Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )
"Ti vergogni a uscire con me? E allora rimani in casa, nessuno ti
chiede niente. Guarda un po' che generale! Ma sono anch'io una
generalessa. E perche dovrei trascinarmi dietro un simile codazzo?
Andro a visitare tutto con Aleksej Ivanovitch..."
Ma De-Grieux insiste decisamente perche tutti la accompagnassero e
uso le frasi piu cortesi a proposito del piacere di accompagnarla
eccetera eccetera. Tutti si mossero.
"Elle est tombee en enfance," ripete De-Grieux al generale,
"seule, elle fera des betises (1)". Di piu non sentii, ma
evidentemente egli aveva dei progetti e, forse, gli erano
addirittura tornate delle speranze.
Il Casino era lontano un mezzo miglio dall'albergo. La nostra
strada passava per un viale di castagni, fino al piazzale, girato
il quale ci si trovava davanti all'ingresso del Casino. Il
generale si era un po' calmato, poiche il nostro corteo, anche se
discretamente eccentrico, era tuttavia decoroso e corretto. E poi
non c'era niente di sorprendente nel fatto che alle terme fosse
venuta una persona malata e debole, priva dell'uso delle gambe.
Ma, evidentemente, egli temeva il Casino: perche una persona
malata, dalle gambe paralizzate e per di piu vecchia, sarebbe
andata alla roulette? Polina e mademoiselle Blanche camminavano ai
due lati della poltrona che procedeva davanti a tutti.
Mademoiselle Blanche rideva, era allegra ma con discrezione, e a
volte, molto cortesemente, scherzava con la nonna tanto che
questa, alla fine, la elogio. Polina, dall'altro lato della
poltrona, era costretta ogni momento a rispondere alle
innumerevoli domande della nonna, domande di questo genere: "Chi e
quello li che passa? E quella la in carrozza? E' grande la citta?
E' grande il giardino? Che alberi sono questi? E che monti sono
quelli? Ci sono delle aquile qui? Che cos'e quel tetto cosi
buffo?" Mister Astley, che camminava vicino a me, mi sussurro che
da quella mattina si aspettava molte cose. Potapytch e Marfa
seguivano da vicino la poltrona: Potapytch in marsina e cravatta
bianca ma con il berretto, e Marfa, zitella sulla quarantina dalle
guance rosse, ma che cominciava ormai a farsi grigia, in cuffia,
abito di percalle e con un paio di scricchiolanti scarpe di pelle
di capretto. Molto spesso la nonna si girava e scambiava con loro
qualche parola. De-Grieux e il generale erano rimasti un po'
indietro e discutevano con grande foga di non so che cosa. Il
generale era assai abbattuto; De-Grieux parlava in tono deciso.
Magari cercava di fargli coraggio o gli dava qualche consiglio. Ma
la nonna aveva ormai pronunciato la frase fatale: "Denaro non te
ne daro". Forse a De-Grieux questa notizia sembrava incredibile,
ma il generale conosceva bene la vecchia. Io osservai che De-
Grieux e mademoiselle Blanche continuavano a scambiarsi
strizzatine d'occhio. Il principe e il viaggiatore tedesco li vidi
proprio in fondo al viale; erano rimasti indietro e se ne andavano
da un'altra parte.
Al Casino entrammo trionfalmente. Il guardaportone e i camerieri
ci manifestarono la stessa reverenza che gia aveva manifestato il
personale dell'albergo. Ci guardavano, pero, con curiosita. La
nonna, per prima cosa, ordino di portarla in giro per tutte le
sale; lodo alcune cose, di fronte ad altre rimase perfettamente
indifferente; di tutto chiedeva informazioni. Infine entrammo
nelle sale da giuoco. Il cameriere, che stava di guardia vicino
alla porta chiusa, sbalordito, la spalanco immediatamente.
La comparsa della nonna vicino alla roulette produsse una profonda
impressione sul pubblico. Al tavolo da giuoco della roulette e
all'altra estremita della sala dove si trovava il tavolo con il
"trente et quarante", si affollavano forse centocinquanta o
duecento giocatori, in varie file. Quelli che erano riusciti a
farsi strada fino al tavolo, di solito si tenevano ben fermi al
loro posto e non lo cedevano fino a quando non avevano perduto
tutto; poiche non e permesso rimanere come semplici spettatori a
occupare inutilmente un posto di giuoco. Nonostante che intorno al
tavolo siano anche sistemate delle sedie, pochi tra i giocatori si
siedono, specialmente quando c'e molta folla, perche in piedi si
sta piu fitti e di conseguenza si guadagna posto e si possono piu
agevolmente fare le puntate. La seconda e la terza fila si
pigiavano dietro alla prima, aspettando e sorvegliando il loro
turno; ma nell'impazienza a volte allungavano la mano oltre la
prima fila per fare le loro puntate. Perfino dalla terza fila si
ingegnavano cosi ad allungare le puntate; per questo non passavano
dieci e neppure cinque minuti senza che a un'estremita del tavolo
non avvenisse qualche 'storia' per poste controverse. La polizia
del Casino, del resto, e abbastanza indulgente. La ressa, e
naturale, non si puo evitare; anzi si e contenti dell'affollamento
di pubblico perche e una cosa che conviene; ma otto "croupiers"
che siedono attorno al tavolo, tengono attentamente d'occhio le
poste, fanno i conti e, quando nascono controversie, sono loro che
le risolvono. Nei casi estremi chiamano la polizia, e la faccenda
si conclude in un minuto. Gli agenti si trovano nella sala stessa,
in abiti borghesi, confusi tra la gente, per cui non e possibile
riconoscerli. Essi tengono specialmente d'occhio i ladruncoli di
professione che alle roulettes si incontrano in gran numero, per
la straordinaria comodita di esercitare il loro mestiere. Infatti
in qualsiasi altro posto bisogna rubare dalle tasche o forzare le
serrature, cosa che, in caso di insuccesso, finisce sempre in modo
alquanto spiacevole. Qui, invece, basta semplicemente avvicinarsi
alla roulette, cominciare a giocare e poi, a un tratto,
pubblicamente e in modo palese, prendere la vincita di un altro e
mettersela in tasca; se poi nasce qualche lite, il lestofante
insiste a voce alta e decisa che la puntata era la sua. Se la cosa
e fatta con furbizia e i testimoni tentennano, il ladro molto
spesso riesce ad impadronirsi del denaro sempre che, si capisce,
la somma non sia molto notevole. In caso contrario, essa viene
certamente fin da prima notata dai "croupiers" o da qualcuno degli
altri giocatori. Ma se la somma non e molto cospicua, il vero
proprietario a volte rinuncia a proseguire la discussione,
timoroso di uno scandalo e si ritira. Ma se si riesce a
smascherare il ladro, lo si porta subito fuori con grande chiasso.
La nonna guardava tutte queste cose da lontano, con straordinaria
curiosita. Le era molto piaciuto che si mettessero fuori i
ladruncoli. Il "trente et quarante" suscito in lei pochissima
curiosita; la interesso maggiormente la roulette con quella
pallina che rotolava. Espresse, infine, il desiderio di osservare
il gioco piu da vicino. Non so come fu, ma i lacche e alcuni altri
personaggi pieni di zelo (in prevalenza polacchi che hanno perso
tutto e che offrono i loro servigi ai giocatori fortunati e a
tutti gli stranieri) trovarono e liberarono immediatamente un
posto per la nonna nonostante l'affollamento, proprio al centro
del tavolo, vicino al croupier principale e vi spinsero la sua
poltrona. Molti visitatori, che non giocavano, ma che in disparte
osservavano il giuoco (specialmente inglesi con le loro famiglie),
fecero subito ressa intorno al tavolo per poter guardare la nonna
al di sopra delle teste dei giocatori. Molti occhialini vennero
puntati dalla sua parte. I "croupiers" sentirono nascere qualche
speranza: una giocatrice cosi straordinaria pareva promettere
qualcosa di non comune. Una donna di settantacinque anni con le
gambe paralizzate e che aveva voglia di giocare rappresentava
certo un caso fuori del comune. Mi feci anch'io strada tra la
folla e andai a mettermi vicino alla nonna. Potapytch e Marfa
erano rimasti indietro, da una parte, in mezzo alla gente. Il
generale, Polina, De-Grieux e mademoiselle Blanche rimasero pure
loro da parte, tra gli spettatori.
La nonna prima si mise a osservare i giocatori. Mi rivolgeva a
mezza voce brusche, rapide domande: quello chi e? chi e quella? Le
piacque in modo particolare, all'estremita del tavolo, un uomo
molto giovane, che faceva un giuoco molto sostenuto; puntava
migliaia di franchi e ne aveva gia vinti, si sussurrava in giro,
circa quarantamila che gli stavano davanti in mucchi di oro e di
biglietti di banca. Era pallido; gli occhi gli sfavillavano e le
mani gli tremavano; puntava ormai senza nessun calcolo, quello che
la mano riusciva ad afferrare, eppure vinceva, vinceva,
ammucchiava, ammucchiava... I lacche gli si affaccendavano
attorno, gli spingevano sotto la poltrona, gli facevano un po' di
largo perche avesse piu spazio, perche la gente non gli premesse
addosso, e tutto questo in attesa di una ricca ricompensa. Certi
giocatori danno loro a volte una parte della vincita senza nemmeno
contare, ma cosi, per la gioia, quanto con la mano possono
pigliare dalla tasca. Vicino al giovane si era gia sistemato un
polacchino, che si dava da fare in tutti i modi, e in tono
rispettoso, ma senza pausa, gli sussurrava qualcosa, probabilmente
indicandogli come puntare, dando consigli e guidando il gioco e,
si capisce, in attesa anche lui di un regalo! Ma il giocatore
quasi non lo guardava, puntava a casaccio e continuava ad
ammucchiare. Era visibilmente smarrito.
La nonna lo osservo per qualche minuto.
"Digli," esclamo improvvisamente agitandosi e spingendomi, "digli
che la smetta, che prenda al piu presto il denaro e se ne vada.
Perdera, ora perdera tutto!" si affannava, senza quasi piu
respirare per l'agitazione. "Dov'e Potapytch? Mandagli Potapytch!
Ma diglielo, diglielo, dunque!" mi urtava. "Dov'e, insomma,
Potapytch? 'Sortez, sortez!'" comincio quasi a gridare lei stessa
al giovanotto. Mi chinai e le sussurrai in tono deciso che li non
si poteva gridare e che non era permesso neppure alzare un po' la
voce perche questo disturbava i calcoli, e che ci avrebbero
cacciati via.
"Che rabbia! E' un uomo che si perde... ma si vede che e lui che
lo vuole... Non posso piu guardarlo, mi mette in agitazione... Che
babbeo!" e la nonna si giro in fretta dall'altra parte.
La, a sinistra, all'altra meta del tavolo, si notava tra i
giocatori una giovane signora e vicino a lei una specie di nano.
Chi fosse quel nano non so: se un suo parente o se lo tenesse
cosi, per fare colpo. Quella signora l'avevo gia vista prima:
compariva ogni giorno al tavolo da giuoco, all'una del pomeriggio,
e se ne andava alle due in punto: giocava ogni giorno per un'ora.
La conoscevano tutti e si affrettavano a porgerle una poltrona.
Ella tirava fuori di tasca un po' d'oro, qualche banconota da
mille franchi e cominciava a puntare calma, fredda, calcolatrice,
segnando con la matita su un foglio di carta le cifre, e cercando
di trovare un sistema secondo il quale, a un certo punto, si
raggruppavano le possibilita. Puntava somme notevoli. Ogni giorno
vinceva mille, duemila franchi, non mai piu di tremila e, subito
dopo aver vinto, se ne andava. La nonna la osservo a lungo.
"Be', quella non perdera! Quella non perdera! Chi e? Non lo sai?
Di dove viene?"
"E' una francese, dev'essere una di quelle..." sussurrai io. "Ah,
dal volo si conosce l'uccello. Si vede che ha l'unghietta aguzza.
Spiegami adesso che cosa significa ogni giro e come bisogna
puntare."
Le spiegai come potevo che cosa significassero le numerose
combinazioni delle puntate, "rouge et noir", "pair et impair",
"manque et passe" e, infine, le varie sfumature nel sistema dei
numeri; la nonna ascoltava attenta, ricordava, chiedeva di nuovo e
imparava. A ogni sistema di puntata si poteva subito portare un
esempio, cosicche era possibile imparare e ricordare molto
facilmente e in fretta. La nonna rimase molto contenta.
"E che cos'e lo zero? Ecco, quel croupier ricciuto, quello piu
importante, ha gridato ora: zero! E perche ha rastrellato tutto
quanto era sul tavolo? Tutto per se ha preso quel bel mucchio? Che
significa questo?"
"Lo zero, nonna, e il guadagno del banco. Se la pallina cade sullo
zero tutto quello che e stato puntato spetta al banco, senza
calcolo. In verita, si concede ancora un colpo alla pari, ma il
banco non paga niente."
"Ma guarda un po'! E io non ricevo niente?"
"No, nonna, ma se voi prima avete puntato sullo zero, allora, se
esce lo zero, vi pagano trentacinque volte la posta."
"Come? Trentacinque volte? Esce spesso? E perche, allora, questi
tonti non puntano?"
"Ci sono trentasei probabilita contro, nonna."
"Sciocchezze, sciocchezze! Potapytch, Potapytch! Aspetta, ho del
denaro con me, ecco!" Ella tiro fuori dalla tasca un borsellino
molto gonfio e ne prese un federico.
"Tieni, punta subito sullo zero."
"Nonna, lo zero e uscito soltanto adesso," dissi io, "e ora per un
bel po' non uscira. Perderete molto; aspettate almeno un po'..."
"Storie! Punta, ti dico!"
"Permettete, ma forse non uscira piu fino a sera, potreste perdere
anche mille federici: e gia successo."
"Sciocchezze! Sciocchezze! Se hai paura del lupo, non puoi andare
nel bosco. Che? Hai perso? Punta ancora!"
Perdemmo anche il secondo federico e puntammo il terzo. La nonna
stava ferma a fatica al suo posto, divorava con occhi febbrili la
pallina saltellante per le dentellature della ruota che girava.
Perdemmo anche il terzo. La nonna era fuori di se, non riusciva a
stare ferma, batte persino un pugno sul tavolo quando il croupier
proclamo "trente-six" invece dell'atteso zero.
"Guarda un po'!" esclamava infuriata la nonna. "Quando uscira
questo maledetto zeruccio? Voglio morire, se non staro qui ad
aspettare che venga fuori lo zero. E' quel maledetto crupieruccio
dai capelli ricci che fa in modo che non esca mai! Aleksej
Ivanovitch, punta due monete d'oro alla volta! Ne perdi tanti che,
se anche uscira lo zero, non prenderai nulla."
"Nonna!"
"Punta, punta! Non e denaro tuo."
Puntai due federici. La pallina volo a lungo sulla ruota, infine
prese a saltellare sui dentelli. La nonna tratteneva il respiro,
stringendo il mio braccio. A un tratto: tac!
"Zero!" proclamo il croupier.
"Vedi, vedi!" disse la nonna, rivolgendosi verso di me, raggiante
e soddisfatta. "Te lo dicevo, te lo dicevo! E' proprio il Signore
che mi ha suggerito di puntare due marenghi d'oro. E adesso,
quanto ricevero? Perche non pagano? Potapytch, Marfa, dove sono
andati? E i nostri dove si sono cacciati? Potapytch, Potapytch!"
"Nonna, dopo..." le bisbigliai. "Potapytch e vicino alla porta,
qui non lo lasciano venire. Guardate, nonna, vi danno il denaro,
prendetelo!" Gettarono alla nonna un pesante rotolo sigillato in
carta azzurra con cinquanta federici e le contarono ancora venti
federici sciolti. Ammucchiai tutto davanti alla nonna con la
paletta.
"Faites le jeu, messieurs! Faites le jeu, messieurs! Rien ne va
plus (2)" annunciava il croupier, avvertendo di puntare e
preparandosi a far girare la roulette.
"O Signore! Siamo in ritardo! Ora gireranno! Punta, punta!" si
affannava la nonna. "Non perdere tempo, fa' presto..." gridava
quasi fuori di se, urtandomi a tutta forza.
"Ma dove devo puntare, nonna?"
"Sullo zero, sullo zero! Di nuovo sullo zero! Punta il piu
possibile! Quanto abbiamo in tutto? Settanta federici? Non c'e da
rimpiangerli, puntane venti per volta!"
"Tornate in voi, nonna! Magari non esce piu per duecento volte! Vi
assicuro che perderete un capitale!"
"Storie, storie... Punta! Ecco, mi fischiano le orecchie... So
quello che faccio..." replico la nonna, tremando tutta per la
frenesia.
"Secondo il regolamento non e permesso puntare piu di dodici
federici alla volta sullo zero, nonna; ecco, li ho puntati."
"Come, non e permesso? Non mi racconti mica delle storie, vero?
'Mussie! Mussie'" e urto il "croupier" che stava seduto proprio
alla sua sinistra e si preparava a far girare la roulette.
"Combien zero? douze? douze?"
Mi affrettai a spiegargli la domanda in francese.
"Oui, madame" confermo cortesemente il croupier, "cosi pure ogni
singola puntata non deve oltrepassare i quattromila fiorini per
volta: e il regolamento" aggiunse come chiarimento.
"Be', non c'e niente da fare... puntane dodici!"
"Le jeu est fait (3)" grido il croupier. La ruota si mise a girare
e venne fuori il tredici! Avevamo perduto!
"Ancora! Ancora! Punta ancora!" gridava la nonna. Ormai non la
contraddicevo piu e, stringendomi nelle spalle, misi ancora dodici
federici. La ruota giro a lungo. La nonna ne seguiva il moto,
tremando addirittura. "Ma possibile che creda veramente di far di
nuovo zero!" pensai, guardandola con meraviglia. Una risoluta
convinzione di vincere le illuminava il viso, l'attesa sicura che
tra poco avrebbero gridato: zero! La pallina salto in una casella.
"Zero!" annunzio il croupier.
"Cosa?" grido la nonna, rivolgendosi a me in preda a una frenetica
esultanza.
Ero anch'io un giocatore; lo sentii in quel preciso momento. Le
gambe e le braccia mi tremavano, ebbi l'impressione di ricevere
una mazzata sulla testa! Certo era stato un caso raro che in una
decina di volte fosse saltato fuori per tre volte lo zero; ma non
c'era niente di particolarmente straordinario. Ero stato io stesso
testimonio di come due giorni prima lo zero era uscito tre volte
di seguito, e uno dei giocatori che segnava diligentemente su un
foglietto i colpi, aveva osservato, a voce alta, che non piu tardi
del giorno precedente questo stesso zero era capitato una volta
sola nel giro di ventiquattro ore.
Alla nonna, come alla giocatrice che aveva vinto la somma piu
alta, il pagamento fu effettuato con particolare, deferente
attenzione. Le spettavano giusto quattrocentoventi federici
esatti, cioe quattromila fiorini e venti federici. I venti
federici glieli passarono in oro e i quattromila in banconote.
Questa volta la nonna non chiamo Potapytch; era ben diversamente
occupata. Non si agitava neppure e, apparentemente, non tremava.
Essa, se cosi ci si puo esprimere, tremava dentro. Si era
concentrata tutta in un solo pensiero: l'aveva preso di mira!
"Aleksej Ivanovitch! Ha detto che si possono puntare soltanto
quattromila fiorini? Su, prendi, punta questi quattromila sul
rosso!" ordino la nonna.
Era inutile provare a dissuaderla. La ruota si mise a girare.
"Rouge." proclamo il croupier.
Di nuovo una vincita di quattromila fiorini, in tutto, quindi,
otto.
"Quattromila dalli a me e gli altri quattro puntali di nuovo sul
rosso!" ordino la nonna.
Ne puntai altri quattromila.
"Rouge!" proclamo di nuovo il "croupier".
"Dodicimila in tutto! Dammeli. Versa l'oro qui, nel borsellino, e
i biglietti nascondili. E adesso basta. A casa! Spingete indietro
la poltrona!"
NOTE.
1) "Da sola, fara delle sciocchezze."
2) "Puntate, signori, puntate! Basta, non si puo piu puntare!"
3) "Il gioco e fatto!"
11.
La poltrona fu fatta rotolare verso la porta, all'altra estremita
della sala. La nonna era raggiante. Tutti i nostri le si
affollarono intorno congratulandosi con lei. Per quanto eccentrico
fosse il comportamento della nonna, il suo trionfo compensava
molte cose, e il generale stesso non aveva piu timore di
compromettersi in pubblico per i suoi rapporti di parentela con
una donna cosi strana. Con un sorriso indulgente e familiarmente
allegro, come se facesse divertire un bambino, si felicito con
lei. Del resto, come tutti gli altri spettatori, era rimasto
visibilmente colpito. Tutt'intorno la gente parlava e indicava la
vecchia signora. Molti le passavano accanto per osservarla piu da
vicino. Mister Astley, in disparte, parlava di lei con due suoi
conoscenti inglesi, mentre alcune signore spettatrici la
guardavano con solenne perplessita come un prodigio. De-Grieux si
profondeva in sorrisi e in rallegramenti.
"Quelle victoire! (1)" esclamava.
"Mais, madame, c'etait du feu (2)" aggiunse con un sorriso
incantevole mademoiselle Blanche.
"Sissignori, mi ci sono buttata e ho vinto dodicimila fiorini! Ma
che dodici! E l'oro? Con l'oro sono quasi tredicimila. E quant'e
in moneta nostra? Saranno seimila rubli, no?" Risposi che, al
cambio del momento, erano circa settemila e che, magari, si
sarebbe arrivati anche a otto.
"Uno scherzo, ottomila! E voi, citrulli, ve ne state qui senza far
niente! Potapytch, Marfa, avete visto?"
"Matushka, ma come avete fatto? Ottomila rubli..." esclamo Marfa,
agitandosi tutta.
"Prendete, eccovi cinque marenghi per ciascuno..."
Potapytch e Marfa si precipitarono a baciarle la mano.
"Anche ai portatori date un federico. Dagli un marengo d'oro
ciascuno, Aleksej Ivanovitch. Perche questo domestico fa tanti
inchini? E anche quell'altro? Si congratulano? Da' anche un
federico a loro."
"Madame la princesse... un pauvre expatrie... malheur continuel...
les princes russes sont si genereux...(3)" mormorava, girando
attorno alla poltrona, un individuo dal soprabito logoro, il
panciotto variopinto, con i baffi, il berretto a sghimbescio e con
un sorriso strisciante sulle labbra...
"Dagli un federico anche a lui. No, dagliene due... Ma adesso
basta, altrimenti con questa gente non la finiamo piu. Alzatemi,
portatemi via! Praskovja" disse rivolgendosi a Polina
Aleksandrovna, "domani ti comprero un vestito e ne comprero uno
anche a quella mademoiselle... come si chiama?... mademoiselle
Blanche, vero? Traduci quello che ho detto, Praskovja!"
"Merci, madame" rispose mademoiselle Blanche con un grazioso
inchino, atteggiando la bocca a un sorriso canzonatorio scambiato
con il generale e con De-Grieux. Il generale era un po' confuso e
si rallegro moltissimo quando arrivammo al viale.
"E Fedossja? Immagino come ora si meravigliera Fedossja," disse la
nonna, ricordandosi della bambinaia del generale che lei ben
conosceva. "Anche a Fedossja bisognera regalare un abito. Ehi,
Aleksej Ivanovitch, Aleksej Ivanovitch, da' qualcosa a questo
mendicante!"
Per la strada passava uno straccione con la schiena curva, e ci
guardava.
"Quello, forse, non e neppure un mendicante, nonna, ma solo un
poco di buono qualsiasi..."
"Ma su, su... dagli un gulden!"
Mi avvicinai e glielo diedi. Egli mi guardo con una strana
perplessita, tuttavia prese il gulden in silenzio. Puzzava di
vino.
"E tu, Aleksej Ivanovitch, non hai ancora tentato la sorte?"
"No, nonna."
"Eppure ti brillavano gli occhi... l'ho visto."
"Ma in seguito tentero sicuramente, nonna!"
"E punta subito sullo zero! Vedrai... A quanto ammonta il tuo
capitale?"
"Venti federici in tutto, nonna!"
"Poco. Ti imprestero, se vuoi, cinquanta federici. Ecco questo
rotolo, prendilo, ma tu, batjushka, non aspettare, a te non ne
daro!" disse all'improvviso, rivolta al generale.
Questi si senti tutto rimescolare, ma non fiato. De-Grieux fece il
viso scuro.
"Que diable, c'est une terrible vieille! (4)" disse tra i denti al
generale.
"Un mendicante, un mendicante, di nuovo un mendicante!" grido la
nonna. "Aleksej Ivanovitch, da' anche a lui un gulden."
Questa volta c'eravamo imbattuti in un vecchio canuto, con una
gamba di legno, che indossava una specie di soprabito a lunghe
falde di color turchino e aveva un bastone in mano. Sembrava un
vecchio soldato. Ma quando gli porsi un gulden, fece un passo
indietro e mi guardo con aria minacciosa.
"Was ist's der Teufel (5)" grido, aggiungendovi una decina di
insulti.
"Che razza di imbecille!" esclamo la nonna, agitando una mano.
"Portatemi oltre! Mi e venuta fame! Ora si mangera subito, poi mi
riposero un po' e poi di nuovo la!"
"Volete giocare ancora, nonna?" gridai.
"E che cosa credevi? Che se voi state qui a inacidire io debba
restare a guardarvi?"
"Mais, madame..." si avvicino De-Grieux, "les chances peuvent
tourner, une seule mauvaise chance et vous perdrez tout... Surtout
avec votre jeu... c'etait terrible! (6)"
"Vous perdrez absolument (7)" cinguetto mademoiselle Blanche.
"E a voi che importa? Non perdo mica del vostro... perdo del mio!
e dov'e quel mister Astley?" mi chiese.
"E' rimasto al Casino, nonna."
"Peccato; e una persona tanto simpatica!"
Arrivati a casa, la nonna, incontrando sulla scala il capo
cameriere, lo chiamo a se e si vanto della vincita; fece quindi
venire Fedossja, le regalo tre federici e ordino di servire il
pranzo. Fedossja e Marfa, per tutta la durata del pranzo, si
profusero in ringraziamenti davanti a lei.
"Io vi guardavo, matushka," cinguettava Marfa, "e chiedevo a
Potapytch che cosa mai voleva fare la madre nostra. E sul tavolo
quanto denaro, quanto denaro. Santi benedetti! In tutta la vita
non avevo mai visto tanto denaro, e li intorno erano seduti
soltanto signori. Di dove vengono, chiesi a Potapytch, tutti
questi signori? E pensavo: 'Aiutala tu, santa Madre di Dio!'
Pregavo per voi, matushka, mi sentivo mancare il cuore, ecco...
mancare il cuore e tremavo, tremavo tutta! 'Signore, aiutala!'
pregavo, e il Signore, ecco, vi ha aiutata! E ancora adesso,
matushka, come tremo, come tremo tutta..."
"Aleksej Ivanovitch, dopo pranzo, verso le quattro, preparati,
andremo. E adesso, intanto, addio, e non dimenticarti di mandarmi
a chiamare un dottorucolo qualsiasi: bisogna pur bere anche le
acque. Se no, magari me ne dimentico."
Lasciai la nonna quasi inebetito. Cercavo di immaginare quello che
sarebbe successo di tutti i nostri e quale piega avrebbe preso la
faccenda. Vedevo chiaramente che loro (il generale soprattutto)
non erano ancora riusciti a riprendersi neanche dalla prima
impressione. Il fatto della comparsa della nonna invece del
telegramma che annunciasse la sua morte, aspettato da un'ora
all'altra (e quindi anche dell'eredita), aveva tanto scombussolato
tutto il sistema dei loro propositi e delle decisioni prese che
essi, con autentica perplessita e con una specie di sbalordimento
che si era abbattuto su tutti, pensavano alle prossime gesta della
nonna alla roulette. E intanto questo secondo avvenimento non era
meno importante del primo perche, nonostante la nonna avesse per
ben due volte dichiarato che non avrebbe dato denaro al generale,
tuttavia, chi sa, non si doveva ancora perdere completamente la
speranza. E non la perdeva De-Grieux, interessato in tutte le
faccende del generale. Io ero convinto che neppure mademoiselle
Blanche, anche lei molto interessata (e sfido io! Si trattava di
diventare generalessa e di una cospicua eredita!), non avrebbe
perso le speranze e avrebbe usato tutta la seduzione delle sue
moine con la nonna, in contrasto con quella ostinata e fiera
Polina, incapace di essere affettuosa con chiunque. Ma adesso,
adesso che la nonna aveva compiuto simili gesta alla roulette,
adesso che la personalita della vecchia si era rivelata loro in
modo cosi tipico ed evidente (una vecchia bisbetica, ambiziosa e
"tombee en enfance"), adesso, si, forse tutto era perduto;
contenta come un bambino di aver trovato qualcosa su cui gettarsi
e per cui darsi da fare, si sarebbe rovinata. Mio Dio, pensavo
(perdonami, Signore), con il piu maligno dei miei sorrisi, ogni
federico che la nonna ha puntato poco fa e stata una ferita nel
cuore del generale, ha mandato in bestia De-Grieux e ha fatto
infuriare mademoiselle de Cominges, che si vedeva passare davanti
alla bocca il cucchiaio pieno. Ed ecco un'altra circostanza: anche
dopo la vincita, quando la nonna per la gioia distribuiva denaro a
tutti e scambiava ogni passante per un mendicante, anche in quei
momenti le era sfuggito contro il generale: "Ma a te, del resto,
denaro, non ne daro!" Questo significava che si era fissata su
quel pensiero, che vi si era intestardita e l'aveva giurato a se
stessa; era molto, molto pericoloso!
Queste considerazioni passavano per la mia testa mentre salivo
dall'appartamento della nonna, per lo scalone, all'ultimo piano
dov'era la mia cameretta. Tutto cio occupava vivamente il mio
pensiero; sebbene, com'e logico, potessi gia prima indovinare
quali erano i fili piu evidenti e importanti che legavano davanti
a me gli attori, tuttavia non conoscevo in modo definitivo le
pieghe e i segreti del gioco. Polina non era mai stata con me
pienamente fiduciosa. Se pure capitava, a dire il vero, che a
volte mi aprisse quasi involontariamente il suo cuore, avevo
osservato che spesso, anzi quasi sempre, dopo queste confidenze, o
volgeva in riso tutto quello che era stato detto, o lo
ingarbugliava e, con intenzione, dava a tutto un falso aspetto.
Oh, molte cose lei nascondeva! In ogni caso io sentivo che stava
avvicinandosi il finale di quella situazione tesa e misteriosa.
Ancora un altro colpo, e tutto si sarebbe concluso e chiarito.
Della mia sorte, benche interessato com'ero a tutto questo, non mi
preoccupavo quasi per niente. Che strano stato d'animo il mio: in
tasca ho venti federici, sono lontano, in un paese straniero,
senza un posto e senza mezzi di sostentamento, senza speranze,
senza progetti e non me ne preoccupo! Se non fosse il pensiero di
Polina, mi abbandonerei del tutto al prossimo, comico
scioglimento, e ci riderei su di gusto. Ma Polina mi turba; la sua
sorte si sta decidendo, questo l'ho preavvertito ma, lo confesso,
non e affatto la sua sorte che mi inquieta. Ho voglia di penetrare
i suoi segreti, vorrei che lei venisse da me a dirmi: "Ma io ti
amo!" e se no, se questa follia non e neppure pensabile, allora...
che cosa mai mi resta da desiderare? So forse io quello che
desidero? Sono io stesso come smarrito; vorrei soltanto essere
vicino a lei, nella sua aureola, nella sua luce, in eterno, per
sempre, per tutta la vita. Oltre a questo, non so niente! Ma posso
forse allontanarmi da lei?
Al terzo piano, nel loro corridoio, sentii come un urto. Mi voltai
e, a venti passi o poco piu, vidi Polina che usciva da una porta.
Sembrava che mi avesse aspettato e spiato; subito mi chiamo a se.
"Polina Aleksandrovna!"
"Piu piano!" mormoro.
"Figuratevi," le dissi in un bisbiglio, "che poco fa ho sentito
come un urto al fianco... Mi volto... e vedo voi! come se da voi
emanasse un fluido elettrico!"
"Prendete questa lettera!" disse Polina con fare preoccupato e con
il viso accigliato, certamente senza avere sentito quello che le
avevo detto, "e consegnatela personalmente a mister Astley,
subito. Il piu presto possibile, vi prego. Non serve risposta. Lui
stesso..."
Non fini la frase.
"A mister Astley?" chiesi con stupore.
Ma Polina era gia scomparsa dietro la porta.
"Ah! Sono dunque in corrispondenza!" pensai. Corsi subito a
cercare mister Astley prima nel suo albergo, dove non lo trovai,
poi al Casino dove percorsi invano tutte le sale, infine, stizzito
e quasi in preda alla disperazione, lo incontrai, mentre
rientravo, a cavallo tra un gruppo di signori e dame inglesi. Lo
chiamai con un cenno, egli si fermo, e io gli consegnai la
lettera. Non facemmo in tempo nemmeno a scambiarci un'occhiata. Ma
io sospetto che mister Astley abbia a bella posta prontamente
fatto partire il cavallo.
Mi tormentava forse la gelosia? Ma io ero in uno stato d'animo
abbattutissimo. Non volevo neppure sapere che cosa si scrivessero.
Dunque, era il suo uomo di fiducia! "Amico, certo, lo e" pensavo,
"questo e evidente (ma quando ha fatto in tempo a diventarlo?), ma
c'e poi amore, li? Certo che no", mi sussurrava la ragione. Ma si
sa che in simili casi la ragione da sola non basta. In ogni caso
c'era da chiarire anche questo. La faccenda andava complicandosi
spiacevolmente.
Non ebbi tempo di entrare nell'albergo che il portiere e il capo
cameriere, uscito dalla sua stanza, mi avvertirono che mi
cercavano e che gia ben tre volte avevano mandato a chiedere
dov'ero; e mi si pregava di andare al piu presto nell'appartamento
del generale. Ero di pessimo umore. Nello studio del generale
trovai, oltre a lui, naturalmente De-Grieux e mademoiselle
Blanche, sola, senza la madre. La madre era decisamente una
comparsa che si usava soltanto per figura; ma quando si trattava
di un affare vero e proprio, allora mademoiselle Blanche agiva da
sola. E chi sa poi se quell'altra sapeva qualcosa degli affari
della sua sedicente figliola!
Essi, i tre, discutevano con calore su non so che cosa, e persino
la porta dello studio era stata chiusa, il che non succedeva mai.
Avvicinandomi alla porta, sentii delle voci concitate: la parlata
insolente e maligna di De-Grieux, le grida insultanti e furibonde
di Blanche e la voce piagnucolosa del generale, che evidentemente
si giustificava di qualche accusa. Al mio apparire tutti e tre
sembrarono frenarsi e assumere un contegno diverso. De-Grieux si
liscio i capelli e muto il viso irato in un viso sorridente, di
quel brutto sorriso francese, ufficialmente amabile, che io odio
tanto. Il generale, abbattuto e smarrito, cerco di assumere un
aspetto dignitoso, ma come meccanicamente. La sola mademoiselle
Blanche non aveva quasi mutato il suo aspetto che sprizzava sdegno
e si limito a tacere, puntando su di me uno sguardo di impaziente
attesa. Notero che lei si era, fino a quel momento, comportata con
me con una noncuranza inverosimile all'eccesso, non rispondendo
addirittura ai miei saluti: semplicemente non mi notava.
"Aleksej Ivanovitch" comincio a dire il generale in tono di
affettuoso rimprovero, "permettetemi di farvi osservare che e
strana, straordinariamente strana... in una parola, la vostra
condotta verso di me e la mia famiglia... in una parola e
straordinariamente strana!"
"Eh! ce n'est pas ca! (8)" interruppe De-Grieux in tono di stizza
e di disprezzo. (Decisamente egli dirigeva tutto!) "Mon cher
monsieur, notre cher general se trompe (9), assumendo un simile
tono" (continuo il suo discorso in russo) "ma egli voleva dirvi...
cioe avvertirvi o, meglio ancora, pregarvi vivamente di non
rovinarlo... si, di non rovinarlo! Uso proprio
quest'espressione..."
"Ma in che modo, in che modo?" lo interruppi.
"Scusate, voi vi incaricate di far da guida (o come dovrei dire?)
a quella vecchia, cette pauvre, terrible vieille," continuo De-
Grieux confondendosi anche lui, "ma quella perdera tutto, si
rovinera completamente! Avete visto anche voi, siete stato
spettatore del suo modo di giocare! Se comincera a perdere, non si
allontanera piu da quel tavolo per ostinazione, per rabbia, e
giochera tutto, giochera tutto... e in simili casi non e piu
possibile rifarsi, e allora... allora..."
"E allora," intervenne il generale, "allora voi avrete rovinato
tutta la famiglia! Io e la mia famiglia siamo i suoi eredi; non ha
parenti piu stretti. Vi diro francamente: i miei affari sono
malandati, molto malandati. Voi stesso in parte lo sapete... Se
lei perdera una somma considerevole, o magari anche tutto il suo
patrimonio (oh Dio!), che sara allora di noi, dei miei bambini?"
Il generale si giro a guardare De-Grieux. "E di me!" (A questo
punto diede un'occhiata a mademoiselle Blanche che con aria
sprezzante si giro dall'altra parte.) "Aleksej Ivanovitch,
salvateci, salvateci!"
"Ma come, generale, come posso... Che cosa conto io, qui?"
"Rifiutate, rifiutate di accompagnarla!"
"E allora trovera un altro!" esclamai io.
"Ce n'est pas ca, ce n'est pas ca" interruppe di nuovo De-Grieux,
"que diable! No, non lasciatela, ma almeno consigliatela,
esortatela, distraetela... E, infine, non permettete che perda
troppo, cercate di allontanarla in qualche modo..."
"Ma come faro? Se ve ne incaricaste voi, monsieur De-Grieux" lo
interruppi con l'aria piu ingenua possibile.
A questo punto notai uno sguardo rapido, infuocato e interrogativo
di mademoiselle Blanche a De-Grieux. Sul viso di De-Grieux baleno
qualcosa di sincero che egli non era riuscito a nascondere.
"Ma il fatto e proprio questo, che lei adesso non mi vorrebbe!"
grido gesticolando De-Grieux. "Se... poi..."
De-Grieux lancio un rapido e significativo sguardo a mademoiselle
Blanche.
"O mon cher monsieur Alexis, soyez si bon...(10)" disse con un
affascinante sorriso mademoiselle Blanche in persona, facendo un
passo verso di me, afferrandomi entrambe le mani e stringendomele
forte. Il diavolo mi porti! Quel viso diabolico sapeva
trasformarsi in un attimo. In quell'istante esso prese
un'espressione supplichevole dolcissima, infantilmente sorridente
e persino birichina; verso la fine della frase essa mi strizzo
furbescamente un occhio, di nascosto a tutti; voleva forse
confondermi in un colpo solo? E la cosa non le riusci neppure
male, a parte il fatto che era tremendamente volgare.
Dopo di lei, salto su il generale, proprio salto su:
"Aleksej Ivanovitch, perdonate se poco fa ho cominciato a parlare
cosi con voi... ma non volevo affatto dire quello... Io vi prego,
vi supplico, mi inchino davanti a voi, alla russa: voi solo, voi
solo potete salvarci! Io e mademoiselle de Cominges vi
supplichiamo... voi capite, vero, voi capite?" implorava,
indicandomi con lo sguardo mademoiselle Blanche. Faceva veramente
pena.
In quel momento risuonarono tre colpi leggeri e rispettosi alla
porta; fu aperto; aveva bussato il cameriere del piano e dietro di
lui, a qualche passo, stava Potapytch. Li aveva mandati la nonna,
con l'ordine di trovarmi e farmi andare immediatamente da lei; "E'
arrabbiata" comincio Potapytch.
"Ma sono soltanto le tre e mezzo!"