava.
Penso che fossero circa le sette di mattina quando mi risvegliai;
il sole illuminava la stanza. Polina era seduta vicino a me e si
guardava stranamente intorno, come se uscisse dal buio e cercasse
di riordinare i suoi ricordi. Anche lei si era appena svegliata e
fissava il tavolo e i denari. La testa mi pesava e mi faceva male.
Volevo prendere Polina per mano; lei di colpo mi respinse e balzo
in piedi. Spuntava una giornata grigia; prima dell'alba era
piovuto. Polina si avvicino alla finestra, l'apri mise fuori la
testa e il petto e, appoggiandosi con le mani e puntando i gomiti
al davanzale, rimase cosi due o tre minuti, senza girarsi verso di
me e senza ascoltare quello che le dicevo. Con terrore pensai:
"Che accadra, ora? Come finira tutto cio?" A un tratto si stacco
dalla finestra, si avvicino al tavolo e, guardandomi con
un'espressione di odio infinito, mi disse con le labbra tremanti
di furore:
"Be', ora dammi i miei cinquantamila franchi!"
"Polina, di nuovo, di nuovo?" cominciavo a dirle.
"Hai cambiato idea, forse? Ah, ah, ah! Forse gia li rimpiangi?"
I venticinquemila fiorini, contati fin dalla sera, erano posati
sul tavolo; li presi e glieli porsi.
"Adesso sono miei, no? E' cosi? E' cosi?" mi chiese con
cattiveria, tenendo in mano il denaro.
"Ma sono sempre stati tuoi!" dissi io.
"Ebbene, eccoteli i tuoi cinquantamila franchi!" Alzo il braccio e
me li sbatte addosso. Il fascio mi colpi dolorosamente in viso e
si sparpaglio sul pavimento. Fatto questo, Polina usci di corsa
dalla stanza.
So bene che in quel momento lei era fuori di se, anche se non
riesco a capire quella follia momentanea. Vero e, pero, che ancora
oggi, dopo un mese, e ancora ammalata. Ma tuttavia, quale fu la
causa di quello stato e, soprattutto, di quel gesto? Forse
l'orgoglio offeso? O la disperazione per essersi decisa a venire
da me? L'avevo forse indotta a credere che mi vantavo della mia
fortuna e che, proprio come De-Grieux, volevo liberarmi di lei
dopo averle regalato cinquantamila franchi? Ma non e stato cosi,
lo so, in coscienza. Penso che la causa sia stata, in parte, la
sua vanita; la vanita le aveva suggerito di non prestarmi fede e
di offendermi, sebbene tutto cio fosse, anche per lei, poco
chiaro. In questo caso, certo, io pagavo per De-Grieux ed ero
incolpato senza essere colpevole. Vero e anche che tutto era stato
solo delirio; vero e che io sapevo che lei delirava e non avevo
tenuto conto di questa circostanza. Forse lei non puo adesso
perdonarmelo? Si, adesso, ma allora? Il suo delirio e il suo male
erano poi cosi gravi da farle dimenticare completamente quello che
faceva venendo da me con la lettera di De-Grieux? Lei dunque
sapeva cio che faceva.
In fretta e furia raccolsi alla bell'e meglio il mio mucchio di
biglietti e d'oro, lo ficcai nel letto, lo coprii e uscii dieci
minuti dopo Polina. Ero certo che era corsa in camera sua, e
volevo, di nascosto, entrare nel loro appartamento e,
nell'anticamera, chiedere alla bambinaia notizie sulla salute
della signorina. Quale non fu il mio stupore quando, incontrata la
governante sulle scale, seppi che Polina non era ancora tornata e
che la bambinaia stava appunto venendo da me per cercarla.
"Proprio adesso," le dissi, "proprio adesso e uscita di camera
mia... non piu di dieci minuti fa. Dove mai si sara cacciata?"
La governante mi guardo con espressione di rimprovero.
Intanto era venuta fuori tutta una storia che gia circolava per
l'albergo. Dal portiere e dal capo cameriere si sussurrava che la
Fraulein (1) alle sei di mattina era fuggita dall'albergo sotto la
pioggia e si era avviata di corsa in direzione dell'albergo
d'Angleterre. Dalle loro parole e allusioni capii che essi gia
sapevano che lei aveva passato tutta la notte nella mia camera.
Del resto, si chiacchierava su tutta la famiglia del generale; era
noto che questi, il giorno prima, era quasi impazzito e piangeva
in modo tale che tutto l'albergo lo sentiva. Si raccontava inoltre
che la vecchia arrivata all'improvviso era sua madre, venuta
apposta dalla Russia per impedire al figlio il matrimonio con
mademoiselle Blanche de Cominges e, in caso di disubbidienza, per
privarlo dell'eredita; poiche effettivamente lui non aveva
ubbidito, la contessa, sotto i suoi stessi occhi, aveva perduto
apposta alla roulette il suo denaro, affinche non gli rimanesse
piu niente. "Diese Russen!" (2) ripeteva indignato il capo
cameriere, scuotendo la testa. Gli altri ridevano. Il capo
cameriere intanto preparava il conto. La mia vincita era gia nota;
Karl, il cameriere del mio piano, fu il primo a rallegrarsi con
me. Ma io avevo ben altro per la testa! Mi precipitai all'albergo
d'Angleterre.
Era ancora presto; mister Astley non riceveva nessuno; saputo,
pero, che c'ero io, usci nel corridoio e si fermo davanti a me,
fissandomi in silenzio con il suo sguardo color dello stagno e in
attesa che io parlassi. Gli chiesi subito di Polina.
"E' ammalata" mi rispose mister Astley, continuando a fissarmi in
viso e senza distogliere gli occhi da me.
"Allora e veramente qui da voi?"
"Si, e da me."
"E dunque voi... voi avete intenzione di tenerla presso di voi?"
"Oh si, ho quest'intenzione."
"Mister Astley, questo provochera uno scandalo: non e possibile.
Inoltre lei e proprio malata; non ve ne siete forse accorto?"
"Oh si, me ne sono accorto e ve l'ho anche detto che e malata. Se
non fosse stata malata non avrebbe passato la notte da voi."
"Allora sapete anche questo?"
"Lo so. Ieri stava venendo qui, e io l'avrei accompagnata da una
mia parente ma, dato che era malata, si e sbagliata ed e venuta da
voi."
"Ma figuratevi! E allora mi rallegro con voi, mister Astley. A
proposito, mi fate venire un'idea: non siete per caso stato tutta
la notte sotto la mia finestra? Miss Polina me la faceva aprire
tutti i momenti per vedere se eravate la sotto e rideva a piu non
posso."
"Davvero? No, io non ero sotto la finestra, ma aspettavo nel
corridoio andando su e giu."
"Ma bisogna pur curarla, mister Astley!"
"Oh si! Ho gia mandato a chiamare il dottore e, se dovesse morire,
mi renderete conto della sua morte."
Rimasi stupefatto.
"Di grazia, mister Astley, ma che volete dire?"
"Ed e vero che ieri avete vinto duecentomila talleri?"
"In tutto soltanto centomila fiorini."
"Ecco, vedete! Allora, partite stamattina stessa per Parigi... "
"Perche?"
"Tutti i russi, avendo denaro, vanno a Parigi" spiego mister
Astley con la voce e il tono di chi legge un libro.
"Che andrei a fare adesso, d'estate, a Parigi? Io la amo, mister
Astley, lo sapete anche voi..."
"Davvero? Io sono convinto di no. Per di piu, se rimarrete qui,
perderete certamente tutto e non avrete piu i mezzi per andare poi
a Parigi."
"Bene, addio! Pero a Parigi non ci vado. Pensate, mister Astley, a
quello che succedera adesso da noi. In una parola, il generale...
e adesso quest'avventura con miss Polina... fara il giro di tutta
la citta."
"Si, di tutta la citta; quanto al generale, credo che non ci
pensi: ha ben altro per la testa! E quanto a quella famiglia si
puo giustamente dire che ormai non esista piu."
Camminavo e sorridevo dentro di me della strana sicurezza di
quell'inglese che io sarei partito per Parigi. "Egli, pero, vuole
uccidermi in duello," pensavo, "se Polina muore; ma guarda un po'
che storia!" Giuro che mi dispiaceva per Polina ma, strano, fin
dal primo istante in cui, il giorno prima, avevo toccato il tavolo
da giuoco e preso a rastrellare mucchi di quattrini, il mio amore
era passato come in secondo piano. Questo lo dico ora, ma allora
ancora non me ne rendevo chiaramente conto. Possibile che io sia
davvero un giocatore, possibile che io amassi Polina in modo cosi
strano? No, io l'amo ancora adesso, lo vede Iddio! E quando,
uscito da mister Astley, andavo verso casa, soffrivo sinceramente
e accusavo me stesso... Ma a questo punto mi capito una
stranissima e molto assurda storia.
Andavo in tutta fretta dal generale quando improvvisamente, non
lontano dal loro appartamento, una porta si apri e qualcuno mi
chiamo. Era madame veuve Cominges che mi chiamava per ordine di
mademoiselle Blanche. Entrai nell'appartamentino di mademoiselle
Blanche.
Era un quartierino di due stanze. Dalla camera da letto giungevano
le risa e gli strilli di mademoiselle Blanche. Ella stava
alzandosi da letto.
"Ah, c'est lui! Viens donc, bete! E' vero 'que tu as gagne une
montagne d'or et d'argent? J'aimerais mieux l'or! (3)"
"Ho vinto" risposi io, ridendo.
"Quanto?"
"Centomila fiorini."
"Bibi, comme tu es bete! Ma avvicinati, non sento nulla. Nous
ferons bombance, n'est-ce pas? (4)"
Entrai da lei. Era coricata sotto una coperta di raso rosa, da
sotto la quale sporgevano due splendide spalle brune e ben
modellate, spalle che si vedono soltanto in sogno, velate appena
da una camicia di batista bianca ornata di candidi pizzi che si
accordavano magnificamente con la sua pelle abbronzata.
"Mon fils, as-tu du coeur? (5)" esclamo a voce alta vedendomi, e
scoppio a ridere. Rideva sempre molto gaiamente e anche, a volte,
con grande spontaneita.
"Tout autre... (6)" fui li li per dire, parafrasando Corneille.
"Ecco, vedi, 'vois-tu,'" comincio improvvisamente a cinguettare
"in primo luogo, cercami le calze e aiutami a infilarle; poi, si
tu n'es pas trop bete, je te prends a Paris (7). Lo sai, vero, che
parto per Parigi?"
"Subito?"
"Tra mezz'ora."
Infatti tutto era stato messo via. Le valigie erano pronte. Il
caffe era stato servito da un pezzo.
"Eh bien! Se vuoi, verrai a Parigi. 'Dis donc qu'est-ce que c'est
qu'un outchitel? Tu etais bien bete quand tu etais outchitel!' (8)
Dove sono le calze? Infilamele, su!"
Tiro fuori un piedino veramente incantevole, piccolo, bruno, non
deformato come quasi tutti quei piedini che appaiono cosi piccoli
negli stivaletti. Io mi misi a ridere e cominciai a infilare la
calza di seta. Mademoiselle Blanche, intanto, seduta sul letto,
continuava a cicalare.
"'Eh bien, que feras-tu, si je te prends avec?' In primo luogo,
'je veux cinquante mille francs'. Me li darai a Francoforte. 'Nous
allons a Paris'; la vivremo insieme 'et je te ferai voir des
etoiles en plein jour' (9). La vedrai delle donne come non ne hai
mai certamente viste!"
"Aspetta, sicche io dovrei darti cinquantamila franchi... e allora
che mi restera?"
"'Et cent cinquante mille francs', li hai dimenticati? Per di piu
acconsento a vivere nel tuo appartamento un mese, due... chi sa!
Noi, naturalmente, ci mangeremo in due mesi questi
centocinquantamila franchi. Vedi 'je suis bonne enfant' e te lo
dico prima, 'mais tu verras des etoiles (10)'"
"Possibile? Tutto in due mesi?"
"Come? La cosa ti spaventa? Ah, 'vil esclave!' (11) Ma non sai che
un mese solo di quella vita vale di piu di tutta la tua esistenza?
Un mese solo e 'apres, le deluge! Mais tu ne peux comprendre, va!'
Vattene, vattene, non lo meriti! 'Ah, que fais-tu? (12)'"
In quel momento io stavo calzando l'altro piedino, ma non potei
trattenermi e lo baciai. Lei lo tiro via e comincio a percuotermi
il viso con la punta del piede. E infine mi caccio via.
"'Eh bien, mon outchitel, je t'attends, si tu veux (13)'; tra un
quarto d'ora parto!" mi grido alle spalle.
Tornando nella mia camera, era gia come se avessi le vertigini.
Non era mica colpa mia se Polina mi aveva sbattuto in faccia un
fascio di biglietti e ancora ieri mi aveva preferito mister
Astley! Alcuni dei biglietti di banca erano ancora sparpagliati
sul pavimento; li raccolsi. In quel momento si apri la porta e
apparve il capo cameriere in persona (che prima non mi guardava
nemmeno) con un invito: non mi sarebbe piaciuto trasferirmi al
piano di sotto, nel magnifico appartamento occupato sino ad allora
dal conte V.?
Riflettei un momento.
"Il conto!" gridai. "Parto subito, tra dieci minuti." "Se ha da
essere Parigi, ebbene, Parigi sia!" pensai. "Si vede che era
scritto cosi!"
Un quarto d'ora dopo sedevamo davvero tutti e tre in uno
scompartimento per famiglia: io, mademoiselle Blanche e madame
veuve Cominges. Mademoiselle Blanche rideva, guardandomi, fino
alle convulsioni. Veuve Cominges le faceva eco; non diro che io mi
sentissi allegro. La mia vita si spezzava in due ma, dal giorno
prima, mi ero abituato a puntare tutto su una carta. Forse era
proprio vero che non avevo resistito al peso del denaro e avevo
perso la testa. "Peut-etre, je ne demandais pas mieux!" (14) Mi
sembrava che per un po' di tempo, ma solo per un po' di tempo, lo
scenario cambiasse. "Ma tra un mese saro qui e allora... e allora
ce la vedremo ancora, mister Astley!" No, come adesso ricordo,
anche allora ero oppresso da una terribile tristezza, anche se
ridevo a gara con quella sciocchina di Blanche!
"Ma che hai? Come sei stupido! Oh come sei stupido!" esclamava
Blanche, interrompendo le sue risate e cominciando a rimproverarmi
sul serio. "Ma si, ma si, spenderemo i tuoi duecentomila franchi
ma in compenso 'tu seras heureux, comme un petit roi '(15); ti
faro io il nodo alla cravatta e ti faro conoscere Hortense. E,
quando avremo speso tutto il denaro, tu ritornerai qui e farai di
nuovo saltare il banco. Che cosa ti hanno detto quegli ebrei? La
cosa piu importante e l'audacia, e tu ce l'hai; piu di una volta
mi porterai dei denari a Parigi. 'Quant a moi, je veux cinquante
mille francs de rente et alors...(16)'"
"E il generale?" le chiesi.
"Il generale, lo sai anche tu, va ogni giorno, a quest'ora, a
prendere un mazzo di fiori per me. Stavolta gli avevo chiesto a
bella posta di portarmi i fiori piu rari. Il poveraccio ritornera
ma l'uccellino sara volato via! Vedrai che ci volera dietro. Ah
ah, ah! Ne saro molto contenta. A Parigi mi fara molto comodo; il
suo conto, qui, lo paghera mister Astley..."
Ed ecco in che modo partii allora per Parigi.
NOTE.
1) Signorina
2) "Questi russi!"
3) "Ah, eccolo! Vieni dunque, scioccone! E' vero che hai
guadagnato una montagna d'oro e d'argento? Io preferirei l'oro..."
4) "Caro, come sei sciocco! Faremo baldoria, non e vero?"
5) "Hai coraggio, ragazzo mio!"
6) "Tutt'altro..."
7) "Se non sei troppo sciocco, ti porto a Parigi con me..."
8) "Ebbene, dimmi: cos'e un 'outchitel'? Eri proprio stupido
quando facevi l''outchitel'..."
9) "Be', che farai se ti porto con me? Voglio per prima cosa
cinquantamila franchi. Andremo a Parigi... e ti faro vedere le
stelle in pieno giorno."
10) "Io sono una brava ragazza... ma tu vedrai delle stelle!"
11) "Ah, vile schiavo!"
12) "E poi il diluvio! Ma tu non puoi capire, va'... Ma cosa stai
facendo!"
13) "Ebbene, mio 'outchitel', ti aspetto, se vuoi..."
14) "Probabilmente non chiedevo di meglio!"
15) "Tu sarai felice come un piccolo re..."
16) "Quanto a me, io voglio cinquanta mila franchi di rendita e
allora..."
16.
Che diro di Parigi? Fu tutto un delirio, una pazzia. Vissi a
Parigi solo poco piu di tre settimane, e in quel periodo di tempo
sfumarono completamente i miei centomila franchi. Parlo solo di
centomila, poiche gli altri centomila li avevo dati a mademoiselle
Blanche in denaro liquido: cinquantamila a Francoforte e, tre
giorni dopo, a Parigi, una cambiale per altre cinquantamila,
cambiale che una settimana dopo lei si fece pagare da me, "et les
cents mille francs qui nous restent tu les mangeras avec moi, mon
outchitel!" (1) Continuava sempre a chiamarmi precettore. E'
difficile immaginarsi in questo mondo una categoria di persone piu
calcolatrici, piu avare e piu spilorce di quella alla quale
apparteneva mademoiselle Blanche. Ma questo per cio che riguarda
il suo denaro. Per cio che riguarda invece i miei centomila
franchi, mi dichiaro in seguito che essi le erano serviti per una
prima sistemazione a Parigi, "cosi ora mi sono messa su un piede
decoroso, una volta per sempre, e ormai per un bel pezzo nessuno
mi buttera piu giu; cosi almeno ho deciso" aggiunse. Del resto,
quei centomila franchi si puo dire che io non li vidi neanche; il
denaro, lo teneva sempre lei e nel mio borsellino, nel quale lei
ogni giorno curiosava, non si accumulavano mai piu di cento
franchi e, quasi sempre, molti di meno.
"Ma via, a che ti serve il denaro?" mi diceva a volte con l'aria
piu innocente del mondo, e io non discutevo. In compenso, con quel
denaro sistemo in modo molto confortevole il suo appartamento e
quando poi mi trasferi nella nuova dimora, mi disse, mostrandomi
le stanze: "Ecco che cosa si puo fare con l'economia e il buon
gusto, sia pure con i mezzi piu miseri".
Quella miseria costava, pero, esattamente cinquantamila franchi!
Con i rimanenti cinquantamila mise su carrozza e cavalli; inoltre
organizzammo due balli, cioe due serate alle quali presero parte
Hortense, Lisette e Cleopatre, donne notevoli sotto molti aspetti
e tutt'altro che brutte. Queste due serate io fui costretto a
sostenere la stupidissima parte del padrone di casa, a ricevere e
a intrattenere alcune goffissime mercantesse, arricchite,
ignoranti e sfrontate fino all'inverosimile, vari tenentini e
miseri scrittorucoli e nullita da rivista che comparivano in frac
alla moda e guanti gialli, con una superbia e una prosopopea cosi
smisurate, che sarebbero state inammissibili persino da noi, a
Pietroburgo; e questo e gia molto. Essi avevano persino l'idea di
farsi beffe di me, ma io mi ubriacai di champagne e andai a
rifugiarmi in una stanza lontana. Tutto questo mi rivoltava al
massimo grado. "C'est un outchitel," diceva di me mademoiselle
Blanche, "il a gagne cent mille francs (2) e senza di me non
saprebbe come spenderli. Dopo fara di nuovo il precettore: non c'e
qualcuno che sappia di un posto? Bisogna fare qualcosa per lui."
Avevo cominciato a ricorrere molto spesso allo champagne perche mi
sentivo sempre oppresso dalla tristezza e mi annoiavo
tremendamente. Vivevo nell'ambiente piu borghese e piu mercantile
che si possa immaginare, dove ogni soldo veniva contato e
misurato. Blanche non aveva nessuna inclinazione per me, nelle due
prime settimane me ne accorsi; in verita, mi mandava vestito
elegantemente e ogni giorno mi annodava lei stessa la cravatta, ma
in cuor suo mi disprezzava sinceramente. A cio non badavo per
niente. Triste e annoiato, avevo preso l'abitudine di andarmene al
Chateau des Fleurs dove ogni sera, regolarmente, mi ubriacavo e
imparavo il can can (che laggiu si balla in maniera indecente), e,
in seguito, acquistai anche una certa notorieta in questo genere.
Infine Blanche imparo a conoscermi: in precedenza, non so come
mai, si era messa in mente che io, durante la nostra convivenza,
le sarei andato dietro con carta e matita in mano, e avrei sempre
fatto i conti di quanto aveva speso e rubacchiato; e,
naturalmente, era convintissima che per ogni dieci franchi ci
sarebbe stata tra noi battaglia. Per ogni mio attacco, da lei
precedentemente immaginato, aveva gia preparato le obiezioni ma,
non vedendo nessun attacco da parte mia, all'inizio si era messa
lei stessa a obiettare. E a volte con molta foga ma, vedendo che
io tacevo- quasi sempre sdraiato sul divano con lo sguardo
immobile, fisso al soffitto - fini con il restare addirittura
stupefatta. Sulle prime penso che io fossi semplicemente uno
sciocco, un "outchitel" e interrompeva senz'altro le sue
spiegazioni pensando probabilmente: "Tanto e uno stupido, e
inutile mettergli la pulce nell'orecchio, se non ci capisce da
se". Succedeva che si allontanasse, ma dopo dieci minuti era gia
di ritorno (questo accadeva nel periodo delle spese piu pazze,
spese assolutamente non adatte alle nostre possibilita: per
esempio, cambio i cavalli e compero per sedicimila franchi una
pariglia).
"Allora, Bibi, non sei arrabbiato?" diceva, avvicinandosi a me.
"No-o-o! Mi secchi!" le rispondevo, spostandola con la mano, ma la
cosa le sembrava cosi strana che subito mi si sedeva vicino.
"Vedi, se mi sono decisa a spendere tanto, e perche si trattava di
un'occasione. Si possono rivendere per ventimila franchi."
"Ci credo, ci credo; sono cavalli bellissimi, e tu hai adesso una
superba pariglia; ti fara comodo, e questo basta."
"Allora non ti arrabbi?"
"Ma perche? Tu agisci saggiamente nel procurarti certe cose che ti
sono indispensabili. Tutto questo ti servira in seguito. Mi rendo
conto che hai realmente bisogno di sistemarti su questo piede;
altrimenti non arriverai al milione. Qui i nostri centomila
franchi sono soltanto un inizio, una goccia nel mare."
Blanche, che meno di ogni altra cosa si aspettava da me simili
ragionamenti, invece di chi sa quali strilli e rimproveri, sembro
cadere dalle nuvole.
"E cosi tu... cosi tu ecco come sei! 'Mais tu as l'esprit pour
comprendre! Sais-tu, mon garcon' (3), benche tu sia 'outchitel'
avresti dovuto nascere principe! Allora non rimpiangi che da noi
il denaro sfumi cosi presto?"
"Ma che sfumi anche piu presto!"
"'Mais... sais-tu... mais dis donc', sei forse ricco? Ma lo sai
che disprezzi un po' troppo il denaro! 'Qu'est ce que tu feras
apres, dis donc? (4)'"