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Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )

A pranzo ero di nuovo in uno stato d'animo eccitato,  proprio come
    tre giorni prima.  Il francese e mademoiselle  Blanche  pranzavano
    con  noi.  Risulto  che  mademoiselle  Blanche  si  era trovata la
    mattina nelle sale da giuoco e aveva  assistito  alle  mie  gesta.
    Questa  volta  si  mise  a  parlare  con  me  con  un  po'  piu di
    attenzione,  mentre  il  francese,   piu  sbrigativo,   mi  chiese
    semplicemente  se avevo perduto del denaro proprio mio.  Mi sembra
    che egli sospetti di Polina. Insomma,  qui c'e sotto qualcosa.  Io
    mentii subito e dissi che era denaro mio.
    Il  generale era oltremodo stupito: dove avevo preso tanto denaro?
    Gli spiegai che avevo cominciato con dieci  federici,  che  sei  o
    sette colpi consecutivi mi avevano portato, raddoppiando sempre, a
    cinque  o  seimila  gulden  e  che  poi in due colpi avevo perduto
    tutto.
    Tutto questo,  naturalmente,  era verosimile.  Mentre davo  queste
    spiegazioni,  guardai Polina, ma niente potei capire dal suo viso.
    Tuttavia mi aveva lasciato mentire e  non  mi  aveva  ripreso;  da
    questo dedussi che dovevo proprio mentire e nascondere che giocavo
    per  lei.  In  ogni  caso,  mi  dicevo,  e in obbligo di darmi una
    spiegazione e prima mi ha promesso di rivelarmi qualche cosa.
    Credevo che il generale mi avrebbe fatto qualche osservazione,  ma
    rimase  zitto;  pero  notai  sul suo viso segni di agitazione e di
    inquietudine. Puo darsi che,  data la sua situazione critica,  gli
    fosse  semplicemente  penoso  sentire  che  un  cosi  rispettabile
    mucchietto d'oro fosse capitato e sfuggito in un quarto d'ora a un
    imbecille come me.
    Sospetto che ieri sera tra lui  e  il  francese  sia  avvenuto  un
    colloquio molto animato.  Essi hanno parlato a lungo e con foga di
    non so che cosa,  dopo aver chiuso a chiave la porta.  Il francese
    se  ne  ando con aria irritata,  e stamattina presto e tornato dal
    generale per continuare il colloquio di ieri.
    Dopo aver sentito della mia perdita, il francese, in tono caustico
    e persino astioso,  mi fece osservare  che  bisognava  essere  piu
    giudiziosi.  Non  so  perche abbia soggiunto che,  sebbene i russi
    giochino molto,  tuttavia,  secondo la  sua  opinione,  non  sanno
    neanche giocare.
    "Invece,  secondo  me,  la  roulette e fatta soltanto per i russi"
    ribattei io e, quando il francese sorrise sprezzantemente a questo
    mio giudizio, gli feci osservare che la verita era certo dalla mia
    parte poiche,  parlando dei russi come di giocatori,  li criticavo
    molto piu di quanto non li lodassi e che,  per conseguenza,  mi si
    poteva credere.
    "Su che cosa basate la vostra opinione?" mi chiese il francese.
    "Sul fatto che  nel  catechismo  delle  virtu  e  dei  meriti  del
    civilissimo uomo occidentale e entrata storicamente, e quasi sotto
    l'aspetto di caposaldo, la capacita di procurarsi capitali. Invece
    il  russo non solo non e capace di procurarsi dei capitali,  ma li
    sperpera a  casaccio,  in  maniera  scandalosa.  Nonostante  cio,"
    aggiunsi,  "anche  a  noi  russi  il  denaro  e  necessario  e  di
    conseguenza ci piace molto e ci sentiamo portati verso quei mezzi,
    come per esempio la roulette,  che ci permettono di arricchire  di
    colpo,  in due ore, senza alcuna fatica! Questo ci attrae molto e,
    poiche  giochiamo  senza  riflettere  e   senza   faticare,   cosi
    perdiamo!"
    "Questo in parte e giusto!" osservo il francese, soddisfatto.
    "No,  e  ingiusto,  e  dovreste vergognarvi di esprimervi cosi sul
    conto della vostra patria" ribatte con aria severa e autorevole il
    generale.
    "Ma scusate" gli  risposi,  "non  so  davvero  che  cosa  sia  piu
    disgustoso:  se  l'irregolatezza  dei russi o il metodo tedesco di
    accumulare denaro con un onesto lavoro."
    "Che idea assurda!" esclamo il generale.
    "Che idea russa!" esclamo il  francese.  Io  ridevo  e  avevo  una
    voglia terribile di attaccar lite.
    "Io  preferirei  trascorrere tutta la vita in una tenda kirghisa,"
    esclamai, "piuttosto che inchinarmi all'idolo tedesco."
    "Quale idolo?" grido il generale,  incominciando a infuriarsi  sul
    serio.
    "Il metodo tedesco di ammucchiare ricchezze. Non sono qui da molto
    tempo, pero quello che ho gia avuto modo di vedere e di costatare,
    rivolta  il  mio  sangue tartaro.  Giuro che non voglio virtu come
    queste!  Ieri sono riuscito a fare nei dintorni un giro  di  forse
    dieci miglia.  Ebbene, e precisamente come si legge nei libriccini
    moralisti tedeschi illustrati; ovunque,  in ogni casa,  c'e il suo
    'Vater'   (1),   straordinariamente  virtuoso  ed  eccezionalmente
    onesto.  Cosi onesto che fa paura  avvicinarglisi.  Io  non  posso
    soffrire  gli  uomini  onesti  che fa paura avvicinare.  Ognuno di
    questi 'Vater' ha la propria famiglia,  e la sera leggono tutti ad
    alta voce dei libri istruttivi.  Sopra la casetta stormiscono olmi
    e castagni.  Il sole tramonta,  c'e la cicogna sul tetto e tutto e
    insolitamente   poetico  e  commovente...   Voi,   generale,   non
    irritatevi,  ma permettetemi di raccontare le cose in  maniera  un
    po'  patetica...  Io  stesso  mi ricordo che mio padre buon'anima,
    sotto i tigli del giardinetto, leggeva anche lui alla sera, a me e
    a mia madre,  libri di quel genere...  Posso quindi  giudicare  di
    queste  cose  con  cognizione di causa.  Ebbene,  ognuna di queste
    famiglie,  qui,  e completamente sottomessa e schiava  del  padre.
    Tutti  lavorano  come  bestie,  e  tutti  ammucchiano  denaro come
    giudei. Mettiamo che il 'Vater' abbia gia messo da parte una certa
    quantita di 'gulden' e punti sul figlio maggiore per trasmettergli
    il mestiere o il  campicello;  per  questo  non  danno  dote  alla
    figlia,  e lei resta zitella.  Sempre per questo vendono il figlio
    minore come servo o lo mandano a fare  il  soldato,  e  aggiungono
    questo denaro al capitale di famiglia. Davvero, qui si fa cosi: mi
    sono informato.  Tutto questo si fa unicamente per onesta,  per un
    sentimento eccessivo di onesta,  al  punto  che  anche  il  figlio
    minore,  venduto,  crede  di  non  essere stato venduto se non per
    onesta;  e questo e proprio l'ideale,  quando la vittima stessa  e
    contenta di essere portata al sacrificio.  E poi?  Poi succede che
    neppure per il figlio maggiore le cose  vanno  bene:  lui  ha  una
    certa  Amalchen  alla  quale e unito con il cuore,  ma che non puo
    sposare  perche  non  sono  ancora  stati   ammucchiati   'gulden'
    sufficienti. E allora pure loro aspettano onestamente e si avviano
    anch'essi al sacrificio con il sorriso sulle labbra.  E intanto le
    guance di Amalchen si sono incavate e sono avvizzite.  Finalmente,
    dopo quasi vent'anni,  il patrimonio si e accresciuto e i 'gulden'
    sono stati ammucchiati in modo leale e onesto. Il 'Vater' benedice
    l'ormai quarantenne figlio maggiore e la trentacinquenne  Amalchen
    dal seno flaccido e dal naso rosso...  E allora il 'Vater' piange,
    fa la morale e  passa  a  miglior  vita.  Il  figlio  maggiore  si
    trasforma  a  sua  volta  in  un  virtuoso 'Vater' e ricomincia la
    stessa storia.  Dopo una cinquantina o una sessantina di anni,  il
    nipote  del  primo  'Vater'  realizza  effettivamente  un notevole
    capitale  e  lo  trasmette  al  proprio  figlio,  questo  al  suo,
    quest'altro al suo e,  dopo cinque o sei generazioni,  viene fuori
    il barone Rotschild in persona oppure Hoppe e Co.  o il diavolo sa
    chi.  Ebbene, signori, non e forse uno spettacolo meraviglioso? La
    fatica  di  un  secolo  o  di  due  secoli,   di  generazione   in
    generazione:   pazienza,   ingegno,   onesta,   dirittura  morale,
    carattere,  fermezza,  calcolo,  cicogna sul tetto!  Che volete di
    piu?  Niente e piu sublime di questo, ed e proprio da questo punto
    di vista che costoro iniziano a giudicare  il  mondo  intero  e  a
    condannare a morte i colpevoli,  cioe quelli che appena appena non
    somigliano a loro. Ebbene, signori,  ecco dunque di che si tratta:
    io  preferisco debosciarmi alla russa o arricchirmi alla roulette.
    Non voglio essere Hoppe e Co.  tra cinque  generazioni.  A  me  il
    denaro e necessario per me stesso,  e non considero me stesso come
    un indispensabile accessorio al capitale.  So  di  aver  detto  un
    mucchio di spropositi, ma e cosi. Queste sono le mie convinzioni."
    "Non  so  se  ci  sia  molto  di  vero in quello che avete detto,"
    osservo pensieroso il generale, "ma so con certezza che cominciate
    a fare lo spiritoso in maniera insopportabile,  non appena  vi  si
    permette di uscire un pochino dai limiti..."
    Ma,  come  sempre,  non  completo la frase.  Se il nostro generale
    cominciava a parlare di qualche cosa  che  fosse  un  tantino  piu
    serio dei soliti discorsi di ogni giorno non finiva mai di dire il
    suo pensiero.  Il francese ascoltava con noncuranza, con gli occhi
    spalancati.  Non aveva capito quasi niente di cio che avevo detto.
    Polina  mi  guardava con suprema indifferenza.  Sembrava che,  non
    soltanto non avesse sentito me, ma neppure una parola di quanto si
    era detto a tavola.


    NOTE.
    1) Padre.















    5.

    Era insolitamente pensierosa ma,  non appena ci alzammo da tavola,
    mi  chiese di accompagnarla a fare una passeggiata.  Prendemmo con
    noi i bambini e ci avviammo nel parco, verso la fontana.
    Poiche mi trovavo in uno  stato  di  particolare  eccitazione,  le
    lanciai  in  modo  stupido e brusco la domanda: come mai il nostro
    marchese De-Grieux,  il francesino,  adesso non  soltanto  non  la
    accompagnava,  quando  lei andava da qualche parte,  ma nemmeno le
    rivolgeva la parola per giornate intere?
    "Perche e un vigliacco" mi  rispose  stranamente.  Non  avevo  mai
    sentito  da lei un simile giudizio su De-Grieux e tacqui,  temendo
    di comprendere la ragione della sua irritabilita.
    "Avete notato che oggi non va d'accordo con il generale?"
    "Voi volete sapere di che si tratta?" mi rispose in tono  asciutto
    e  seccato.  "Sapete  che  il  generale  ha tutto il suo ipotecato
    presso di lui, tutta la proprieta, e che,  se la nonna non morira,
    il  francese entrera immediatamente in possesso di tutto cio che e
    sotto ipoteca."
    "Ah, e dunque proprio vero che tutto e ipotecato?  L'avevo sentito
    dire, ma non sapevo che si trattasse proprio di tutto."
    "E come no?"
    "E  allora  addio,  mademoiselle  Blanche!" osservai.  "Allora non
    diventera generalessa!  Sapete?  Mi sembra  che  il  generale  sia
    innamorato al punto da arrivare magari a uccidersi se mademoiselle
    Blanche   lo   dovesse   piantare.   Alla  sua  eta  e  pericoloso
    innamorarsi."
    "Sono anch'io del  parere  che  gli  succedera  qualcosa"  osservo
    Polina Aleksandrovna, pensierosa.
    "Magnifico!" gridai io. "Non si potrebbe dimostrare in maniera piu
    brutale  che  lei  acconsentiva  a  sposarlo  solo  per il denaro.
    Neanche le convenienze  sono  state  salvate,  tutto  fatto  senza
    cerimonie.  E' straordinario! E, a proposito della nonna, che cosa
    ci puo essere di piu comico e di piu ripugnante che il mandare  un
    telegramma dietro l'altro per domandare se e morta o no?  Eh?  Che
    ve ne sembra, Polina Aleksandrovna?"
    "Tutte  queste  sono   sciocchezze"   mi   disse   con   disgusto,
    interrompendomi.  "Io, invece, mi meraviglio che voi siate in cosi
    allegra disposizione di spirito. Perche siete cosi contento? Forse
    perche avete perduto il mio denaro?"
    "Perche me l'avete dato da perdere?  Ve lo  avevo  detto  che  non
    posso giocare per gli altri, e tanto meno per voi. Io vi obbedisco
    in  qualsiasi  cosa mi comandiate,  ma il risultato non dipende da
    me.  Vi avevo preavvertita che non ne sarebbe venuto fuori  niente
    di  buono.  Ditemi,  siete  molto  abbattuta  per aver perso tanto
    denaro? Perche ve ne serve tanto?"
    "A che scopo queste domande?"
    "Voi stessa mi avevate promesso una spiegazione...  Ascoltate:  io
    sono  perfettamente convinto che quando comincero a giocare per me
    (e ho dodici  federici)  vincero.  Allora  quello  che  vi  serve,
    prendetelo da me."
    Ella fece una smorfia sprezzante.
    "Non andate in collera" continuai,  "per questa mia proposta. Sono
    tanto consapevole di essere ai vostri occhi una nullita che potete
    benissimo prendere da me del denaro.  Non potete offendervi per un
    mio regalo. Per di piu, io ho perduto il vostro."
    Mi  diede una rapida occhiata e,  accortasi che io parlavo in tono
    irritato e sarcastico, di nuovo mi interruppe:
    "Non c'e niente che possa  interessarvi  nelle  mie  faccende.  Se
    volete saperlo,  ho semplicemente un debito. Ho preso del denaro a
    prestito e vorrei restituirlo. Avevo la pazzesca e strana idea che
    avrei senz'altro vinto qui, al tavolo da giuoco.  Non capisco come
    mai  avessi quest'idea,  ma ci credevo.  Chi sa,  forse ci credevo
    perche non mi restava nessun'altra possibilita di scelta".
    "Oppure  perche  avevate   troppa   necessita   di   vincere.   E'
    precisamente  come  quando  chi  sta per annegare si afferra a una
    pagliuzza.  Converrete anche voi che,  se non stesse per annegare,
    non scambierebbe una pagliuzza per un ramo di albero..."
    Polina si stupi.
    "E  come  mai" domando,  "avete anche voi la stessa speranza?  Due
    settimane fa voi stesso mi avete parlato un giorno molto a  lungo,
    della vostra assoluta convinzione di vincere, qui, alla roulette e
    volevate  persuadermi  a non considerarvi come un pazzo;  o allora
    scherzavate?  Ma ricordo che parlavate cosi seriamente che non era
    possibile prendere le vostre parole come uno scherzo."
    "Questo e vero" risposi soprappensiero. "Sono ancora oggi convinto
    che vincero.  E vi confesso anche che voi, ora, mi avete indotto a
    pormi questa domanda: perche mai la mia perdita di oggi, stupida e
    assurda,  non ha lasciato in me  nessun  dubbio?  Io  sono  ancora
    convinto  che,  non  appena  comincero  a giocare per me,  vincero
    certamente."
    "Perche siete tanto convinto?"
    "A dire il vero,  non lo so.  So  soltanto  che  ho  necessita  di
    vincere  e  che  anche per me e questa l'unica via d'uscita.  Ecco
    perche mi sembra di dover sicuramente vincere."
    "Ne avete  dunque  anche  voi  estrema  necessita  se  siete  cosi
    fanaticamente sicuro?"
    "Scommetto che mettete in dubbio che io sia in condizione di avere
    una seria necessita."
    "Per me e proprio lo stesso" rispose Polina, calma e indifferente.
    "Se volete saperlo,  ebbene,  si,  dubito che possiate tormentarvi
    per qualcosa di serio.  Potete  tormentarvi,  ma  non  seriamente.
    Siete un uomo disordinato e incerto. Per che cosa avete bisogno di
    denaro?  Tra  tutte  le ragioni che mi avevate esposto,  non ne ho
    trovata nessuna abbastanza seria."
    "A proposito," la interruppi,  "avete detto che dovete  pagare  un
    debito, dunque! Forse al francese?"
    "Che domande sono queste? Oggi siete particolarmente rude. Sareste
    per caso ubriaco?"
    "Voi  sapete  che  io  mi  permetto di parlare e di fare domande a
    volte molto sincere.  Lo ripeto,  sono il  vostro  schiavo:  degli
    schiavi  non  si ha vergogna e quello che dice uno schiavo non puo
    offendere."
    "Tutte sciocchezze!  Non posso soffrire questa vostra teoria della
    schiavitu!"
    "Badate  che  io  non vi parlo della mia schiavitu perche desidero
    essere vostro schiavo,  ma ne parlo semplicemente come di un fatto
    che non dipende assolutamente da me."
    "Ditemi francamente: perche vi occorre denaro?"
    "E a voi perche occorre saperlo?"
    "Come volete" rispose lei, e alzo alteramente il capo.
    "Non  potete  soffrire la 'teoria della schiavitu',  ma esigete la
    schiavitu: 'rispondere e non discutere!'  E  sta  bene,  sia  pure
    cosi!  A che scopo mi serve il denaro,  mi chiedete?  Come,  a che
    scopo? Il denaro e tutto!"
    "Capisco,  ma non bisogna,  per questo desiderio,  ridursi  in  un
    simile stato di pazzia! Perche anche voi arrivate all'esaltazione,
    al fanatismo... Qui sotto c'e qualcosa, c'e uno scopo particolare.
    Parlate senza tanti giri di parole, lo voglio!"
    Sembrava  che  cominciasse a irritarsi,  e a me piaceva moltissimo
    che mi interrogasse con tanta foga.
    "Si capisce che c'e uno scopo," dissi io, "ma non saprei spiegarvi
    quale.  Forse nient'altro che questo: con il denaro diventero  per
    voi un altro uomo, e non uno schiavo."
    "Come? Come otterrete questo?"
    "Come l'otterro?  Come, non capite nemmeno come potro ottenere che
    non mi consideriate uno schiavo? Ecco quello che non voglio, tutti
    questi stupori e queste perplessita."
    "Avete detto che questa schiavitu e per voi una gioia. E io stessa
    pensavo che fosse cosi."
    "Pensavate cosi!" esclamai con una strana soddisfazione. "Ah com'e
    bella tanta ingenuita da parte vostra! Si, si, la schiavitu che mi
    viene da voi e per me una gioia.  Ci puo essere  una  gioia  anche
    nell'estremo    grado   dell'avvilimento   e   dell'annullamento!"
    continuai come in delirio.  "Lo sa il diavolo...  forse una  gioia
    c'e  anche  nello  scudiscio  quando  vi  colpisce  e  vi  strappa
    brandelli di carne...  Ma puo darsi che io  voglia  provare  anche
    altri  godimenti.  Poco  fa,  a  tavola,  in  vostra presenza,  il
    generale mi ha fatto una predica per  quei  settecento  rubli  che
    magari  non  mi  dara  neppure.  Il  marchese  De-Grieux mi guarda
    dall'alto in basso  inarcando  le  sopracciglia  e,  nello  stesso
    tempo,  non si accorge di me.  E io,  per parte mia,  ho quasi una
    voglia pazza di prendere per il naso il marchese De-Grieux davanti
    a voi!"
    "Discorsi da bambino!  In ogni situazione ci si puo comportare con
    dignita. Se c'e lotta, essa ci innalza e non ci abbassa."
    "Parole modello!  Basta che voi supponiate che io,  forse,  non so
    comportarmi con dignita. Cioe,  io sono magari un uomo degnissimo,
    ma  non  so  comportarmi  con  dignita.   Capite  che  questo  puo
    succedere? Ma tutti i russi sono cosi,  e sapete perche?  Perche i
    russi  sono  troppo  variamente  e  riccamente  dotati per potersi
    trovare con facilita una forma decorosa.  Si tratta di forma.  Noi
    russi siamo,  per la maggior parte,  tanto riccamente dotati,  che
    per avere una forma conveniente ci serve la genialita: gia,  ma la
    genialita  il  piu  delle volte manca perche,  in genere,  e molto
    rara. Soltanto nei francesi e forse in alcuni altri popoli europei
    la forma e cosi ben determinata da  poter  dare  loro  un  aspetto
    dignitosissimo,  pur essendo personalmente persone indegne. E' per
    questo che attribuiscono alla  forma  tanto  valore.  Il  francese
    sopportera  un'offesa,  una  vera  e propria offesa,  senza batter
    ciglio,  ma non sopportera a nessun costo  un  buffetto  sul  naso
    perche  questo  buffetto costituisce la violazione di una forma di
    convenienza,  accettata e perpetuata.  Precisamente per questo  le
    nostre signorine hanno un debole per i Francesi, perche i Francesi
    hanno una bella forma.  Secondo me,  pero, non esiste la forma, ma
    esiste soltanto il gallo,  'le coq gaulois'!  Pero questo  non  lo
    posso  capire perche non sono una donna.  Forse anche i galli sono
    belli. Ma, in conclusione,  ho detto un mucchio di sciocchezze,  e
    voi non mi interrompete.  Interrompetemi piu spesso;  quando parlo
    con voi, voglio dire tutto, tutto. Perdo ogni forma.  E sono anche
    d'accordo  nel  dire che non solo non ho forma,  ma nemmeno alcuna
    dignita.  Ve lo dichiaro.  E non mi importa affatto di  non  avere
    alcun merito.  Ora tutto si e fermato in me.  E voi sapete perche.
    Nella mia testa non c'e piu un solo pensiero umano.  Gia da  molto
    tempo non so piu che cosa accada nel mondo,  ne in Russia, ne qui.
    Ecco, sono passato per Dresda, e non ricordo come sia Dresda.  Voi
    sapete  che  cosa  mi  divora.  Poiche non ho alcuna speranza e ai
    vostri occhi sono una nullita,  lo dico francamente: vedo  ovunque
    soltanto voi, e tutto il resto mi e indifferente. Perche e come vi
    ami  non  so.  Sapete  che  forse  non  siete neppure molto bella?
    Figuratevi, non so se siete bella o no, neppure di viso! Il vostro
    cuore certamente non e bello, e che la vostra mente non sia nobile
    e molto possibile."
    "Forse per questo contate di comperarmi con il denaro," disse lei,
    "perche non credete alla mia nobilta?"
    "Quando mai ho pensato di comperarvi con il denaro?" esclamai.
    "Vi siete imbrogliato e avete perso il filo del discorso.  Se  non
    me, pensavate di comperare con il denaro almeno la mia stima."
    "Ebbene  no,  non  e  proprio  cosi!  Vi  ho  gia  detto che trovo
    difficile spiegarmi. Voi mi schiacciate. Non andate in collera per
    le mie chiacchiere.  Voi capite perche con me non si puo andare in
    collera: perche io sono semplicemente pazzo.  Ma,  del resto, mi e
    indifferente, anche se andate in collera. Quando sono lassu, nella
    mia stanzetta,  mi basta ricordare e immaginare il  fruscio  della
    vostra  veste  e  mi vien voglia di mordermi le mani.  E perche vi
    irritate con me?  Perche dico che sono uno schiavo?  Approfittate,
    approfittate  della mia schiavitu,  approfittatene!  Sapete che un
    giorno o l'altro vi uccidero?  Non vi uccidero perche non vi amero
    piu  o  saro  geloso  di voi,  ma vi uccidero cosi,  semplicemente
    perche  qualche  volta  mi  sento  trascinato  a  divorarvi.   Voi
    ridete..."
    "Non rido affatto" disse lei con sdegno. "Vi ordino di tacere."
    S'interruppe,  riuscendo  appena  a  respirare per la collera.  Vi
    giuro che non so se fosse bella, ma mi e sempre piaciuto guardarla
    quando si fermava cosi,  di fronte  a  me,  e  percio  mi  piaceva
    provocare  spesso  la  sua collera.  Forse lei se ne era accorta e
    faceva apposta ad arrabbiarsi. E glielo dissi.
    "Che schifo!" esclamo lei con un gesto di disgusto.
    "Non  me  ne  importa  niente"  continuai.   "Sapete   che   anche
    passeggiare  insieme  noi  due  soli e pericoloso?  Molte volte mi
    sento invincibilmente tentato di  picchiarvi,  di  sfregiarvi,  di
    strangolarvi... E che credete? Che non si arrivera a questo punto?
    Voi mi porterete alla pazzia.  Pensate che io tema lo scandalo? La
    vostra collera?  Ma che m'importa della vostra collera?  Io vi amo
    senza speranza e so che, dopo, vi amerei mille volte di piu. Se un
    giorno vi uccidero,  dovro certo uccidere anche me,  ma lo faro il
    piu  tardi  possibile,   tanto   per   aver   tempo   di   provare
    l'intollerabile  dolore della vostra mancanza.  Volete che vi dica
    una cosa incredibile? Ogni giorno vi amo di piu, anche se questo e
    quasi impossibile.  E dopo di cio  non  dovrei  essere  fatalista?
    Ricordate? L'altro giorno sullo Schlangenberg, eccitato da voi, ho
    mormorato: dite una parola e mi buttero nel precipizio.  Se aveste
    detto quella parola mi sarei buttato.  Possibile che crediate  che
    non l'avrei fatto?"
    "Che stupide chiacchiere!" esclamo lei.
    "A  me non importa proprio niente se siano stupide o intelligenti"
    risposi.  "Io so che davanti a  voi  devo  parlare,  parlare...  e
    parlo.  In  vostra presenza perdo ogni amor proprio,  e tutto mi e
    indifferente."
    "A che scopo dovrei farvi  saltar  giu  dallo  Schlangenberg?"  mi
    chiese  in  tono  asciutto  e particolarmente offensivo.  "Sarebbe
    proprio inutile per me!"
    "Magnifico!" esclamai "A bella posta avete  detto  quel  magnifico
    'inutile' per schiacciarmi.  Io vedo dentro di voi. Inutile, avete
    detto?  Ma un piacere e  sempre  utile  e  un  feroce,  illimitato
    potere,  sia pure su una mosca,  e anch'esso,  nel suo genere,  un
    piacere.  L'uomo e despota per natura e gli piace torturare.  E  a
    voi piace terribilmente..."
    Ricordo che essa mi osservava con un'attenzione tutta particolare.
    Senza dubbio il mio viso esprimeva,  in quel momento, tutte le mie
    insensate,  assurde sensazioni.  Ora ricordo che effettivamente la
    nostra  conversazione avvenne quasi parola per parola come io l'ho
    riportata. I miei occhi si erano iniettati di sangue.  Agli angoli
    delle  labbra  mi  si  era  raggrumata  la  saliva.  Per quanto si
    riferisce allo Schlangenberg lo giuro sul mio onore anche  adesso:
    se  essa mi avesse ordinato di buttarmi giu,  io mi sarei buttato!
    Se  l'avesse  detto  solo  per  scherzo,  se  l'avesse  detto  con
    disprezzo,  sputandomi addosso...  ebbene, anche in questo caso mi
    ci sarei buttato!
    "No,  ma perche?  Io vi credo" disse  Polina  con  quel  modo  che
    soltanto  lei  sa  usare  per  dire  le cose con tanto disprezzo e
    malignita che,  vivaddio,  avrei potuto ucciderla in quel momento.
    Rischiava. Anche su questo non avevo mentito, dicendoglielo.
    "Voi non siete un vigliacco?" mi chiese all'improvviso.
    "Non lo so,  puo anche darsi che lo sia.  Non so... da tanto tempo
    non ci ho pensato."
    "Se io vi dicessi: uccidete quell'uomo, lo uccidereste?"
    "Chi?"
    "Chi vorro io."
    "Il francese?"
    "Non interrogate,  ma rispondete.  Chi  vi  indichero  io.  Voglio
    sapere se poco fa avete parlato seriamente."
    Aspettava  una  risposta  con  un'aria  cosi dura e impaziente che
    provai una strana impressione.
    "Ma mi direte una buona volta che  cosa  succede  qui?"  esclamai.
    Avete  forse paura di me?  Li vedo anch'io tutti i pasticci che ci
    sono qui...  Voi siete la figliastra di un uomo rovinato e  pazzo,
    ossessionato  dalla passione per quel demonio di Blanche;  poi c'e
    questo francese con la sua misteriosa influenza su di voi; ed ecco
    che ora voi mi fate una simile domanda in tono cosi serio.  Che io
    almeno  sappia:  altrimenti  finiro  con  l'impazzire  e combinare
    qualche guaio.  Oppure vi  vergognate  di  degnarmi  della  vostra
    sincerita? Possibile che vi vergogniate di me?"
    "Non  sto  affatto  parlando di questo.  Vi ho fatto una domanda e
    aspetto la risposta."
    "Si capisce,  uccidero" gridai,  "chiunque  voi  mi  ordiniate  di
    uccidere, ma potete voi forse... me l'ordinerete, forse?"
    "E  che  cosa  credete?  Che  avrei  compassione  di voi?  Vi daro
    l'ordine e restero in disparte.  Vi sentirete  di  farlo?  Ma  no,
    figuriamoci!  Voi,  magari,  ucciderete  per  mio  ordine,  ma poi
    verrete a uccidere me perche ho osato mandarvi."
    A queste parole fu come se qualcosa mi avesse colpito al capo.  Si
    capisce  che anche allora consideravo la sua domanda come un mezzo
    scherzo,   come  una  sfida;   eppure  lei  aveva  parlato  troppo
    seriamente.  Nonostante  tutto  ero sorpreso che lei si fosse cosi
    scoperta, che si riservasse un tale diritto e un tale potere su di
    me e che cosi chiaramente dicesse: "Va' alla rovina,  e io  me  ne
    sto  in  disparte!"  C'era  in queste parole un non so che di cosi
    cinico e di cosi franco che mi pareva  esagerato.  Dopo  una  cosa
    simile, che concetto poteva avere di me? Si era ormai oltrepassato
    il limite della schiavitu e dell'abiezione. Quando si ha un simile
    punto di vista si innalza l'uomo fino a se. E, per quanto assurdo,
    per  quanto incredibile fosse stata tutta la nostra conversazione,
    il mio cuore ebbe un sussulto.
    All'improvviso  lei  scoppio  a  ridere.  Eravamo  seduti  su  una
    panchina,  davanti ai ragazzi che giocavano,  proprio di fronte al
    posto in cui si fermavano le carrozze e scendeva la gente  davanti
    al Casino.
    "Vedete  quella  grassa  baronessa?"  mi chiese.  "E' la baronessa
    Wurmerhelm.  E' arrivata solo da tre giorni.  Guardate suo marito:
    un  prussiano  lungo e secco con il bastone in mano.  Vi ricordate
    come ci osservava l'altro ieri?  Andate subito,  avvicinatevi alla
    baronessa, toglietevi il cappello e ditele qualcosa in francese."
    "Perche?"
    "Avete  giurato  che  vi  sareste buttato giu dallo Schlangenberg;
    avete giurato di essere pronto a uccidere a un mio ordine.  Invece
    di tutti questi omicidi e queste tragedie,  voglio soltanto ridere
    un po'.  Andate,  senza fare tante storie.  Voglio vedere come  il
    barone vi bastonera."
    "Voi mi sfidate; credete che non lo faro?"
    "Si, vi sfido! Andate, lo voglio."
    "D'accordo,  vado, anche se si tratta di una stravagante fantasia.
    Una cosa sola,  pero: non vorrei che ci fossero seccature  per  il
    generale e,  da parte sua,  per voi! Vi giuro che non mi preoccupo
    per me, ma per voi e anche... si... anche per il generale.  Ma che
    fantasia e mai questa di mandare a offendere una donna?"
    "Eh  si,  a  quanto  vedo  voi siete soltanto un chiacchierone" mi
    disse lei con disprezzo.  "Avevate gli occhi iniettati di  sangue,
    poco fa, ma probabilmente solo perche a pranzo avete bevuto troppo
    vino.  Credete  forse che non capisca anch'io che si tratta di una
    cosa stupida e volgare e che  il  generale  si  infuriera?  Ma  ho
    voglia di ridere.  Si,  voglia di ridere.  E perche, poi, dovreste
    offendere una donna? Piuttosto bastoneranno voi."
    Mi girai e in silenzio andai a eseguire il suo ordine.  Certo  era
    una  cosa  stupida,  certo  non  seppi cavarmela,  ma ricordo che,
    quando  cominciai  ad  avvicinarmi  alla  baronessa,  qualcosa  mi
    stuzzico,   e   precisamente  mi  stuzzico  il  desiderio  di  una
    monelleria.  E poi ero eccitato,  terribilmente eccitato,  come se
    fossi ubriaco...

    6.

    Ecco  che  sono gia passati due giorni da quella stupida giornata.
    Quante grida, quanto rumore, quante chiacchiere, quanto trambusto!
    E che disordine,  che confusione,  che stupidita e volgarita...  e
    tutto per causa mia.  Pero a volte viene da ridere... a me, per lo
    meno.  Non so rendermi conto di cio che mi succede:  se  mi  trovi
    veramente  in  uno  stato  di  esaltazione  o se semplicemente sia
    uscito di senno e commetta  sconvenienze  fino  a  quando  non  mi
    legheranno.  A volte mi sembra che la mia mente sia sconvolta. E a
    volte ho l'impressione di non essere  lontano  dall'infanzia,  dai
    banchi  della scuola,  e di fare semplicemente delle monellerie da
    scolaro.
    E Polina, sempre Polina!  Forse non ci sarebbero monellerie se non
    ci fosse lei.  Chi sa, magari faccio tutto questo per disperazione
    (per quanto, del resto, sia stupido ragionare cosi). E non capisco
    che cosa ci sia di bello in lei!  Bella,  pero,  e  bella,  sembra
    bella.
    Fa impazzire anche gli altri.
    E' alta e ben fatta,  solo un po' sottile. Mi da l'impressione che
    si potrebbe farne un nodo o piegarla in  due.  La  forma  del  suo
    piede e lunga e sottile, crudele. Proprio crudele. I capelli hanno
    una sfumatura rossiccia,  gli occhi sono veri occhi da gatta... ma
    come sa usarli con orgogliosa fierezza!  Quattro mesi  fa,  quando
    ero  appena  arrivato in casa loro,  lei,  una sera si trattenne a
    lungo in  sala  a  discutere  animatamente  con  De-Grieux.  E  lo
    guardava in un modo tale che poi,  quando mi ritirai in camera mia
    per coricarmi,  mi immaginai che lei gli avesse dato uno schiaffo,
    glielo avesse appena dato e gli stesse cosi davanti a guardarlo...
    Ecco, da quella sera mi sono innamorato di lei.
    Ma veniamo ai fatti!
    Per  un  sentiero  uscii  sul  viale,  mi sistemai nel bel mezzo e
    attesi il barone e la baronessa.  A cinque passi  di  distanza  mi
    tolsi il cappello e mi inchinai.
    Ricordo  che  la baronessa indossava un abito di seta larghissimo,
    di colore grigio chiaro,  con volanti,  crinolina e strascico.  E'
    piccola di statura e di una grassezza straordinaria,  con un mento
    terribilmente carnoso e floscio,  tanto che non  le  si  vede  per
    niente il collo. La sua faccia e paonazza. Gli occhi sono piccoli,
    maligni e sfacciati.  Cammina come se facesse un onore a tutti. Il
    barone e secco,  alto.  Il suo volto,  come  spesso  si  vede  nei
    Tedeschi,  e  storto  e solcato da mille piccole rughe;  porta gli
    occhiali; e sui quarantacinque anni. Le gambe gli cominciano quasi
    dal petto: segno di razza, dicono.  E' tronfio come un pavone.  Un
    po' goffo.  Nell'espressione di quel viso c'e qualcosa del montone
    che, a modo suo, sostituisce la profondita di pensiero.
    Tutto questo mi passo davanti agli occhi in tre secondi.
    Il mio inchino e il cappello tra  le  mani  all'inizio  attirarono
    appena la loro attenzione.  Soltanto il barone aggrotto lievemente
    le sopracciglia. La baronessa navigava direttamente verso di me.
    "Madame la baronne," proferii con chiarezza a voce alta, scandendo
    bene ogni parola "j'ai l'honneur d'etre votre esclave!" (1)
    Poi mi inchinai,  misi il cappello e  passai  davanti  al  barone,
    girando cortesemente il viso verso di lui e sorridendo.
    Era stata lei, Polina, a ordinarmi di togliermi il cappello, ma mi
    inchinai e feci la monelleria di mia iniziativa. Che diavolo mi ci
    ha spinto? Era come se volassi giu da una montagna.
    "Hein!"  grido o,  per meglio dire,  gracchio il barone volgendosi
    verso di me con irritato stupore.
    Mi girai e mi fermai in ossequiosa attesa, continuando a guardarlo
    e  a  sorridere.   Egli,   evidentemente  perplesso,   inarco   le
    sopracciglia  sino  al  "nec  plus ultra".  Il suo volto diventava
    sempre piu scuro.  Anche la baronessa si giro dalla  mia  parte  e
    anche lei mi guardo con indignato stupore.
    "Hein!"  grido  di  nuovo  il  barone con raddoppiato gracchiare e
    raddoppiato sdegno.
    "Ja wohl!  (2)" dissi  strascicando  le  parole  e  continuando  a
    guardarlo negli occhi.
    "Sind   Sie  rasen?   (3)"  grido,   agitando  il  suo  bastone  e
    cominciando, mi sembra, ad avere un po' di paura. Forse lo turbava
    il vestito. Indossavo un abito decente,  direi quasi elegante,  da
    persona appartenente alla buona societa.
    "Ja wo-o-o-ohl!" gridai a un tratto,  a tutta forza,  strascicando
    la "o" come fanno i berlinesi che,  in ogni  momento,  durante  la
    conversazione,  usano  l'intercalare  "ja  wohl" e strascicano piu
    meno la "o"  per  esprimere  varie  sfumature  di  pensiero  e  di
    sensazioni.
    Il  barone  e la baronessa si girarono e si allontanarono quasi di
    corsa, spaventati. Tra il pubblico, alcuni si misero a commentare,
    altri a guardarmi perplessi. Pero, non me ne ricordo bene.
    Mi girai e  con  il  mio  solito  passo  mi  avviai  verso  Polina
    Aleksandrovna.  Ma  non  ero  ancora  arrivato a cento passi dalla
    panchina su cui lei era seduta che la vidi alzarsi e dirigersi con
    i bambini verso l'albergo.
    La raggiunsi vicino alla scalinata.
    "Ho eseguito...  quella stravaganza..." le  dissi,  quando  l'ebbi
    raggiunta.
    "E  con  questo?  Adesso  sbrigatevela   voi" mi rispose e,  senza
    nemmeno guardarmi, comincio a salire la scala.
    Per tutta quella sera passeggiai nel parco.  Attraverso il parco e
    poi attraverso un bosco raggiunsi addirittura un altro principato.
    In una casetta di contadini mangiai una frittata e bevvi del vino:
    e per questa idilliaca cena vollero un tallero e mezzo.
    Soltanto  alle undici tornai a casa.  Subito fui chiamato da parte
    del generale.

5

Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )

I nostri occupano nell'albergo due appartamenti: quattro stanze in
    tutto. La prima, grande, e un salone con un pianoforte. Attigua ce
    n'e un'altra,  pure grande: lo studio del generale.  Qui  egli  mi
    aspettava,  dritto  in  piedi  nel bel mezzo,  in un atteggiamento
    straordinariamente maestoso.  De-Grieux stava semisdraiato  su  un
    divano.
    "Egregio  signore,   permettetemi  di  chiedervi  che  cosa  avete
    combinato" comincio immediatamente il generale, rivolgendosi a me.
    "Desidererei, generale,  che entraste subito in argomento" risposi
    io.  "Probabilmente  alludete  al  mio  incontro  di  oggi  con un
    tedesco..."
    "Con un tedesco?  Ma quel tedesco  e  il  barone  Wurmerhelm,  una
    persona  importante!  Siete  stato molto villano verso di lui e la
    baronessa."
    "Ma niente affatto!"
    "Li avete spaventati, egregio signore" grido il generale.
    "Neppure per sogno. Gia a Berlino mi aveva colpito l'orecchio quel
    'ja  wohl!'  che  i  Tedeschi  ripetono  in  ogni  momento  e  che
    strascicano  in  modo  cosi odioso.  Quando oggi ho incontrato nel
    viale il barone, improvvisamente quel 'ja wohl',  non so perche mi
    e  tornato  in mente e ha agito su me da eccitante.  Per di piu la
    baronessa e gia la terza volta che mi incontra,  ha l'abitudine di
    venirmi addosso, come se fossi un verme che si puo schiacciare con
    un piede.  Anch'io, vorrete convenirne, ho il mio amor proprio. Mi
    sono tolto il cappello e ho detto cortesemente  (cortesemente,  vi
    assicuro): 'Madame j'ai l'honneur d'etre votre esclave.' Quando il
    barone  si  giro  e  mi  lancio  il suo 'hein!' mi sentii spinto a
    gridare: 'Ja wohl!'.  E lo gridai due  volte:  la  prima  come  al
    solito,  ma  la  seconda  strascicando le parole il piu possibile.
    Ecco tutto."
    Confesso che  ero  terribilmente  felice  di  quella  spiegazione,
    monellesca  al massimo.  Avevo una voglia pazza di gonfiare quella
    storia nel modo piu assurdo che potessi.
    E quanto piu andavo avanti, tanto piu ci prendevo gusto.
    "Voi mi prendete in giro, eh?" grido il generale.
    Si giro verso De-Grieux e gli spiego in francese  che  io  cercavo
    decisamente  di  provocare  dei  guai.  De-Grieux fece un risolino
    sprezzante e alzo le spalle.
    "Oh,  non pensate una cosa simile,  non e vero affatto!" gridai al
    generale.  "Il mio gesto, certo, non e stato bello, ve lo confesso
    con la massima sincerita.  Esso  puo  anche  essere  definito  una
    stupida  e  sconveniente monelleria,  ma niente di piu.  E sapete,
    generale, ne sono pentitissimo. Ma c'e una circostanza che ai miei
    occhi mi libera persino dal pentimento. In questi ultimi tempi, da
    due o tre settimane,  io non mi sento molto  bene:  sono  nervoso,
    irritabile,  stravagante e,  in certi casi, perdo completamente il
    dominio di me.  Davvero,  mi e gia venuto qualche  volta  un  gran
    desiderio  di  rivolgermi al marchese De-Grieux e...  ma non posso
    finire la frase: forse si offenderebbe. In una parola tutti questi
    sono i sintomi di una malattia.  Non so se la baronessa Wurmerhelm
    vorra  tener  presente questa circostanza quando le chiedero scusa
    (perche ho intenzione di chiederle scusa). Penso pero di no, tanto
    piu che,  a quanto mi risulta,  negli ultimi tempi si e cominciato
    ad  abusare  di  una simile circostanza nel mondo giudiziario: gli
    avvocati  nelle  cause   penali   hanno   preso   l'abitudine   di
    giustificare  molto  spesso  i loro clienti criminali con il fatto
    che essi, al momento del delitto, non ricordavano piu niente e che
    questo e una specie di malattia.  "Ha picchiato"  dicono,  "e  non
    ricorda  piu niente." E figuratevi,  generale,  che la medicina li
    appoggia,  affermando che esiste davvero una simile malattia,  una
    specie  di  pazzia  temporanea,  durante la quale un individuo non
    ricorda piu niente o ricorda a meta,  o ricorda per un quarto.  Ma
    il  barone e la baronessa sono gente della vecchia generazione,  e
    per  di  piu  latifondisti  prussiani.  Molto  probabilmente  essi
    ignorano   i  progressi  del  mondo  medico-legale  e  percio  non
    accetteranno le mie spiegazioni. Che ne pensate, generale?"
    "Basta,  signore!" disse il generale in tono aspro  e  con  sdegno
    trattenuto.  "Basta!  Cerchero, una volta per sempre, di liberarmi
    dalle vostre ragazzate!  Non dovrete scusarvi davanti al barone  e
    alla  baronessa  perche  ogni  rapporto  con voi,  anche se basato
    soltanto sulla vostra preghiera di essere scusato sarebbe per loro
    troppo umiliante.  Il barone,  saputo che voi appartenete alla mia
    casa,  si e gia spiegato con me al Casino e vi confesso che poco e
    mancato che non esigesse soddisfazione da me. Capite a che cosa mi
    avete esposto,  egregio signore?  Sono stato costretto a  chiedere
    scusa  al barone e a dargli la mia parola che immancabilmente,  da
    oggi, voi smetterete di appartenere alla mia casa..."
    "Permettete,  permettete,  generale,  ma e  stato  proprio  lui  a
    esigere che io non appartenessi piu alla vostra casa,  come voi vi
    siete degnato di esprimervi?"
    "No,  ma sono stato io stesso a ritenermi  in  obbligo  di  dargli
    questa soddisfazione e,  si capisce, il barone e rimasto contento.
    Noi ci separeremo, egregio signore.  Voi dovete ancora ricevere da
    me questi quattro federici e tre fiorini,  al calcolo di qui. Ecco
    il denaro ed ecco il foglietto con il conto:  potete  verificarlo.
    Addio. Da questo momento siamo degli estranei. A parte seccature e
    dispiaceri,  da  voi  non  ho  avuto  altro.  Chiamero  subito  il
    cameriere e lo avvertiro che, da domani,  non rispondero piu delle
    vostre   spese  in  albergo.   Ho  l'onore  di  essere  il  vostro
    servitore."
    Presi il denaro,  il foglio sul quale era stato fatto il  conto  a
    matita, mi inchinai al generale e molto seriamente gli dissi:
    "Generale,  la cosa non puo finire cosi. Mi dispiace molto che voi
    abbiate avuto delle seccature da parte del barone ma, scusatemi se
    ve lo dico,  la colpa e vostra.  Come mai vi  siete  addossato  di
    fronte  al  barone la responsabilita del mio gesto?  Che significa
    l'espressione che io appartengo alla  vostra  casa?  Nella  vostra
    casa  io sono semplicemente il precettore,  nient'altro.  Non sono
    vostro figlio,  non sono sotto la vostra tutela,  e voi non potete
    essere   responsabile   dei   miei  atti.   Io  sono  una  persona
    giuridicamente responsabile.  Ho venticinque anni,  sono laureato,
    sono  nobile  e  per  voi un estraneo.  Soltanto il mio illimitato
    rispetto per la vostra dignita mi trattiene dal pretendere ora  da
    voi  soddisfazione  e  ulteriori  spiegazioni  per il fatto che vi
    siete arrogato il diritto di rispondere per me."
    Il generale fu tanto stupefatto che allargo le braccia, poi,  a un
    tratto, si rivolse al francese e gli riferi rapidamente che io per
    poco  non  l'avevo sfidato a duello.  Il francese si mise a ridere
    forte.
    "Ma non intendo perdonarla al barone," continuai io  con  assoluto
    sangue freddo,  senza lasciarmi turbare dalla risata di De-Grieux,
    "e poiche voi, generale, accettando oggi di ascoltare le lamentele
    del barone e prendendo le sue parti,  vi siete fatto partecipe  di
    tutta la faccenda, ho l'onore di dirvi che non piu tardi di domani
    mattina  esigero  dal  barone,  a  mio  proprio nome,  una formale
    spiegazione del motivo per il quale,  avendo una questione con me,
    egli si e rivolto,  scavalcandomi,  a un'altra persona, come se io
    non fossi degno di rispondergli personalmente."
    Quello che prevedevo successe.  Il generale nell'ascoltare  questa
    nuova sciocchezza, si prese una terribile paura.
    "Ma  com'e  possibile  che abbiate intenzione di continuare questa
    maledetta  storia?"  grido.   "Che  cosa  dunque   volete   ancora
    combinarmi?  Badate,  badate a quello che fate, egregio signore, o
    vi giuro che... Anche qui ci sono delle autorita e io... io... con
    il mio grado, bastera una parola...  e anche il barone...  Con una
    parola  vi  faremo  arrestare e mandare via da qui per mezzo della
    polizia,  affinche  non  attacchiate  piu  brighe!  Avete  capito,
    signore?"  E  benche  per lo sdegno gli mancasse quasi il respiro,
    aveva tuttavia una tremenda paura.
    "Generale," risposi con una calma per lui insopportabile,  "non si
    puo arrestare per violenza prima che la violenza sia avvenuta.  Io
    non ho ancora cominciato le mie spiegazioni col barone,  e voi non
    sapete  assolutamente  ancora  in  che  modo  e  su  quali basi ho
    intenzione di affrontare la questione.  Desidero soltanto chiarire
    la supposizione, per me offensiva, che io mi trovi sotto tutela di
    una persona che avrebbe un potere sulla mia libera volonta. Quindi
    vi agitate e vi inquietate inutilmente."
    "Per amor di Dio,  per amor di Dio, Aleksej Ivanovitch, rinunciate
    a questo proposito insensato!" mormoro il generale,  cambiando  di
    colpo in supplichevole il suo tono indignato, e prendendomi per le
    mani.  "Suvvia, vi immaginate che cosa ne potrebbe venir fuori? Di
    nuovo dispiaceri.  Dovete convenire che qui io devo comportarmi in
    maniera  particolare,  soprattutto adesso!  Oh,  voi non conoscete
    tutte le circostanze! Quando ce ne andremo di qui, sono disposto a
    riprendervi con me.  Ora lo faccio solo cosi...  in una  parola...
    voi lo capite il perche..." grido disperato.  "Aleksej Ivanovitch!
    Aleksej Ivanovitch!"
    Mentre mi avvicinavo alla porta,  lo pregai vivamente  ancora  una
    volta  di  non  inquietarsi,  gli promisi che tutto sarebbe andato
    bene e nel modo piu corretto, e mi affrettai a uscire.
    A volte i russi all'estero sono troppo timorosi e hanno  una  gran
    paura  di  quello  che possono dire gli altri,  di come li possono
    guardare e se una cosa sara piu o meno corretta...  in una parola,
    si  comportano  come  se  fossero stretti nel busto e specialmente
    quelli che hanno la pretesa di essere importanti...  Quello a  cui
    tengono di piu e una certa qual forma prestabilita che,  una volta
    fissata,   essi  seguono   servilmente   negli   alberghi,   nelle
    passeggiate,  nelle riunioni,  in viaggio... Ma il generale si era
    lasciato sfuggire che oltre a questo  c'erano  alcune  circostanze
    particolari   per   cui   gli   serviva   comportarsi  in  maniera
    'particolare'.  Per questo di punto in bianco  si  era  con  tanta
    pusillanimita spaventato e aveva cambiato tono nei miei confronti.
    Ne presi atto e lo annotai.  Certo egli, per storditaggine, poteva
    il giorno dopo rivolgersi  a  qualche  autorita  e  quindi  dovevo
    realmente andare molto cauto.
    D'altronde,   poi,  non  volevo  per  nessun  motivo  irritare  il
    generale,  ma  volevo  fare  arrabbiare  Polina.   Polina  si  era
    comportata  con  me  in maniera tanto crudele e mi aveva spinto su
    una strada tanto sciocca che volevo proprio portarla al  punto  in
    cui  sarebbe  stata  lei  stessa  a  pregare  di fermarmi.  La mia
    ragazzata poteva, infine,  compromettere anche lei.  Inoltre erano
    nate  in me altre sensazioni ed erano spuntati altri desideri;  se
    io, per esempio, mi annullo volontariamente davanti a lei,  questo
    non  significa  affatto che di fronte agli altri io debba sembrare
    un  pulcino  bagnato  e  che,  di  conseguenza,  il  barone  possa
    picchiarmi  con il bastone.  Mi venne una voglia matta di prendere
    tutti in giro e di uscirne fuori,  facendo una bella  figura!  Che
    vedano un po'! Lei ha paura dello scandalo e mi chiamera di nuovo.
    E,  se  anche  non  mi  chiamera,  vedra lo stesso che non sono un
    pulcino bagnato.. .
    (Una notizia sbalorditiva:  ho  sentito  proprio  ora  dire  dalla
    bambinaia,  che ho incontrato sulla scala,  che Marja Filippovna e
    partita oggi tutta sola per Karlsbad, con il treno della sera, per
    andare da sua cugina.  Che novita e questa?  La bambinaia dice che
    si preparava da un pezzo; ma come mai nessuno lo sapeva? Puo anche
    darsi,  pero,  che fossi io solo a non saperlo.  La bambinaia si e
    lasciata sfuggire che Marja Filippovna, due giorni fa, aveva avuto
    un colloquio un po' vivace con il generale. Capisco.  Certamente a
    causa di mademoiselle Blanche.  Si, si sta avvicinando qualcosa di
    decisivo.)

    NOTE.
    1) "Signora, ho l'onore di essere vostro schiavo!"
    2) "Ebbene".
    3) "Ma siete pazzo?"


















    7.

    La mattina dopo chiamai il cameriere e lo avvertii che mi  facesse
    il  conto  a  parte.  La  mia  camera  non  era  poi  cosi cara da
    spaventarmi e da costringermi a lasciare subito  l'albergo.  Avevo
    sedici  federici  e  la...  la  forse  mi  aspettava la ricchezza!
    Strano,  non ho ancora vinto,  ma gia mi comporto,  sento e  penso
    come  se  fossi  un  riccone  e  non  posso immaginarmi in un modo
    diverso.
    Avevo deciso,  nonostante l'ora mattutina,  di  andare  da  mister
    Astley  all'Hotel  d'Angleterre,  non  molto  lontano  dal nostro,
    quando all'improvviso entro in camera mia  De-Grieux.  Questo  non
    era  ancora mai successo e per di piu con quel signore ero,  negli
    ultimi tempi,  in rapporti molto  tesi.  Egli  non  nascondeva  in
    nessun  modo  il  suo  disprezzo per me,  anzi faceva di tutto per
    metterlo in evidenza;  e io...  io avevo i miei particolari motivi
    per non risparmiarlo. In una parola, lo odiavo. La sua comparsa mi
    sorprese  moltissimo.  Subito capii che qualcosa stava bollendo in
    pentola.
    Egli entro con un'aria molto cortese e mi fece  un  complimento  a
    proposito della mia stanza.  Vedendo che avevo il cappello in mano
    si informo se veramente uscissi  a  passeggio  cosi  di  buon'ora.
    Quando  seppe che stavo per andare da mister Astley per un affare,
    riflette,   capi  e  il  suo  viso  prese   un'espressione   molto
    preoccupata.
    De-Grieux era come tutti i francesi, cioe allegro e gentile quando
    serviva  e  gli  conveniva,  ma  insopportabilmente  noioso quando
    mancava la necessita di essere allegro e cortese.  Il  francese  e
    raramente  cortese per natura;  lo e sempre,  come a comando,  per
    calcolo.  Se,  per esempio,  vede la necessita di essere bizzarro,
    originale,  un  po'  fuori  del  comune,  la sua fantasia e la piu
    sciocca e innaturale,  fatta di forme prestabilite e gia da  lungo
    tempo  diventate banali.  Allo stato naturale il francese e invece
    un insieme di qualita piu borghesi,  meschine  e  comuni:  in  una
    parola  e  l'essere piu noioso del mondo.  Secondo me,  soltanto i
    novellini e in particolar modo  le  signorine  russe  si  lasciano
    incantare  dai  Francesi.  Ma  a  ogni  persona  perbene  e subito
    evidente e intollerabile quel burocratismo di  forme  prestabilite
    di gentilezza, di disinvoltura e di allegria da salotto.
    "Vengo   da   voi   per   un  affare,"  comincio  con  incredibile
    disinvoltura,  anche se molto cortesemente,  "e non vi  nascondero
    che  vengo  da parte del generale come ambasciatore o,  per meglio
    dire,  come mediatore.  Poiche conosco molto male la lingua russa,
    ieri  non  ho  capito quasi niente,  ma il generale mi ha spiegato
    ogni cosa dettagliatamente e vi confesso che..."
    "Ma ascoltate,  monsieur  De-Grieux,"  lo  interruppi,  "anche  in
    questa faccenda vi siete assunto l'incarico di intermediario.  Io,
    si sa,  sono un 'outchitel' e non ho mai preteso l'onore di essere
    amico di questa casa o di avere con essa relazioni particolarmente
    intime  e percio non sono al corrente di tutte le circostanze;  ma
    spiegatemi: e possibile che  voi  facciate  gia  parte  di  questa
    famiglia?  Perche,  infine,  prendete  sempre  tanta parte in ogni
    cosa, e fate immancabilmente da mediatore in tutto..."
    Le mie domande non gli piacquero. Per lui erano troppo allusive, e
    lui non voleva tradirsi in nessun modo.
    "Mi legano al generale, in parte certi affari e, in parte,  alcune
    particolari  circostanze" mi disse seccamente.  "Il generale mi ha
    mandato a pregarvi di rinunciare ai vostri propositi di ieri sera.
    Tutto quello che avete immaginato e senza dubbio molto  spiritoso,
    ma  egli  mi ha precisamente chiesto di farvi presente che la cosa
    non vi riuscira;  non solo,  ma che il barone non vi  ricevera  e,
    infine,  che  egli  ha in ogni caso tutti i mezzi per liberarsi da
    ulteriori seccature da parte vostra. Convenitene anche voi.  A che
    scopo,  ditemi,  continuare?  Il  generale,  poi,  vi  promette di
    riprendervi  senz'altro  in  casa  sua,   alla   prima   occasione
    favorevole,  e di pagarvi fino ad allora il vostro stipendio, 'vos
    appointements'. Tutto questo mi sembra abbastanza vantaggioso, non
    vi pare?"
    In tutta calma gli spiegai che si sbagliava alquanto; che,  forse,
    il  barone  non  mi  avrebbe  fatto scacciare ma,  al contrario mi
    avrebbe ascoltato,  e gli chiesi di confessare che egli era venuto
    per informarsi del modo con cui mi sarei preparato all'impresa.
    "Oh,  Dio mio,  se il generale si interessa tanto,  si capisce che
    gli fara piacere sapere che cosa farete e come. E' cosi naturale!"
    Cominciai  a  spiegarglielo,   e  lui  si   mise   ad   ascoltare,
    semisdraiato, con la testa un po' piegata verso la mia parte e con
    una   chiara,    malcelata   sfumatura   di   ironia   sul   viso.
    Complessivamente si comportava con grande  superbia.  Cercavo  con
    tutte  le mie forze di fingere che consideravo la cosa da un punto
    di vista molto serio. Gli spiegai che,  visto che il barone si era
    rivolto  al generale lamentandosi di me come se fossi un domestico
    del generale, in primo luogo con il suo gesto mi aveva privato del
    posto e in secondo luogo mi aveva trattato come persona che non  e
    in  condizione di rispondere di se stessa e con la quale non mette
    conto di parlare. Certo, era giusto che mi sentissi offeso;  pero,
    tenendo conto della differenza di eta,  della posizione in societa
    eccetera eccetera (a  questo  punto  mi  trattenni  a  fatica  dal
    ridere),  non volevo macchiarmi di una nuova leggerezza,  ossia di
    richiedere direttamente soddisfazione al barone o  anche  soltanto
    di proporglielo.  Tuttavia mi ritenevo in pieno diritto di porgere
    a lui, e specialmente alla baronessa, le mie scuse;  tanto piu che
    negli ultimi tempi mi sentivo realmente poco bene,  nervoso e, per
    cosi dire,  strano eccetera eccetera.  Ma il  barone  con  il  suo
    gesto, offensivo per me, di essersi rivolto al generale e di avere
    insistito perche il generale mi togliesse il posto, mi aveva messo
    in una tale situazione che ormai non potevo piu presentare a lui e
    alla baronessa le mie scuse,  poiche lui,  la baronessa e tutto il
    mondo avrebbero certo pensato che ero andato a scusarmi per  paura
    e  per  riavere il posto.  Da tutto questo derivava che mi trovavo
    costretto a pregare il barone in primo luogo di  scusarsi  con  me
    nei termini piu moderati, dicendo per esempio che non aveva voluto
    assolutamente offendermi.  E quando il barone avesse detto questo,
    allora io mi sarei sentite le mani libere e  con  tutta  sincerita
    gli  avrei  presentato  le  mie scuse.  "In una parola," conclusi,
    "preghero soltanto il barone che mi sciolga le mani."
    "Ahime,  che eccesso di scrupolo  e  che  raffinatezza!  E  perche
    dovrebbe  egli  scusarsi con voi?  Vorrete convenire,  monsieur...
    monsieur... che voi ideate tutto questo a bella posta per irritare
    il generale...  e forse avete qualche mira speciale...  'mon  cher
    monsieur,  pardon, j'ai oublie votre nom... monsieur Alexis? n'est
    ce pas?' (1)"
    "Ma permettete, 'mon cher marquis': a voi che cosa importa?"
    "Mais le general..."
    "Che cosa,  il generale?  Ieri sera accennava al  fatto  che  deve
    mantenersi  in una certa situazione...  ed era cosi preoccupato...
    ma io non ho capito niente."
    "Qui si verifica, in realta,  una particolare circostanza" riprese
    De-Grieux  con  tono  di  preghiera nel quale affiorava sempre piu
    l'irritazione. "Voi conoscete mademoiselle de Cominges?"
    "Volete dire mademoiselle Blanche?"
    "Si, mademoiselle Blanche de Cominges...  et madame sa mere...  ne
    converrete anche voi,  il generale... in una parola, il generale e
    innamorato,  e puo anche darsi che qui ci  sia  un  matrimonio.  E
    immaginatevi  che  intanto  ci  siano  questi  scandali  e  queste
    storie..."
    "Non  vedo  qui  ne  scandali,   ne  storie  che   riguardino   il
    matrimonio..."
    "Mais  le  baron  est  si irascible,  un caractere prussien,  vous
    savez, enfin il fera une querelle d'Allemand. (2)"
    "Ebbene,  la fara a me,  non a voi,  poiche io non appartengo  piu
    alla  casa...  (A bella posta mi sforzavo di essere il piu assurdo
    possibile.) Ma scusate,  e proprio deciso che mademoiselle Blanche
    sposi  il  generale?  Che  cosa  aspettano?  Voglio  dire,  perche
    nascondere la cosa anche a noi che siamo di casa?"
    "Io non posso...  del resto la cosa  non  e  ancora  del  tutto...
    Tuttavia... lo sapete, aspettano notizie dalla Russia: il generale
    deve sistemare i suoi affari..."
    "Ah, ah! la 'baboulinka!'"
    De-Grieux mi guardo con odio.
    "In una parola," disse, interrompendomi, "io spero vivamente nella
    vostra  innata  cortesia,  nella  vostra intelligenza,  nel vostro
    tatto...  voi,  sono certo,  lo farete per questa  famiglia  nella
    quale  siete  stato  accolto  come un parente,  siete stato amato,
    rispettato..."
    "Permettete, sono stato scacciato! Voi, ecco,  ora affermate che e
    stato  solo  per le apparenze: ma convenite che,  se vi dicessero:
    'Io,  certo,  non voglio tirarti le orecchie,  ma per le apparenze
    permetti che te le tiri...' e quasi la stessa cosa..."
    "Se  e cosi,  se nessuna preghiera influisce su di voi" comincio a
    dire in tono severo  e  autoritario,  "allora  permettete  che  vi
    assicuri  che  saranno  prese  le necessarie misure.  Qui esistono
    delle autorita, vi manderanno via oggi stesso...  'que diable!  Un
    blanc-bec  comme  vous'  (3) vuole sfidare a duello un personaggio
    autorevole come  il  barone!  E  voi  pensate  che  vi  lasceranno
    tranquillo?  Credetemi,  nessuno  qui  ha paura di voi!  E se sono
    venuto a pregarvi,  l'idea e venuta da  me  perche  voi  rendevate
    inquieto  il  generale.  E'  mai  possibile,  e  mai possibile che
    pensiate che il barone non vi faccia semplicemente scacciare da un
    servo?"
    "Ma io non ci andro personalmente;" risposi con molta  calma,  "vi
    sbagliate,  monsieur  De-Grieux;  tutto  avverra in modo molto piu
    decoroso di quanto non pensiate. Ora andro subito da mister Astley
    e lo preghero di essere il mio intermediario, in una parola,  'mon
    second'! Quest'uomo mi vuole bene e certamente non rifiutera. Egli
    andra  dal  barone,  e  il  barone  lo  ricevera.  Se  io  sono un
    'outchitel', qualcosa, pare, come un dipendente,  e,  in sostanza,
    senza difesa,  mister Astley,  invece,  e nipote di un lord, di un
    autentico lord (questo lo sanno tutti),  di lord  Peabroke,  e  il
    lord e qui.  Credetemi, il barone sara gentile con mister Astley e
    lo ascoltera. E se non lo ascoltera,  mister Astley considerera la
    cosa  come  un'offesa  personale  (voi sapete che gli inglesi sono
    ostinati) e mandera al barone da parte sua  un  amico,  e  lui  ha
    degli  ottimi  amici.  Riflettete,  ora,  che  forse  le  cose non
    andranno come voi pensate."
    Il francese era decisamente impaurito:  in  realta,  tutto  questo
    aveva  l'apparenza della verita e sembrava proprio che io fossi in
    grado di suscitare una questione.
    "Ma ve ne prego,"  comincio  in  tono  addirittura  supplichevole,
    "lasciate  perdere tutto!  Si direbbe che vi faccia piacere che ne
    venga fuori uno scandalo! A voi non interessa la soddisfazione, ma
    lo scandalo!  Ho detto  che  tutto  questo  sarebbe  divertente  e
    spiritoso,  il che e,  a quanto pare,  cio che voi desiderate, ma"
    concluse vedendo che io mi alzavo e prendevo  il  cappello,  "sono
    venuto   a  consegnarvi  due  parole  da  parte  di  una  persona:
    leggetele. Sono incaricato di aspettare la risposta."
    Detto questo, tiro fuori dalla tasca e mi consegno un bigliettino,
    piegato e sigillato con un'ostia.
    Di mano di Polina c'era scritto:

    "Mi e sembrato che abbiate l'intenzione  di...  continuare  questa
    storia.  Vi  siete arrabbiato e cominciate a fare delle ragazzate.
    Ma qui  ci  sono  delle  circostanze  particolari  che,  forse  in
    seguito,   vi  spieghero,  ma  voi,  ve  ne  prego,  smettetela  e
    calmatevi. Che cosa sono queste sciocchezze? Mi siete necessario e
    avete promesso di ubbidirmi. Ricordate lo Schlangenberg.  Vi prego
    di essere ubbidiente e, se serve, ve lo ordino.

    Vostra P.

    P.S.  Se  siete  in  collera  con me,  per quanto e accaduto ieri,
    perdonatemi."

    Quando ebbi letto quelle righe fu come  se  tutto  si  confondesse
    davanti  ai miei occhi.  Le labbra mi si sbiancarono e cominciai a
    tremare.  Il maledetto francese  mi  guardava  con  aria  umile  e
    distoglieva gli occhi da me come per non vedere il mio turbamento.
    Sarebbe stato meglio che mi avesse riso in faccia.
    "Bene"   risposi.   "Dite  a  mademoiselle  che  stia  tranquilla.
    Permettetemi pero di domandarvi" aggiunsi in tono brusco,  "perche
    avete  aspettato  tanto  a  consegnarmi  il  biglietto.  Invece di
    parlare di sciocchezze,  mi pare che sarebbe stato  vostro  dovere
    cominciare  da  questo...  se veramente siete venuto con un simile
    incarico."
    "Oh, io volevo...  tutto l'insieme e cosi strano che voi scuserete
    la  mia  naturale  impazienza.  Avevo voglia di conoscere,  da voi
    personalmente, le vostre intenzioni.  Non so,  d'altra parte,  che
    cosa  ci  sia  nel  biglietto  e pensavo che sarei sempre stato in
    tempo a consegnarvelo."
    "Capisco.  Vi  e  stato  ordinato,   senza  tante  cerimonie,   di
    consegnarmelo solo in caso estremo e di non darmelo addirittura se
    vi riusciva di accomodare la faccenda a parole.  E' cosi?  Parlate
    francamente, De-Grieux!"
    "Peut-etre!"  rispose,   assumendo   un'espressione   discreta   e
    rivolgendomi uno sguardo particolare.
    Io  presi il cappello;  egli fece un cenno con il capo e usci.  Mi
    sembro che sulle sue labbra balenasse un sorriso ironico.  E  come
    poteva essere diversamente?
    "Noi due, francesuccio, faremo ancora i conti, ci troveremo ancora
    di  fronte"  borbottavo,  scendendo  la  scala.  Non potevo ancora
    coordinare le idee,  come se avessi ricevuto un colpo sulla testa;
    ma l'aria fresca mi rianimo un poco.
    Due  minuti  dopo,  non  appena  cominciai a capire meglio,  mi si
    affacciarono nitidamente due pensieri: primo, che per tali inezie,
    per simili incredibili minacce da scolaretto dette  ieri  a  volo,
    era  nato  un cosi generale scompiglio;  secondo,  qual era mai il
    potere di quel francese su Polina.  Una sua  sola  parola,  e  lei
    faceva  tutto  quello  che  egli  voleva,  scriveva un biglietto e
    addirittura mi pregava. Certo,  i loro rapporti erano sempre stati
    per me un mistero da quando avevo cominciato a conoscerli; pero in
    questi  ultimi  giorni avevo notato in lei una decisa avversione e
    persino del disprezzo verso il francese,  mentre egli  nemmeno  la
    guardava  ed era addirittura scortese.  Io l'avevo notato.  Polina
    stessa mi  aveva  parlato  di  avversione;  si  era  gia  lasciata
    sfuggire  delle confessioni notevoli...  Significava semplicemente
    che egli la dominava e che la teneva, per cosi dire, in catene...


    NOTE.
    1) "Caro signore, scusate, ho dimenticato il vostro nome... signor
    Alexis, non e vero?"
    2) "Ma il barone e cosi  irritabile,  un  temperamento  prussiano,
    sapete, finira col farne una questione dell'altro mondo!"
    3) "Che diavolo! Uno sbarbatello come voi!"











    8.

    Sulla  "promenade",  come  la  chiamano  qui,  ossia sul viale dei
    castagni, incontrai il mio inglese.
    "Oh! oh!" comincio egli,  vedendomi,  "io venivo da voi,  e voi da
    me. Cosi, vi siete separato dai vostri?"
    "Ditemi,  prima  di  tutto,  come  voi  lo sapete," gli chiesi con
    stupore; "e possibile che la cosa sia gia nota a tutti?"
    "Oh no!  Non a tutti,  e non vale neppure  la  pena  che  lo  sia.
    Nessuno ne parla."
    "E allora, come lo sapete?"
    "Lo  so,  cioe  ho  avuto  occasione di saperlo.  Ma adesso,  dove
    andate? Io vi voglio bene e per questo venivo da voi."
    "Siete proprio un'eccellente persona,  mister Astley,"  gli  dissi
    (ero rimasto veramente sorpreso: come l'aveva saputo?) "e,  poiche
    non ho ancora preso il caffe e voi,  probabilmente,  l'avete preso
    cattivo,  andiamo al caffe del Casino, ci sediamo la, facciamo una
    fumatina  e  intanto  io  vi  raccontero  tutto...   e  voi   pure
    racconterete tutto a me..."
    Il caffe era a cento passi.
    Ci  servirono  subito,   ci  mettemmo  a  sedere,  io  accesi  una
    sigaretta, mister Astley non accese niente e,  con gli occhi fissi
    su di me, si preparo ad ascoltarmi.
    "Non andro in nessun posto, restero qui" cominciai a dire.
    "Ero  anch'io convinto che sareste rimasto" rispose mister Astley,
    in tono di approvazione.
    Andando da mister Astley,  non solo non avevo nessuna  intenzione,
    ma di proposito non volevo dirgli niente del mio amore per Polina.
    In  tutti quei giorni non gliene avevo quasi fatto parola.  Per di
    piu egli era timidissimo.  Fin dalla prima volta  avevo  osservato
    che  Polina  gli aveva suscitato un'impressione straordinaria,  ma
    lui non pronunciava mai il suo nome. Ma,  cosa strana,  non appena
    fui  seduto  ed  egli  ebbe  puntato su di me il suo sguardo color
    dello stagno, mi venne improvvisamente voglia,  non so perche,  di
    raccontargli tutto, cioe tutto il mio amore in ogni sua sfumatura.
    Parlai  per una mezz'ora,  provando uno straordinario piacere: era
    la prima volta che toccavo quell'argomento!  Resomi conto  che  in
    certi punti particolarmente ardenti egli si turbava,  accrescevo a
    bella posta il calore del mio racconto.  Di una cosa mi pento:  di
    aver forse detto qualcosa di troppo sul francese...
    Mister  Astley  ascoltava,   seduto  di  fronte  a  me,  immobile,
    silenzioso e guardandomi  negli  occhi;  ma,  quando  cominciai  a
    parlare  del  francese,  mi  interruppe  improvvisamente e in tono
    severo mi chiese  se  avevo  il  diritto  di  accennare  a  quella
    circostanza  estranea.  Mister  Astley  faceva  le domande in modo
    molto strano.
    "Avete ragione: temo di no" risposi.
    "Di questo marchese e di miss Polina non  potete  dire  niente  di
    preciso, all'infuori di semplici supposizioni?"
    Di  nuovo mi meravigliai di una simile categorica domanda da parte
    di un uomo cosi timido come mister Astley.
    "No, niente di preciso" risposi. "Niente, naturalmente. Se le cose
    stanno cosi,  avete agito male,  non solo nel parlarne con me,  ma
    anche nell'averci pensato."
    "Bene, bene, lo ammetto. Ma adesso non si tratta di questo" dissi,
    interrompendolo e meravigliandomi dentro di me. A questo punto gli
    raccontai   tutta   la  storia  del  giorno  prima,   in  tutti  i
    particolari, la pensata di Polina, la mia avventura con il barone,
    il mio licenziamento, l'incredibile vilta del generale e,  infine,
    gli  esposi  dettagliatamente  la  visita  di  De-Grieux,  in ogni
    sfumatura; e, come conclusione, gli feci vedere il biglietto.
    "Che cosa ne deducete?" gli chiesi.  "Sono venuto da  voi  proprio
    per conoscere il vostro pensiero.  Per quello che mi riguarda,  mi
    sembra che  ucciderei  quel  francesino...  e  puo  darsi  che  lo
    faccia."
    "Anch'io" disse mister Astley. "In quanto a miss Polina... sapete,
    noi  entriamo  a  volte  in rapporti anche con persone che ci sono
    odiose se a cio ci obbliga la necessita.  In questo  caso  possono
    esserci  rapporti  a  voi sconosciuti che dipendono da circostanze
    estranee.  Io penso che possiate star  tranquillo;  in  parte,  si
    capisce.  In  quanto  al  suo modo di agire di ieri,  certo esso e
    strano,  e non perche lei abbia desiderato liberarsi di voi  e  vi
    abbia  spinto  sotto la mazza del barone (e non capisco perche non
    l'abbia usata,  dato che l'aveva tra le mani),  ma perche una tale
    pensata da parte di una cosi...  di una cosi eccellente miss non e
    corretta...  Certo lei  non  poteva  indovinare  che  voi  avreste
    eseguito alla lettera il suo buffo desiderio..."
    "Sapete  che  cosa?"  gridai a un tratto,  osservando attentamente
    mister Astley.  "Ho l'impressione che abbiate gia sentito  parlare
    di tutto questo... e sapete da chi? Proprio da miss Polina!"
    Mister Astley mi guardo con stupore.
    "I  vostri  occhi mandano lampi,  e io leggo in essi il sospetto,"
    disse,  riprendendo subito la calma,  "ma voi non avete il  minimo
    diritto di manifestarlo.  Non posso riconoscervi questo diritto, e
    mi rifiuto nel modo  piu  categorico  di  rispondere  alla  vostra
    domanda."
    "Ebbene,  basta!  Non  importa!" gridai,  agitandomi stranamente e
    senza capire come mai mi fosse  venuta  in  mente  quell'idea!  Ma
    quando,  dove,  in  che  modo  mister Astley avrebbe potuto essere
    scelto da Polina come uomo di fiducia?  Negli ultimi tempi,  anzi,
    avevo  perduto un po' di vista mister Astley,  e Polina era sempre
    stata per me un mistero,  un mistero a  tal  punto  che  ora,  per
    esempio,  preparatomi  a  raccontare tutta la storia del mio amore
    per lei ad Astley, all'improvviso, durante il racconto,  ero stato
    colpito dal fatto che non potevo dire quasi niente di preciso e di
    positivo sui miei rapporti con la fanciulla.  Al contrario,  tutto
    era fantastico, strano, infondato e persino inverosimile!
    "Si,  va bene,  va bene;  sono confuso,  e molte cose non le posso
    ancora  considerare come si deve" risposi,  quasi ansimando.  "Del
    resto,  voi siete una brava persona.  Adesso c'e un'altra cosa: vi
    chiedo non il vostro consiglio, ma la vostra opinione."
    Tacqui un momento e cominciai:
    "Che  pensate  del  fatto che il generale si sia tanto spaventato?
    Perche dalla mia stupida monelleria tutti hanno tirato  fuori  una
    questione  tanto grossa,  grossa al punto che persino De-Grieux ha
    ritenuto indispensabile immischiarsene (e lui  si  immischia  solo
    nei  casi  piu  importanti),  e  venuto  in  persona da me,  mi ha
    pregato, e supplicato... ha supplicato me, lui, De-Grieux? Infine,
    notate,  e venuto alle nove,  anzi un po' prima delle nove,  e  il
    biglietto  di  miss  Polina  era  gia nelle sue mani.  Quando,  mi
    chiedo,  e stato scritto?  Forse hanno svegliato miss  Polina  per
    questo?  Inoltre,  proprio  da questo capisco che miss Polina e la
    sua schiava (poiche mi chiede persino perdono!) e, a parte questo,
    che c'entra lei,  personalmente,  in tutto questo?  Perche  se  ne
    interessa tanto?
    Come  mai  si  sono cosi spaventati di un barone qualsiasi?  E che
    cosa significa che  il  generale  sposa  mademoiselle  Blanche  de
    Cominges? Loro dicono che, in seguito a questa circostanza, devono
    tenere un contegno in un certo senso particolare,  ma ormai questo
    contegno e gia un po' troppo particolare,  convenitene anche  voi!
    Che  ne  pensate?  Dal  vostro  sguardo  mi convinco che di questa
    faccenda ne sapete molto piu di me!"
    Mister Astley sorrise e scosse la testa.
    "Effettivamente anche qui credo  di  saperne  molto  piu  di  voi"
    disse.  "Qui tutta la faccenda riguarda solo mademoiselle Blanche,
    e io sono sicuro che questa e l'assoluta verita."
    "E allora,  mademoiselle Blanche?" gridai con impazienza  (mi  era
    balenata  all'improvviso  la  speranza che avrei scoperto qualcosa
    sul conto di Polina).

6

Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )

"Mi pare che mademoiselle  Blanche  abbia  in  questo  momento  un
    particolare interesse a evitare in tutti i modi un incontro con il
    barone  e  con  la  baronessa,  tanto  piu un incontro sgradito o,
    peggio ancora, uno scandalo."
    "Ebbene? Ebbene?"
    "Mademoiselle Blanche,  due anni fa,  e gia stata qui,  durante la
    stagione,  a Roulettenburg.  E c'ero anch'io. Mademoiselle Blanche
    allora non si chiamava mademoiselle  de  Cominges,  e  sua  madre,
    madame  veuve  Cominges  allora  non  esisteva.  Almeno  non se ne
    parlava.  De-Grieux...  neppure De-Grieux c'era.  Ho  la  profonda
    convinzione  che  non  solo  essi  non siano parenti fra loro,  ma
    neppure  conoscenti  di  lunga  data.  Marchese,  De-Grieux  lo  e
    diventato  recentemente,  e di questo sono certo a causa una certa
    circostanza.  Si puo  persino  supporre  che  abbia  cominciato  a
    chiamarsi  De-Grieux  da  poco tempo.  Conosco qui una persona che
    l'ha incontrato anche sotto un altro nome."
    "Ma ha realmente una cerchia di conoscenze serie?"
    "Oh,  puo darsi.  Persino mademoiselle Blanche puo averla.  Ma due
    anni  fa  mademoiselle  Blanche,  su  richiesta  di  questa stessa
    baronessa,  ricevette dalla polizia locale l'invito di lasciare la
    citta, e la lascio."
    "Come mai?"
    "Ella  era allora comparsa qui prima con un italiano,  un principe
    dal nome storico, un nome come Barberini o un qualcosa del genere.
    Un uomo tutto anelli e brillanti,  e nemmeno  falsi.  Andavano  in
    giro  in  una splendida carrozza.  Mademoiselle Blanche giocava al
    'trente et quarante,' all'inizio con fortuna,  poi la buona  sorte
    le giro le spalle.  Me lo ricordo, e ricordo che una sera perdette
    una somma enorme.  Ma il peggio fu che  'un  beau  matin'  il  suo
    principe scomparve,  non si sa dove; e scomparvero con lui cavalli
    e carrozza;  scomparve tutto.  Il debito in  albergo  era  enorme.
    Mademoiselle  Zelma  (da Barberini si era improvvisamente cambiata
    in mademoiselle Zelma) era all'estremo limite della  disperazione.
    Piangeva  e  strillava  cosi  forte  da  farsi  sentire  per tutto
    l'albergo e nella furia si  strappava  persino  i  vestiti.  C'era
    allora  ospite nell'albergo un conte polacco (tutti i polacchi che
    viaggiano sono conti),  e mademoiselle Zelma che si  strappava  le
    vesti  e si graffiava come una gatta il viso con le sue bellissime
    mani  profumate,   produsse  su  di  lui  una  certa  impressione.
    Scambiarono  qualche parola e a pranzo lei appariva gia consolata.
    La sera egli arrivo al Casino a braccetto  con  lei.  Mademoiselle
    Zelma  rideva  forte,  secondo  la  sua  abitudine,  e nel modo di
    comportarsi sembrava sicura e disinvolta.  Era  ormai  entrata  in
    quella  categoria di signore che giocano alla roulette,  le quali,
    avvicinandosi al tavolo,  spingono a  spallate  un  giocatore  per
    prendergli il posto.  E' un particolare chic di queste signore. Le
    avrete certamente notate."
    "Oh, si!"
    "Non merita neppure notarle. A dispetto del pubblico perbene, esse
    sono inestirpabili,  almeno quelle tra di  loro  che  ogni  giorno
    cambiano al tavolo da giuoco biglietti da mille franchi. Pero, non
    appena   smettono   di   cambiar   biglietti,   sono   pregate  di
    allontanarsi. Mademoiselle Zelma continuo ancora a cambiare: ma il
    suo giuoco era sempre piu sfortunato.  Notate che  queste  signore
    molto   spesso   giocano  con  fortuna:  hanno  una  straordinaria
    padronanza di se.  Ma la mia storia e  finita...  Un  bel  giorno,
    proprio come il principe, spari anche il conte. Mademoiselle Zelma
    si presento a giocare la sera da sola;  ma quella volta nessuno le
    offri il braccio.  In due giorni perdette tutto,  definitivamente.
    Puntato  e perduto l'ultimo luigi d'oro,  essa si guardo attorno e
    vide accanto a se il barone  Wurmerhelm  che  la  osservava  molto
    attentamente  e con profonda indignazione.  Mademoiselle Zelma non
    vide l'indignazione e,  rivolgendosi al barone con il suo ben noto
    sorriso,  lo prego di puntare per lei dieci luigi d'oro sul rosso.
    In seguito a questo,  su denuncia della baronessa lei ricevette la
    sera  stessa  l'invito  a  non  farsi piu vedere al Casino.  Se vi
    meravigliate che io  sappia  tutti  questi  piccoli  e  del  tutto
    sconvenienti  particolari  e  perche  li  ho sentiti raccontare da
    mister Feeder,  un mio parente,  che quella sera stessa accompagno
    nella sua carrozza mademoiselle Zelma da Roulettenburg a Spa.  Ora
    capite:   mademoiselle   Blanche    vuole    essere    generalessa
    probabilmente  per  non  ricevere  piu inviti del genere di quello
    ricevuto due anni addietro dalla polizia del  Casino.  Adesso  non
    giuoca piu perche possiede,  a quanto pare, un capitale che presta
    ai giocatori di qui, a interesse.  Questo e molto piu conveniente.
    Io  ho persino il sospetto che anche quel disgraziato generale sia
    suo debitore.  E che forse lo sia anche De-Grieux,  oppure che De-
    Grieux  sia in societa con lei.  Converrete anche voi che,  almeno
    fino al giorno del  matrimonio,  lei  non  vorra  in  nessun  modo
    attirare sopra di se l'attenzione del barone e della baronessa. In
    poche parole,  nella condizione in cui si trova, uno scandalo e la
    cosa che meno le converrebbe.  Voi,  poi,  siete legato alla  loro
    casa,  e  le  vostre  azioni  potrebbero veramente far nascere uno
    scandalo,  tanto piu che lei compare ogni giorno  in  pubblico  al
    braccio del generale o con miss Polina. Capite ora?"
    "No, non capisco!" gridai, battendo sul tavolo con tanta forza che
    il cameriere arrivo spaventato.
    "Dite,  mister  Astley"  ripetei  furibondo,  "se  voi  eravate al
    corrente di tutta questa storia e di conseguenza sapete a  memoria
    chi  sia  questa  mademoiselle  Blanche de Cominges,  come mai non
    avete avvertito almeno me, il generale e, soprattutto, miss Polina
    che si faceva vedere qui al Casino,  in pubblico,  sotto braccio a
    mademoiselle Blanche? E' possibile?"
    "Avvertire  voi  sarebbe  stato  inutile perche non potevate farci
    niente" rispose con calma mister Astley. "E, del resto,  avvertire
    di che cosa?  Il generale probabilmente sa di mademoiselle Blanche
    piu di quanto ne so io e tuttavia va a passeggio  con  lei  e  con
    miss  Polina.  Il  generale  e  un  disgraziato.  Ho  veduto  ieri
    mademoiselle Blanche che galoppava su  un  bellissimo  cavallo  in
    compagnia  di monsieur De-Grieux e di quel piccolo principe russo,
    e il generale che galoppava loro dietro su un  cavallo  sauro.  Al
    mattino  aveva  detto  che  gli facevano male le gambe,  ma la sua
    posizione in sella era buona.  E proprio  in  quel  momento  mi  e
    venuto   all'improvviso   in   mente   che   quello  era  un  uomo
    definitivamente rovinato. Per di piu, tutto questo non mi riguarda
    e solo da poco tempo ho avuto l'onore di conoscere miss Polina. Ma
    del resto (si riprese di colpo mister Astley), vi ho gia detto che
    non posso ammettere che abbiate  diritto  a  fare  certe  domande,
    sebbene vi sia sinceramente affezionato..."
    "Basta" dissi, alzandomi, "ora mi e chiaro come il giorno che miss
    Polina  e  al  corrente  di  tutto  quanto  riguarda  mademoiselle
    Blanche,  ma che non puo  staccarsi  dal  suo  francese  e  percio
    acconsente  ad  andare  in giro con lei.  Credetemi,  nessun'altra
    forza l'avrebbe  indotta  a  passeggiare  con  miss  Blanche  e  a
    supplicarmi  nel biglietto di non toccare il barone.  Deve proprio
    trattarsi di quella suggestione davanti alla quale  ogni  cosa  si
    inchina!  E  tuttavia  fu  lei  a  spingermi contro il barone.  Il
    diavolo mi porti se ci si capisce qualcosa!"
    "Voi  dimenticate  prima  di  tutto  che  questa  mademoiselle  de
    Cominges  e  la fidanzata del generale e in secondo luogo che miss
    Polina, figliastra del generale, ha un fratellino e una sorellina,
    veri figli del generale,  ormai completamente abbandonati da  quel
    pazzo e, sembra, anche da lui rovinati."
    "Si,  si...  e cosi!  Lasciare quei bambini significa abbandonarli
    del tutto,  restare significa difendere i loro interessi  e  forse
    anche salvare qualche briciolo della proprieta.  Si,  si...  tutto
    cio e vero!  Ma pero,  pero!  Oh,  capisco perche adesso tutti  si
    interessano tanto della 'baboulinka!'"
    "Di chi?" chiese mister Astley.
    "Di  quella vecchia strega di Mosca che non si decide a morire e a
    proposito della quale sono tutti  in  attesa  del  telegramma  che
    annunci che sta per andarsene all'altro mondo."
    "Ma si, certo, tutto l'interesse si e concentrato su di lei. Tutto
    dipende dall'eredita. Quando l'eredita sara sicura, il generale si
    sposera; miss Polina sara libera e De-Grieux..."
    "Ebbene, e De-Grieux?"
    "A  De-Grieux  verra  pagato  il debito: egli qui aspetta soltanto
    questo."
    "Soltanto? Voi credete che aspetti soltanto questo?"
    "Io non so altro" e mister Astley tacque ostinatamente.
    "Io, invece, lo so, lo so!" ripetei con rabbia. "Aspetta anche lui
    l'eredita perche Polina ricevera la dote  e,  non  appena  avra  i
    denari,  gli  si gettera al collo.  Tutte le donne sono uguali!  E
    sono proprio le piu orgogliose che  si  rivelano  le  schiave  piu
    umili! Polina e capace soltanto di amare appassionatamente: niente
    altro! Questa e la mia opinione su di lei. Osservate, specialmente
    quando e sola, soprappensiero: ha qualche cosa di predestinato, di
    fatale, di maledetto! Essa e portata a tutti gli orrori della vita
    e  della  passione...  essa...  essa...  Ma  chi e che mi chiama?"
    esclamai a un tratto.  "Chi grida?  Ho sentito gridare  in  russo:
    "Aleksej Ivanovitch!" Una voce di donna, ascoltate, ascoltate!"
    Intanto  ci  stavamo avvicinando all'albergo.  Da un pezzo,  quasi
    senza accorgercene, avevamo lasciato il caffe.
    "Ho sentito delle grida di donna,  ma non so chi fosse a chiamare,
    parlava russo.  Ora vedo da dove arriva la voce," mi indico mister
    Astley,  "chi grida e quella donna che sta seduta  in  una  grande
    poltrona  che  alcuni domestici hanno portato ora sulla scalinata.
    Le portano dietro le valigie,  segno  che  e  appena  arrivato  il
    treno."
    "Ma perche chiamare me?  Ecco che ricomincia a gridare.  Guardate,
    ci fa dei segni..."
    "Vedo, si, che fa dei segni" rispose mister Astley.
    "Aleksej Ivanovitch! Aleksej Ivanovitch! Ah, Signore, che razza di
    tontolone!" si  sentiva  gridare  disperatamente  dalla  scalinata
    dell'albergo.
    Raggiungemmo  quasi di corsa la scalinata.  Salii sul ripiano e...
    le braccia mi caddero dallo stupore, e i piedi rimasero inchiodati
    a terra!











    9.

    Sul  pianerottolo  superiore  dell'alta  scalinata   dell'albergo,
    portata  su  per  i  gradini  in  una  poltrona  e  circondata  da
    servitori,   cameriere  e  dal  numeroso,   ossequiente  personale
    dell'albergo, alla presenza del capo cameriere in persona uscito a
    incontrare  l'illustre  ospite  arrivata  con  tanto  trambusto  e
    fracasso,  con la sua servitu particolare e una gran  quantita  di
    bauli e di valigie,  troneggiava... la nonna! Si, era proprio lei,
    la terribile,  ricchissima settantacinquenne  Antonida  Vassilevna
    Tarassevitcheva,   proprietaria  e  gran  signora  moscovita,   la
    'baboulinka,' sul conto della quale si spedivano e  si  ricevevano
    telegrammi;  era  quella vecchia sempre sul punto di morire ma che
    non moriva mai e che, d'improvviso, era piombata in persona tra di
    noi, come una tegola sulla testa. Era apparsa,  benche senza l'uso
    delle  gambe  e  portata  come  sempre negli ultimi cinque anni in
    poltrona, ardita, battagliera,  contenta di se,  eretta sul busto,
    come  suo  solito,  gridando  forte e imperiosamente,  rampognando
    tutti, proprio come io avevo avuto l'onore di vederla due volte da
    quando  ero  entrato  come  precettore  in  casa   del   generale.
    Naturalmente  rimasi  davanti a lei come impietrito dallo stupore.
    Gia a cento passi di distanza,  mentre la portavano  dentro  sulla
    poltrona,  lei mi aveva visto con il suo occhio di lince, mi aveva
    riconosciuto e mi chiamava con il nome e con  il  patronimico  che
    lei,  com'era sua abitudine,  aveva imparato una volta per sempre.
    "E proprio lei si aspettavano di vedere  chiusa  nella  bara  dopo
    aver  lasciato  l'eredita?" mi passo a volo nella mente.  "Lei che
    vivra piu a lungo di noi e di tutto l'albergo!  Mio  Dio,  ma  che
    succedera  ora  ai  nostri,  che  succedera  al generale?  Quella,
    adesso, mettera sottosopra tutto!"
    "Dunque,  batiushka,  perche te ne stai li impalato con gli  occhi
    sbarrati?"  continuava  a  gridare  la nonna.  "Salutare,  dare il
    benvenuto non sai,  eh?  O ti dai delle arie  e  non  vuoi  farlo?
    Senti,  Potapytch," disse rivolta a un vecchietto canuto in frac e
    cravatta bianca con una rosea calvizie,  il  suo  maggiordomo  che
    l'accompagnava nel viaggio,  "senti,  non mi riconosce! Mi avevano
    gia seppellita!  Mandavano un telegramma dietro l'altro: e morta o
    non  e  morta?  So  tutto!  E  io,  invece,  vedi...  sono qui,  e
    vivissima."
    "Ma scusate,  Antonida Vassilevna,  perche dovrei desiderarvi  del
    male?"  le risposi allegramente,  riavendomi dallo stupore.  "Sono
    rimasto semplicemente sorpreso...  e come potevo non esserlo...  e
    un avvenimento cosi inatteso..."
    "E che c'e da meravigliarsi?  Sono salita in treno e sono partita.
    In treno  si  sta  bene,  non  ci  sono  scossoni.  Eri  andato  a
    passeggio?"
    "Si, ero andato a far due passi verso il Casino."
    "Qui e bello" disse la nonna,  guardandosi intorno.  "Fa caldo,  e
    gli alberi sono coperti di foglie.  Mi piace!  I  nostri  sono  in
    casa? E il generale?"
    "Oh si, sono in casa; a quest'ora sono certamente tutti in casa."
    "Anche qui hanno le loro ore fisse e tutte le altre cerimonie?  Si
    danno molte arie.  E hanno la  carrozza,  ho  sentito  dire,  'les
    seigneurs russes'! Hanno sperperato tutto e poi, via all'estero! E
    Praskovja e con loro?"
    "Si, Polina Aleksandrovna e con loro."
    "E  anche il francesino?  Bene,  ma li vedro tutti da me,  Aleksej
    Ivanovitch;  indicami la strada per andare direttamente da lui.  E
    tu, ti trovi bene, qui?"
    "Cosi cosi, Antonida Vassilevna."
    "Tu,  Potapytch,  di' a questo babbeo di cameriere che mi diano un
    appartamento comodo,  grazioso,  non in alto,  e  fa'  trasportare
    subito i bagagli.  Ma perche tutti vogliono portarmi? Perche tanti
    strisciamenti?  Che  schiavi!  E  chi  c'e  li  con  te?"  chiese,
    rivolgendosi di nuovo a me.
    "E' mister Astley" risposi.
    "Quale mister Astley?"
    "Un  viaggiatore,  una  mia  buona  conoscenza;  conosce  anche il
    generale."
    "Un inglese.  Ecco perche mi guarda fisso e a denti  stretti.  Del
    resto,   gli  inglesi  mi  piacciono.   Su,   portatemi  di  sopra
    direttamente al loro appartamento; dove si trova?"
    Portarono  su  la  nonna;   io  precedevo  per   l'ampio   scalone
    dell'albergo.  Il nostro corteo faceva molto effetto. Tutti quelli
    con i quali ci imbattevamo, si fermavano e ci guardavano con tanto
    d'occhi. Il nostro albergo e considerato il migliore,  il piu caro
    e  il  piu  aristocratico  qui alle acque.  Per le scale e lungo i
    corridoi  si  incontrano  sempre  dame  elegantissime  e   inglesi
    dall'aspetto imponente. Molti chiedevano informazioni giu, al capo
    cameriere,  il  quale,  a  sua  volta,  era rimasto assai colpito.
    Naturalmente, a tutti quelli che lo interrogavano, egli rispondeva
    che si trattava di una straniera importante,  di 'une  russe,  une
    comtesse,   grande   dame,'   che   avrebbe   occupato  lo  stesso
    appartamento occupato la settimana prima dalla grande 'duchesse de
    N.' L'aspetto autoritario e imperioso della nonna,  trasportata in
    poltrona,  faceva un grande effetto. Ogni volta che incontrava una
    persona nuova,  la misurava subito con uno sguardo curioso,  e  di
    ognuna  mi  chiedeva  informazioni  ad alta voce.  La nonna era di
    costituzione robusta e, sebbene non si alzasse dalla poltrona,  si
    capiva,  guardandola,  che doveva essere di alta statura. Aveva la
    schiena diritta come un'asse e non si appoggiava  alla  spalliera.
    La  sua  grossa  testa  dai capelli bianchi,  dai tratti marcati e
    forti, stava eretta;  guardava in maniera quasi insolente con aria
    di  sfida;  e  si  vedeva  che sguardo e gesti erano perfettamente
    naturali.  Nonostante i suoi settantacinque anni,  aveva  un  viso
    abbastanza  fresco,   e  anche  i  denti  erano  ancora  in  buone
    condizioni.  Indossava un abito di seta nera e aveva in testa  una
    cuffietta bianca.
    "Quella  donna mi interessa moltissimo" mi sussurro mister Astley,
    salendo con me.
    "Lei e al corrente dei  telegrammi"  pensai.  "Conosce  anche  De-
    Grieux,  ma  sembra  conoscere  ancor  poco mademoiselle Blanche."
    Subito lo comunicai a mister Astley.
    Che peccatore sono mai!  Non appena passato il  primo  momento  di
    stupore,  mi rallegrai moltissimo per il fulmine a ciel sereno che
    stava per colpire il generale.  Era come se qualcosa mi eccitasse,
    e camminavo davanti a tutti con straordinaria allegria.
    I  nostri alloggiavano al terzo piano;  io non annunciai nessuno e
    neppure bussai;  semplicemente spalancai la porta,  e la nonna  fu
    portata dentro in trionfo.  Nemmeno a farlo apposta,  si trovavano
    tutti riuniti nello studio del generale. Erano le dodici e stavano
    progettando,  sembra,  una gita,  un po' in  comitiva,  un  po'  a
    cavallo;  c'erano  anche degli invitati loro conoscenti.  Oltre al
    generale e a Polina con i bambini e  le  loro  bambinaie,  c'erano
    nello   studio:  De-Grieux,   mademoiselle  Blanche,   vestita  da
    amazzone,  sua madre madame veuve Cominges,  il piccolo principe e
    anche  un  certo dotto viaggiatore,  un tedesco che vedevo da loro
    per  la  prima  volta.   La  poltrona  della  nonna   fu   portata
    direttamente nel bel mezzo dello studio, a tre passi dal generale.
    Mio  Dio,  non  dimentichero mai quell'impressione!  Prima che noi
    entrassimo, il generale stava raccontando qualcosa, e De-Grieux lo
    contraddiceva. Bisogna notare che mademoiselle Blanche e De-Grieux
    gia da due o tre giorni,  non so  perche,  facevano  la  corte  al
    piccolo  principe 'a la barbe du pauvre general';  e la compagnia,
    anche se un po' artificiosamente,  sembrava  di  umore  allegro  e
    gioiosamente  familiare.  Vedendo la nonna,  il generale rimase di
    stucco,  spalanco la bocca e si fermo a meta  di  una  parola.  Mi
    fisso  con  gli  occhi sbarrati come incantato dallo sguardo di un
    basilisco. Anche la nonna lo guardava in silenzio, immobile...  ma
    che  sguardo  trionfatore,  provocante  e  ironico era il suo!  Si
    fissarono cosi, per almeno dieci secondi, tra il profondo silenzio
    di  tutti  i  presenti.   De-Grieux  sulle   prime   era   rimasto
    pietrificato,   ma   ben  presto  una  inquietudine  straordinaria
    comparve sul suo viso.  Mademoiselle Blanche con  le  sopracciglia
    sollevate e la bocca aperta, guardava la nonna con aria strana. Il
    principe  e  lo  scienziato  osservavano  la scena,  profondamente
    perplessi.  Gli occhi di Polina espressero un enorme stupore,  e a
    un tratto si fece pallida come un cencio; dopo un attimo, pero, il
    sangue  le  risali  al  viso  e le inondo le guance.  Si,  era una
    catastrofe per tutti!  Io non facevo altro  che  spostare  il  mio
    sguardo dalla nonna a tutti i presenti, e viceversa. Mister Astley
    se ne stava in disparte, calmo e dignitoso come sempre.
    "Dunque,  eccomi  qui  invece del telegramma!" disse finalmente la
    nonna, interrompendo il silenzio. "Non mi aspettavate, eh?"
    "Antonida  Vassilevna...  zia...   ma  in  che  modo..."  balbetto
    l'infelice generale. Se la nonna avesse continuato a tacere ancora
    per qualche secondo, forse gli sarebbe venuto un colpo.
    "Come,  in che modo?  Sono salita sul treno e sono partita. Che ci
    sta a fare la ferrovia?  Voi tutti pensavate che io avessi  tirato
    le  cuoia  e vi avessi lasciato l'eredita?  So benissimo che tu da
    qui spedivi telegrammi.  E credo che  avrai  speso  parecchio  per
    farlo... Non costano certo poco. E io, invece, gambe in spalla, ed
    eccomi  qui.  E'  questo quel tal francese?  Monsieur De-Grieux mi
    sembra."
    "Oui,  madame" rispose De-Grieux "croyez,  je suis si  enchante...
    votre  sante...  c'est un miracle...  vous voir ici,  une surprise
    charmante...(1)"
    "Gia, gia, 'charmante:' ti conosco, buffone, e non ti credo, ecco,
    neanche tanto cosi!" e gli mostro il dito mignolo "E  questa,  chi
    e?"   esclamo   rivolgendosi  e  indicando  mademoiselle  Blanche.
    L'eccentrica francese,  vestita da amazzone,  con il  frustino  in
    mano, l'aveva evidentemente colpita. "E' di qui?"
    "E' mademoiselle Blanche de Cominges, e questa e sua madre, madame
    de Cominges; abitano in questo albergo" riferii io.
    "E'  sposata  la  figlia?"  chiese  la  nonna,  senza  fare  tanti
    complimenti.
    "Mademoiselle  de  Cominges  e  nubile"  risposi  nel   modo   piu
    rispettoso e, a bella posta, a mezza voce.
    "E' allegra?"
    Non capii subito la domanda.
    "Non  ci  si  annoia  con lei?  Capisce il russo?  De-Grieux,  per
    esempio, da noi,  a Mosca,  era riuscito a dire malamente qualcosa
    nella nostra lingua."
    Le  spiegai che mademoiselle Blanche de Cominges non era mai stata
    in Russia.
    "Bonjour!" disse la nonna,  volgendosi all'improvviso  bruscamente
    verso mademoiselle Blanche.
    "Bonjour,  madame"  rispose  mademoiselle  Blanche  con un inchino
    cerimonioso ed elegante,  affrettandosi,  sotto l'apparenza di una
    straordinaria modestia e cortesia,  a dimostrare con l'espressione
    del viso e di tutta la persona il suo stupore per una cosi  strana
    domanda e un cosi strano comportamento.
    "Oh,  ha  abbassato gli occhi,  fa smancerie e cerimonie;  si vede
    subito che tipo e: una qualche attrice.  Io,  qui all'albergo,  mi
    sono  fermata giu" disse a un tratto,  rivolta al generale.  "Saro
    tua vicina: sei contento o no?"
    "Oh, zia! Credete ai sentimenti sinceri...  della mia contentezza"
    rispose il generale.  Si era in parte ripreso e poiche,  quand'era
    il caso, sapeva parlare bene, gravemente e con pretesa di un certo
    effetto,  cominciava a  dilungarsi  anche  adesso.  "Eravamo  cosi
    inquieti  e  preoccupati  per  le  notizie  della vostra salute...
    Abbiamo ricevuto dei telegrammi cosi disperati,  ed ecco che a  un
    tratto..."
    "Frottole, frottole!" lo interruppe la nonna.
    "Ma  come  mai,"  interruppe  a  sua  volta,  alzando la voce,  il
    generale che si era sforzato di non notare quel  'frottole',  come
    mai  vi  siete decisa a un simile viaggio?  Sarete d'accordo anche
    voi che alla vostra eta e nelle vostre condizioni di  salute...  e
    per lo meno una cosa cosi inattesa...  che rende ben comprensibile
    il nostro stupore.  Ma io sono cosi contento...  e  noi  tutti  (e
    comincio   a  sorridere  di  un  sorriso  entusiastico  e  tenero)
    cercheremo con tutte le nostre forze di rendervi questo  soggiorno
    il piu possibile piacevole..."
    "Be',  basta  adesso;  tutte  chiacchiere inutili.  Secondo il tuo
    solito hai cominciato a dire delle stupidaggini.  So benissimo  io
    come passare il tempo.  Del resto non staro lontana da voi: io non
    porto rancore. Come mai, vuoi sapere? Ma che c'e da meravigliarsi?
    Nel piu  semplice  dei  modi.  E  perche  tutti  si  meravigliano?
    Buongiorno, Praskovja. Che fai qui?"
    "Buongiorno, nonna" rispose Polina, avvicinandosi a lei. "Siete in
    viaggio da molto?"
    "Ecco,  questa  e la domanda piu intelligente di tutte,  invece di
    tanti 'ah!  ah!'.  Ecco,  senti: dopo essere stata a letto un  bel
    po', ed essermi curata e curata... ho finito con il cacciare via i
    dottori  e  ho  fatto  venire il sacrestano di San Nicola.  Quello
    aveva guarito una donnetta  dalla  mia  stessa  malattia,  con  un
    tritume  di  fieno.  Ebbene,  ha  fatto  bene anche a me: dopo due
    giorni feci una gran sudata e mi alzai dal letto. Poi si riunirono
    di  nuovo  i  miei  tedeschi  e,  inforcati  gli  occhiali,  hanno
    cominciato  a sputar sentenze: "Se voi ora" hanno detto,  "andaste
    all'estero,   alle  acque,   a  fare   la   cura,   gli   ingorghi
    scomparirebbero definitivamente".  "E perche no?" mi sono chiesta.
    E quegli stupidi intriganti eccoli a frignare:  "Ma  come  potrete
    arrivarci?" Figuriamoci!  In un giorno mi sono preparata e venerdi
    della settimana scorsa ho preso con me una ragazza,  Potapytch,  e
    il  domestico  Fedor;  ma questo Fedor,  a Berlino,  l'ho cacciato
    perche ho visto che non avevo affatto bisogno di lui e  che  anche
    sola   soletta   sarei   arrivata...   Prendo  uno  scompartimento
    riservato, e in tutte le stazioni ci sono facchini che,  per venti
    copeche,  ti  portano  dove  vuoi.  Ma che po' po' di appartamento
    occupate!" concluse,  guardandosi attorno.  "E con  quale  denaro,
    batjushka?  Hai tutto ipotecato...  Soltanto con questo francesino
    che debito hai? Perche io, vedi, so tutto, so tutto!"
    "Io,  zietta..." prese a dire il generale tutto  confuso,  "io  mi
    meraviglio,  zietta... Io penso di poter fare a meno del controllo
    di chiunque...  e poi le spese non superano le mie  possibilita  e
    noi qui..."
    "Non superano le tue possibilita,  hai detto?  Ma allora i bambini
    li hai spogliati di tutto quello che avevano, eh, tutore?"
    "Dopo di questo...  dopo simili parole..." comincio il generale in
    tono indignato "io non so piu..."
    "Non sai,  non sai!  Immagino che qui non ti sarai mai allontanato
    dalla roulette! Hai fatto bancarotta?"
    Il generale era cosi sbalordito che per poco non rimase  soffocato
    dall'impeto della sua indignazione.
    "Alla  roulette!  Io,  con  la  mia  posizione?  Io?  Ma,  zietta,
    ritornate in voi... forse non vi sentite ancora bene..."
    "Frottole, frottole! Immagino che non riusciranno a distaccartene!
    Io si, che andro a vedere che cos'e questa roulette, ci andro oggi
    stesso. Tu, Praskovja, dimmi che cosa c'e qui da visitare, Aleksej
    Ivanovitch ci dara qualche  indicazione  e  tu,  Potapytch,  segna
    tutti i posti dove dobbiamo andare.  Che cosa c'e da vedere, qui?"
    chiese a un tratto, rivolgendosi di nuovo a Polina.
    "Qui vicino ci sono le  rovine  di  un  castello,  e  poi  c'e  lo
    Schlangenberg."
    "Che cos'e questo Schlangenberg? Un boschetto, o che altro?"
    "No, non un boschetto, ma una montagna; c'e una 'pointe...'"
    "Che cos'e questa 'puant??"
    "Il  punto piu alto della montagna,  un posto recintato.  Da lassu
    c'e un panorama stupendo..."
    "E si potra trascinare la poltrona fin la?  Riusciranno a  tirarla
    su, o no?"
    "Be', si possono trovare dei portatori" risposi io.
    In quel momento si avvicino,  per salutare la nonna,  Fedossja, la
    bambinaia, che portava i bambini del generale.
    "Su, su, niente sbaciucchiamenti!  Non mi piace baciare i bambini:
    sono tutti mocciosi. E tu, come ti trovi qui, Fedossja?"
    "Qui ci sto bene, molto, molto bene, matushka Antonida Vassilevna"
    rispose Fedossja. "E voi come state, matushka? Siamo rimasti tanto
    in pena per voi!"
    "Lo so, tu sei un'anima semplice. E chi sono tutti questi? Ospiti,
    forse?"  chiese,  rivolgendosi  di  nuovo  a  Polina.  "Chi e quel
    mingherlino con gli occhiali?"
    "E' il principe Nilskij, nonna" le sussurro Polina.
    "Ah,  e un russo?  E io credevo che non capisse.  Ma forse non  ha
    sentito.  Mister Astley l'ho gia visto. Ma eccolo di nuovo qui" lo
    scorse   la   nonna.   "Buongiorno!"   lo   saluto,   rivolgendosi
    improvvisamente verso di lui.
    Mister Astley si inchino in silenzio.
    "Ebbene,  che mi dite di bello?  Raccontatemi qualcosa...  Polina,
    traducigli quello che dico..."
    Polina tradusse.
    "Dico che vi vedo con molto piacere e mi  rallegro  che  siate  in
    buona  salute"  rispose  mister  Astley  in tono serio e con molta
    prontezza.   Queste  parole  furono   tradotte   alla   nonna   e,
    evidentemente, le piacquero.
    "Come  sanno rispondere sempre bene gli Inglesi" osservo.  "Non so
    perche,  ma mi sono sempre  piaciuti;  non  c'e  confronto  con  i
    Francesi! Venite a trovarmi" disse, rivolgendosi di nuovo a mister
    Astley.  "Cerchero  di  non darvi troppa noia.  Traduci Polina,  e
    digli che io sto qui sotto,  qui sotto...  sentite?  qui  sotto...
    sentite" ripete a mister Astley, accennando con il dito in giu.
    Mister Astley fu molto contento dell'invito.
    La  nonna  esamino  Polina  dalla  testa  ai piedi con uno sguardo
    attento e soddisfatto:
    "Tu mi piaceresti, Praskovja" disse all'improvviso, "sei un'ottima
    ragazza,  la migliore di tutti,  ma hai un  carattere  che...  uh!
    Anch'io,  pero,  ho  un caratterino...  Girati un po': non hai per
    caso una treccia finta nei capelli?"
    "No, nonna, sono capelli miei."
    "Bene,  bene...  non mi piace la sciocca moda di  oggigiorno.  Sei
    molto  bella.  Se  fossi un uomo mi innamorerei di te.  Perche non
    prendi marito?  Ma adesso e ora che me ne vada.  Ho voglia di fare
    una passeggiata dopo tanto treno, sempre treno... E tu, sei ancora
    arrabbiato?" disse, rivolta al generale.
    "Ma  figuratevi,  zietta,  non  ci  pensate  neppure!"  rispose il
    generale, riprendendosi. "Capisco, alla vostra eta..."
    "Cette vieille est tombee en enfance!" (2) mi sussurro De-Grieux.
    "Ecco,   ora  qui  voglio  vedere  tutto.   Mi  cederesti  Aleksej
    Ivanovitch?" continuo, rivolta al generale.
    "Oh,  si,  quanto volete...  ma anch'io... e Polina e monsieur De-
    Grieux...   tutti  noi,   insomma,   ci  faremo  un   piacere   di
    accompagnarvi".
    "Mais,  madame,  cela  sera  un  plaisir"  disse  De-Grieux con un
    incantevole sorriso.
    "Gia, gia 'plaisir'... Sei buffo, batjushka. Denaro, pero,  non te
    ne daro" aggiunse all'improvviso,  rivolta al generale.  "E adesso
    voglio scendere nel mio appartamento: voglio dargli un'occhiata  e
    poi andremo dappertutto. Su, sollevatemi!"
    Sollevarono  di  nuovo  la nonna e tutti si avviarono in folla giu
    per le scale,  al seguito della poltrona.  Il  generale  camminava
    come  stordito  da  una mazzata sulla testa.  De-Grieux rimuginava
    qualche cosa.  Mademoiselle Blanche avrebbe voluto restare ma poi,
    chi  sa  perche,  decise di andare con tutti gli altri.  Subito le
    tenne  dietro  il  principe  e  di  sopra,  nell'appartamento  del
    generale, rimasero soltanto il tedesco e madame veuve Cominges.


    NOTE.
    1) "Si,  signora,  e, credetemi, sono felice... la vostra salute e
    un miracolo... e vedervi qui e una piacevole sorpresa..."
    2) "Questa vecchia e rimbambita!"




















    10.

    Alle terme - e,  a quanto pare,  in tutta l'Europa -  i  direttori
    d'albergo  e  i capi camerieri nell'assegnare ai clienti le camere
    sono guidati non tanto dalle esigenze e  dai  desideri  di  questi
    quanto  dal primo colpo d'occhio e,  bisogna dirlo,  difficilmente
    sbagliano.  Ma  alla  nonna,  chi  sa  perche,   avevano  dato  un
    appartamento  cosi lussuoso da sembrare persino esagerato: quattro
    stanze  arredate  splendidamente,  con  il  bagno,  camere  per  i
    domestici,  una  stanzetta  particolare  per la cameriera eccetera
    eccetera...
    Effettivamente quelle stanze erano  state  occupate  la  settimana
    prima da non so quale "grande duchesse" il che, e naturale, veniva
    subito   riferito   ai   nuovi   ospiti   per   dare   piu  valore
    all'appartamento. Portarono o, per meglio dire,  spinsero la nonna
    per  tutte le stanze,  e lei le osservo con severa attenzione.  Il
    capo cameriere,  un  uomo  gia  anziano  dalla  testa  pelata,  la
    accompagnava con deferenza in questa prima visita.
    Non  so  per chi prendessero la nonna ma,  a quanto pare,  per una
    persona  importante  e,  soprattutto,  ricchissima.  Nel  registro
    scrissero    subito:    "Madame   la   Generale,    princesse   de
    Tarassevitcheva"  nonostante  la   nonna   non   sia   mai   stata
    principessa.    La    servitu,    lo   scompartimento   riservato,
    quell'inutile montagna di cassette,  valigie  e  persino  i  bauli
    arrivati  insieme con la nonna,  avevano probabilmente dato inizio
    al suo prestigio; e la poltrona, il tono,  la voce imperiosa della
    vecchia,  le  sue  domande  stravaganti  fatte  con  la piu grande
    disinvoltura e con  l'aria  di  non  ammettere  repliche,  in  una
    parola,  tutta la figura della nonna diritta, brusca, autoritaria,
    avevano completato il generale senso di reverenza  verso  di  lei.
    Durante la visita,  la nonna ordinava all'improvviso di fermare la
    poltrona,   indicava  qualche  oggetto  dell'arredamento   e   con
    inaspettate  domande si rivolgeva all'ossequioso e sorridente capo
    cameriere che quasi quasi cominciava ad avere un po' di paura.  La
    nonna  rivolgeva  le  sue  domande  in  francese,  lingua che pero
    parlava alquanto male,  cosicche spesso  io  dovevo  tradurre.  Le
    risposte  del capo cameriere non erano,  per la maggior parte,  di
    suo gradimento e le sembravano poco soddisfacenti. Anche lei, poi,
    faceva un mucchio di domande che non si riferivano all'oggetto  in
    questione, ma a Dio sa che cosa.
    A un certo punto, per esempio, si era fermata davanti a un quadro,
    copia  piuttosto  mal  riuscita di un famoso originale di soggetto
    mitologico.
    "E' il ritratto di chi?"
    Il capo cameriere le dichiaro che  probabilmente  si  trattava  di
    qualche contessa.
    "Come  mai  non lo sai?  Vivi qui e non sai.  Perche si trova qui?
    Perche ha gli occhi storti?"
    A tutte queste domande il capo cameriere non  pote  rispondere  in
    modo soddisfacente e si smarri persino.
    "Che scemo!" dichiaro la nonna in russo.
    La portarono oltre. La stessa storia si ripete con una statuina di
    Sassonia che la nonna osservo a lungo e poi ordino di portare via,
    non si sa per quale motivo. Infine si appiccico al capo cameriere:
    quanto  costavano  i tappeti della camera?  dove li tessevano?  Il
    capo cameriere promise di informarsi.
    "Che razza di asini!" borbotto la nonna,  e dedico  tutta  la  sua
    attenzione al letto.
    "Che baldacchino lussuoso! Disfate il letto!"
    Il letto fu disfatto.
    "Ancora,  ancora,  togliete tutto!  Via le federe,  via i cuscini,
    sollevate i piumini!" Tutto fu capovolto.  La nonna osservava  con
    attenzione.
    "Bene! Non ci sono cimici. E adesso via questa biancheria! Portate
    la mia e il mio guanciale.  Pero tutto qui e troppo lussuoso;  che
    serve a me, vecchietta come sono, un appartamento cosi? Da sola mi
    annoio.  Aleksej  Ivanovitch,  vieni  a  trovarmi  il  piu  spesso
    possibile, quando avrai finito le tue lezioni ai bambini."
    "Da  ieri  non  sono piu al servizio del generale" risposi io,  "e
    vivo nell'albergo completamente per conto mio."
    "E perche?"
    "Alcuni giorni fa e arrivato qui un importante barone tedesco  con
    la baronessa, sua consorte, da Berlino. Ieri, alla passeggiata, mi
    sono  rivolto  a  lui  in  tedesco,  senza  seguire  la  pronunzia
    berlinese."
    "Be', e con questo?"
    "Il barone  l'ha  considerata  un'insolenza  e  ha  fatto  le  sue
    lamentele al generale, e il generale ieri mi ha licenziato."
    "Ma  tu l'hai forse ingiuriato questo barone?  E se anche l'avessi
    offeso, poco male!"
    "Oh no! Anzi, il barone ha alzato il bastone su di me."
    "E  tu,   bavoso,   hai  permesso  che  trattassero  cosi  il  tuo
    precettore?"  chiese  rivolgendosi  al  generale.  "E  l'hai anche
    cacciato dal posto!  Siete tutti dei babbei,  dei veri  babbei,  a
    quanto vedo..."
    "Non  inquietatevi,  zietta,"  rispose  il  generale con una certa
    sfumatura altera e familiare insieme,  "so trattare da me  i  miei
    affari.  Inoltre  Aleksej  Ivanovitch  non  vi ha riferito le cose
    fedelmente."
    "E tu l'hai inghiottita?" chiese, rivolgendosi a me.
    "Volevo sfidare il barone a duello" risposi il piu modestamente  e
    tranquillamente possibile, "ma il generale si e opposto."
    "E  perche  ti  sei  opposto?" chiese la nonna rivolta di nuovo al
    generale.  "E  tu,  batjushka,   vattene,   verrai  quando  ti  si
    chiamera," disse al capo cameriere,  "non e il caso che te ne stia
    la a bocca spalancata...  (Non posso  sopportare  questo  muso  di
    Norimberga...!)"   Il   cameriere   s'inchino   e   usci,   senza,
    naturalmente, aver capito il... complimento della nonna.
    "Ma scusate,  zietta,  sono forse possibili i duelli?" rispose  il
    generale con un sorrisetto ironico.
    "E  perche non sono possibili?  Gli uomini sono dei galli;  quindi
    devono combattere. Siete tutti dei grandi babbei, a quanto vedo, e
    non sapete far rispettare la vostra patria. Su, alzate! Potapytch,
    disponi  che  siano  sempre  pronti  due  portatori:   trovali   e
    impegnali.  Non ne servono piu di due;  si tratta di portarmi solo
    per le scale perche,  quando siamo sul piano,  nella  strada,  c'e
    solo  da  spingere.  Diglielo,  e  pagali in anticipo: saranno piu
    rispettosi.  Tu mi starai sempre vicino e tu,  Aleksej Ivanovitch,
    durante la passeggiata,  mi indicherai quel barone: vorrei proprio
    vedere che razza di 'von'-baron e. Be', dov'e questa roulette?"
    Le spiegai che le roulettes sono poste nelle sale del Casino.  Poi
    iniziarono  le  domande:  ce  ne  sono  molte?   Sono  numerosi  i
    giocatori? Giocano per l'intero giorno?  Come funzionano?  Risposi
    che la miglior cosa era vedere con i propri occhi, perche spiegare
    tutto era piuttosto difficile.
    "Be'  allora  mi  si  porti direttamente la!  Va' avanti,  Aleksej
    Ivanovitch!"
    "Ma,  zietta,  e  possibile  che  non  vi  riposiate  nemmeno  dal
    viaggio?"  chiese  premuroso  il generale.  Era quasi spaventato e
    tutti,  con un'aria imbarazzata,  si scambiavano  delle  occhiate.
    Probabilmente   si  sentivano  a  disagio  e  persino  un  po'  si
    vergognavano di accompagnare la nonna direttamente al Casino dove,
    si capisce,  poteva commettere qualche stravaganza e,  per di piu,
    in  pubblico;   tuttavia  tutti  si  offrirono  spontaneamente  di
    accompagnarla.
    "E perche dovrei riposarmi?  Non sono  stanca;  sono  stata  ferma
    cinque  giorni.  E poi vedremo le sorgenti e le acque minerali che
    ci sono qui,  e dove sono.  E poi...  quella...  come  hai  detto,
    Praskovja... quella 'puant'... o come?"
    "'Pointe,' nonna."
    "Bene, se e 'pointe,' sia 'pointe.' E che altro c'e ancora?"
    "Ci sono molte cose, nonna" disse Polina con un certo imbarazzo.
    "Ma,  insomma,  vedo che non lo sai nemmeno tu!  Marfa, verrai con
    me" disse alla sua cameriera.
    "Perche anche  lei,  zia?"  interruppe  preoccupato  il  generale.
    "Questo  non  e  possibile.  E  anche  Potapytch  difficilmente lo
    lasceranno entrare."
    "Sciocchezze!  Siccome e una domestica bisognerebbe piantarla?  E'
    anche  lei  una  creatura  viva;  e ormai una settimana che stiamo
    viaggiando, e anche lei ha voglia di vedere qualche cosa.  Con chi
    potrebbe farlo,  se non con me?  Da sola non osera neppure mettere
    il naso fuori della porta..."
    "Ma, nonna..."