Re: Достоевский Ф. М. - Игрок ( перевод на итальянский язык )
A pranzo ero di nuovo in uno stato d'animo eccitato, proprio come
tre giorni prima. Il francese e mademoiselle Blanche pranzavano
con noi. Risulto che mademoiselle Blanche si era trovata la
mattina nelle sale da giuoco e aveva assistito alle mie gesta.
Questa volta si mise a parlare con me con un po' piu di
attenzione, mentre il francese, piu sbrigativo, mi chiese
semplicemente se avevo perduto del denaro proprio mio. Mi sembra
che egli sospetti di Polina. Insomma, qui c'e sotto qualcosa. Io
mentii subito e dissi che era denaro mio.
Il generale era oltremodo stupito: dove avevo preso tanto denaro?
Gli spiegai che avevo cominciato con dieci federici, che sei o
sette colpi consecutivi mi avevano portato, raddoppiando sempre, a
cinque o seimila gulden e che poi in due colpi avevo perduto
tutto.
Tutto questo, naturalmente, era verosimile. Mentre davo queste
spiegazioni, guardai Polina, ma niente potei capire dal suo viso.
Tuttavia mi aveva lasciato mentire e non mi aveva ripreso; da
questo dedussi che dovevo proprio mentire e nascondere che giocavo
per lei. In ogni caso, mi dicevo, e in obbligo di darmi una
spiegazione e prima mi ha promesso di rivelarmi qualche cosa.
Credevo che il generale mi avrebbe fatto qualche osservazione, ma
rimase zitto; pero notai sul suo viso segni di agitazione e di
inquietudine. Puo darsi che, data la sua situazione critica, gli
fosse semplicemente penoso sentire che un cosi rispettabile
mucchietto d'oro fosse capitato e sfuggito in un quarto d'ora a un
imbecille come me.
Sospetto che ieri sera tra lui e il francese sia avvenuto un
colloquio molto animato. Essi hanno parlato a lungo e con foga di
non so che cosa, dopo aver chiuso a chiave la porta. Il francese
se ne ando con aria irritata, e stamattina presto e tornato dal
generale per continuare il colloquio di ieri.
Dopo aver sentito della mia perdita, il francese, in tono caustico
e persino astioso, mi fece osservare che bisognava essere piu
giudiziosi. Non so perche abbia soggiunto che, sebbene i russi
giochino molto, tuttavia, secondo la sua opinione, non sanno
neanche giocare.
"Invece, secondo me, la roulette e fatta soltanto per i russi"
ribattei io e, quando il francese sorrise sprezzantemente a questo
mio giudizio, gli feci osservare che la verita era certo dalla mia
parte poiche, parlando dei russi come di giocatori, li criticavo
molto piu di quanto non li lodassi e che, per conseguenza, mi si
poteva credere.
"Su che cosa basate la vostra opinione?" mi chiese il francese.
"Sul fatto che nel catechismo delle virtu e dei meriti del
civilissimo uomo occidentale e entrata storicamente, e quasi sotto
l'aspetto di caposaldo, la capacita di procurarsi capitali. Invece
il russo non solo non e capace di procurarsi dei capitali, ma li
sperpera a casaccio, in maniera scandalosa. Nonostante cio,"
aggiunsi, "anche a noi russi il denaro e necessario e di
conseguenza ci piace molto e ci sentiamo portati verso quei mezzi,
come per esempio la roulette, che ci permettono di arricchire di
colpo, in due ore, senza alcuna fatica! Questo ci attrae molto e,
poiche giochiamo senza riflettere e senza faticare, cosi
perdiamo!"
"Questo in parte e giusto!" osservo il francese, soddisfatto.
"No, e ingiusto, e dovreste vergognarvi di esprimervi cosi sul
conto della vostra patria" ribatte con aria severa e autorevole il
generale.
"Ma scusate" gli risposi, "non so davvero che cosa sia piu
disgustoso: se l'irregolatezza dei russi o il metodo tedesco di
accumulare denaro con un onesto lavoro."
"Che idea assurda!" esclamo il generale.
"Che idea russa!" esclamo il francese. Io ridevo e avevo una
voglia terribile di attaccar lite.
"Io preferirei trascorrere tutta la vita in una tenda kirghisa,"
esclamai, "piuttosto che inchinarmi all'idolo tedesco."
"Quale idolo?" grido il generale, incominciando a infuriarsi sul
serio.
"Il metodo tedesco di ammucchiare ricchezze. Non sono qui da molto
tempo, pero quello che ho gia avuto modo di vedere e di costatare,
rivolta il mio sangue tartaro. Giuro che non voglio virtu come
queste! Ieri sono riuscito a fare nei dintorni un giro di forse
dieci miglia. Ebbene, e precisamente come si legge nei libriccini
moralisti tedeschi illustrati; ovunque, in ogni casa, c'e il suo
'Vater' (1), straordinariamente virtuoso ed eccezionalmente
onesto. Cosi onesto che fa paura avvicinarglisi. Io non posso
soffrire gli uomini onesti che fa paura avvicinare. Ognuno di
questi 'Vater' ha la propria famiglia, e la sera leggono tutti ad
alta voce dei libri istruttivi. Sopra la casetta stormiscono olmi
e castagni. Il sole tramonta, c'e la cicogna sul tetto e tutto e
insolitamente poetico e commovente... Voi, generale, non
irritatevi, ma permettetemi di raccontare le cose in maniera un
po' patetica... Io stesso mi ricordo che mio padre buon'anima,
sotto i tigli del giardinetto, leggeva anche lui alla sera, a me e
a mia madre, libri di quel genere... Posso quindi giudicare di
queste cose con cognizione di causa. Ebbene, ognuna di queste
famiglie, qui, e completamente sottomessa e schiava del padre.
Tutti lavorano come bestie, e tutti ammucchiano denaro come
giudei. Mettiamo che il 'Vater' abbia gia messo da parte una certa
quantita di 'gulden' e punti sul figlio maggiore per trasmettergli
il mestiere o il campicello; per questo non danno dote alla
figlia, e lei resta zitella. Sempre per questo vendono il figlio
minore come servo o lo mandano a fare il soldato, e aggiungono
questo denaro al capitale di famiglia. Davvero, qui si fa cosi: mi
sono informato. Tutto questo si fa unicamente per onesta, per un
sentimento eccessivo di onesta, al punto che anche il figlio
minore, venduto, crede di non essere stato venduto se non per
onesta; e questo e proprio l'ideale, quando la vittima stessa e
contenta di essere portata al sacrificio. E poi? Poi succede che
neppure per il figlio maggiore le cose vanno bene: lui ha una
certa Amalchen alla quale e unito con il cuore, ma che non puo
sposare perche non sono ancora stati ammucchiati 'gulden'
sufficienti. E allora pure loro aspettano onestamente e si avviano
anch'essi al sacrificio con il sorriso sulle labbra. E intanto le
guance di Amalchen si sono incavate e sono avvizzite. Finalmente,
dopo quasi vent'anni, il patrimonio si e accresciuto e i 'gulden'
sono stati ammucchiati in modo leale e onesto. Il 'Vater' benedice
l'ormai quarantenne figlio maggiore e la trentacinquenne Amalchen
dal seno flaccido e dal naso rosso... E allora il 'Vater' piange,
fa la morale e passa a miglior vita. Il figlio maggiore si
trasforma a sua volta in un virtuoso 'Vater' e ricomincia la
stessa storia. Dopo una cinquantina o una sessantina di anni, il
nipote del primo 'Vater' realizza effettivamente un notevole
capitale e lo trasmette al proprio figlio, questo al suo,
quest'altro al suo e, dopo cinque o sei generazioni, viene fuori
il barone Rotschild in persona oppure Hoppe e Co. o il diavolo sa
chi. Ebbene, signori, non e forse uno spettacolo meraviglioso? La
fatica di un secolo o di due secoli, di generazione in
generazione: pazienza, ingegno, onesta, dirittura morale,
carattere, fermezza, calcolo, cicogna sul tetto! Che volete di
piu? Niente e piu sublime di questo, ed e proprio da questo punto
di vista che costoro iniziano a giudicare il mondo intero e a
condannare a morte i colpevoli, cioe quelli che appena appena non
somigliano a loro. Ebbene, signori, ecco dunque di che si tratta:
io preferisco debosciarmi alla russa o arricchirmi alla roulette.
Non voglio essere Hoppe e Co. tra cinque generazioni. A me il
denaro e necessario per me stesso, e non considero me stesso come
un indispensabile accessorio al capitale. So di aver detto un
mucchio di spropositi, ma e cosi. Queste sono le mie convinzioni."
"Non so se ci sia molto di vero in quello che avete detto,"
osservo pensieroso il generale, "ma so con certezza che cominciate
a fare lo spiritoso in maniera insopportabile, non appena vi si
permette di uscire un pochino dai limiti..."
Ma, come sempre, non completo la frase. Se il nostro generale
cominciava a parlare di qualche cosa che fosse un tantino piu
serio dei soliti discorsi di ogni giorno non finiva mai di dire il
suo pensiero. Il francese ascoltava con noncuranza, con gli occhi
spalancati. Non aveva capito quasi niente di cio che avevo detto.
Polina mi guardava con suprema indifferenza. Sembrava che, non
soltanto non avesse sentito me, ma neppure una parola di quanto si
era detto a tavola.
NOTE.
1) Padre.
5.
Era insolitamente pensierosa ma, non appena ci alzammo da tavola,
mi chiese di accompagnarla a fare una passeggiata. Prendemmo con
noi i bambini e ci avviammo nel parco, verso la fontana.
Poiche mi trovavo in uno stato di particolare eccitazione, le
lanciai in modo stupido e brusco la domanda: come mai il nostro
marchese De-Grieux, il francesino, adesso non soltanto non la
accompagnava, quando lei andava da qualche parte, ma nemmeno le
rivolgeva la parola per giornate intere?
"Perche e un vigliacco" mi rispose stranamente. Non avevo mai
sentito da lei un simile giudizio su De-Grieux e tacqui, temendo
di comprendere la ragione della sua irritabilita.
"Avete notato che oggi non va d'accordo con il generale?"
"Voi volete sapere di che si tratta?" mi rispose in tono asciutto
e seccato. "Sapete che il generale ha tutto il suo ipotecato
presso di lui, tutta la proprieta, e che, se la nonna non morira,
il francese entrera immediatamente in possesso di tutto cio che e
sotto ipoteca."
"Ah, e dunque proprio vero che tutto e ipotecato? L'avevo sentito
dire, ma non sapevo che si trattasse proprio di tutto."
"E come no?"
"E allora addio, mademoiselle Blanche!" osservai. "Allora non
diventera generalessa! Sapete? Mi sembra che il generale sia
innamorato al punto da arrivare magari a uccidersi se mademoiselle
Blanche lo dovesse piantare. Alla sua eta e pericoloso
innamorarsi."
"Sono anch'io del parere che gli succedera qualcosa" osservo
Polina Aleksandrovna, pensierosa.
"Magnifico!" gridai io. "Non si potrebbe dimostrare in maniera piu
brutale che lei acconsentiva a sposarlo solo per il denaro.
Neanche le convenienze sono state salvate, tutto fatto senza
cerimonie. E' straordinario! E, a proposito della nonna, che cosa
ci puo essere di piu comico e di piu ripugnante che il mandare un
telegramma dietro l'altro per domandare se e morta o no? Eh? Che
ve ne sembra, Polina Aleksandrovna?"
"Tutte queste sono sciocchezze" mi disse con disgusto,
interrompendomi. "Io, invece, mi meraviglio che voi siate in cosi
allegra disposizione di spirito. Perche siete cosi contento? Forse
perche avete perduto il mio denaro?"
"Perche me l'avete dato da perdere? Ve lo avevo detto che non
posso giocare per gli altri, e tanto meno per voi. Io vi obbedisco
in qualsiasi cosa mi comandiate, ma il risultato non dipende da
me. Vi avevo preavvertita che non ne sarebbe venuto fuori niente
di buono. Ditemi, siete molto abbattuta per aver perso tanto
denaro? Perche ve ne serve tanto?"
"A che scopo queste domande?"
"Voi stessa mi avevate promesso una spiegazione... Ascoltate: io
sono perfettamente convinto che quando comincero a giocare per me
(e ho dodici federici) vincero. Allora quello che vi serve,
prendetelo da me."
Ella fece una smorfia sprezzante.
"Non andate in collera" continuai, "per questa mia proposta. Sono
tanto consapevole di essere ai vostri occhi una nullita che potete
benissimo prendere da me del denaro. Non potete offendervi per un
mio regalo. Per di piu, io ho perduto il vostro."
Mi diede una rapida occhiata e, accortasi che io parlavo in tono
irritato e sarcastico, di nuovo mi interruppe:
"Non c'e niente che possa interessarvi nelle mie faccende. Se
volete saperlo, ho semplicemente un debito. Ho preso del denaro a
prestito e vorrei restituirlo. Avevo la pazzesca e strana idea che
avrei senz'altro vinto qui, al tavolo da giuoco. Non capisco come
mai avessi quest'idea, ma ci credevo. Chi sa, forse ci credevo
perche non mi restava nessun'altra possibilita di scelta".
"Oppure perche avevate troppa necessita di vincere. E'
precisamente come quando chi sta per annegare si afferra a una
pagliuzza. Converrete anche voi che, se non stesse per annegare,
non scambierebbe una pagliuzza per un ramo di albero..."
Polina si stupi.
"E come mai" domando, "avete anche voi la stessa speranza? Due
settimane fa voi stesso mi avete parlato un giorno molto a lungo,
della vostra assoluta convinzione di vincere, qui, alla roulette e
volevate persuadermi a non considerarvi come un pazzo; o allora
scherzavate? Ma ricordo che parlavate cosi seriamente che non era
possibile prendere le vostre parole come uno scherzo."
"Questo e vero" risposi soprappensiero. "Sono ancora oggi convinto
che vincero. E vi confesso anche che voi, ora, mi avete indotto a
pormi questa domanda: perche mai la mia perdita di oggi, stupida e
assurda, non ha lasciato in me nessun dubbio? Io sono ancora
convinto che, non appena comincero a giocare per me, vincero
certamente."
"Perche siete tanto convinto?"
"A dire il vero, non lo so. So soltanto che ho necessita di
vincere e che anche per me e questa l'unica via d'uscita. Ecco
perche mi sembra di dover sicuramente vincere."
"Ne avete dunque anche voi estrema necessita se siete cosi
fanaticamente sicuro?"
"Scommetto che mettete in dubbio che io sia in condizione di avere
una seria necessita."
"Per me e proprio lo stesso" rispose Polina, calma e indifferente.
"Se volete saperlo, ebbene, si, dubito che possiate tormentarvi
per qualcosa di serio. Potete tormentarvi, ma non seriamente.
Siete un uomo disordinato e incerto. Per che cosa avete bisogno di
denaro? Tra tutte le ragioni che mi avevate esposto, non ne ho
trovata nessuna abbastanza seria."
"A proposito," la interruppi, "avete detto che dovete pagare un
debito, dunque! Forse al francese?"
"Che domande sono queste? Oggi siete particolarmente rude. Sareste
per caso ubriaco?"
"Voi sapete che io mi permetto di parlare e di fare domande a
volte molto sincere. Lo ripeto, sono il vostro schiavo: degli
schiavi non si ha vergogna e quello che dice uno schiavo non puo
offendere."
"Tutte sciocchezze! Non posso soffrire questa vostra teoria della
schiavitu!"
"Badate che io non vi parlo della mia schiavitu perche desidero
essere vostro schiavo, ma ne parlo semplicemente come di un fatto
che non dipende assolutamente da me."
"Ditemi francamente: perche vi occorre denaro?"
"E a voi perche occorre saperlo?"
"Come volete" rispose lei, e alzo alteramente il capo.
"Non potete soffrire la 'teoria della schiavitu', ma esigete la
schiavitu: 'rispondere e non discutere!' E sta bene, sia pure
cosi! A che scopo mi serve il denaro, mi chiedete? Come, a che
scopo? Il denaro e tutto!"
"Capisco, ma non bisogna, per questo desiderio, ridursi in un
simile stato di pazzia! Perche anche voi arrivate all'esaltazione,
al fanatismo... Qui sotto c'e qualcosa, c'e uno scopo particolare.
Parlate senza tanti giri di parole, lo voglio!"
Sembrava che cominciasse a irritarsi, e a me piaceva moltissimo
che mi interrogasse con tanta foga.
"Si capisce che c'e uno scopo," dissi io, "ma non saprei spiegarvi
quale. Forse nient'altro che questo: con il denaro diventero per
voi un altro uomo, e non uno schiavo."
"Come? Come otterrete questo?"
"Come l'otterro? Come, non capite nemmeno come potro ottenere che
non mi consideriate uno schiavo? Ecco quello che non voglio, tutti
questi stupori e queste perplessita."
"Avete detto che questa schiavitu e per voi una gioia. E io stessa
pensavo che fosse cosi."
"Pensavate cosi!" esclamai con una strana soddisfazione. "Ah com'e
bella tanta ingenuita da parte vostra! Si, si, la schiavitu che mi
viene da voi e per me una gioia. Ci puo essere una gioia anche
nell'estremo grado dell'avvilimento e dell'annullamento!"
continuai come in delirio. "Lo sa il diavolo... forse una gioia
c'e anche nello scudiscio quando vi colpisce e vi strappa
brandelli di carne... Ma puo darsi che io voglia provare anche
altri godimenti. Poco fa, a tavola, in vostra presenza, il
generale mi ha fatto una predica per quei settecento rubli che
magari non mi dara neppure. Il marchese De-Grieux mi guarda
dall'alto in basso inarcando le sopracciglia e, nello stesso
tempo, non si accorge di me. E io, per parte mia, ho quasi una
voglia pazza di prendere per il naso il marchese De-Grieux davanti
a voi!"
"Discorsi da bambino! In ogni situazione ci si puo comportare con
dignita. Se c'e lotta, essa ci innalza e non ci abbassa."
"Parole modello! Basta che voi supponiate che io, forse, non so
comportarmi con dignita. Cioe, io sono magari un uomo degnissimo,
ma non so comportarmi con dignita. Capite che questo puo
succedere? Ma tutti i russi sono cosi, e sapete perche? Perche i
russi sono troppo variamente e riccamente dotati per potersi
trovare con facilita una forma decorosa. Si tratta di forma. Noi
russi siamo, per la maggior parte, tanto riccamente dotati, che
per avere una forma conveniente ci serve la genialita: gia, ma la
genialita il piu delle volte manca perche, in genere, e molto
rara. Soltanto nei francesi e forse in alcuni altri popoli europei
la forma e cosi ben determinata da poter dare loro un aspetto
dignitosissimo, pur essendo personalmente persone indegne. E' per
questo che attribuiscono alla forma tanto valore. Il francese
sopportera un'offesa, una vera e propria offesa, senza batter
ciglio, ma non sopportera a nessun costo un buffetto sul naso
perche questo buffetto costituisce la violazione di una forma di
convenienza, accettata e perpetuata. Precisamente per questo le
nostre signorine hanno un debole per i Francesi, perche i Francesi
hanno una bella forma. Secondo me, pero, non esiste la forma, ma
esiste soltanto il gallo, 'le coq gaulois'! Pero questo non lo
posso capire perche non sono una donna. Forse anche i galli sono
belli. Ma, in conclusione, ho detto un mucchio di sciocchezze, e
voi non mi interrompete. Interrompetemi piu spesso; quando parlo
con voi, voglio dire tutto, tutto. Perdo ogni forma. E sono anche
d'accordo nel dire che non solo non ho forma, ma nemmeno alcuna
dignita. Ve lo dichiaro. E non mi importa affatto di non avere
alcun merito. Ora tutto si e fermato in me. E voi sapete perche.
Nella mia testa non c'e piu un solo pensiero umano. Gia da molto
tempo non so piu che cosa accada nel mondo, ne in Russia, ne qui.
Ecco, sono passato per Dresda, e non ricordo come sia Dresda. Voi
sapete che cosa mi divora. Poiche non ho alcuna speranza e ai
vostri occhi sono una nullita, lo dico francamente: vedo ovunque
soltanto voi, e tutto il resto mi e indifferente. Perche e come vi
ami non so. Sapete che forse non siete neppure molto bella?
Figuratevi, non so se siete bella o no, neppure di viso! Il vostro
cuore certamente non e bello, e che la vostra mente non sia nobile
e molto possibile."
"Forse per questo contate di comperarmi con il denaro," disse lei,
"perche non credete alla mia nobilta?"
"Quando mai ho pensato di comperarvi con il denaro?" esclamai.
"Vi siete imbrogliato e avete perso il filo del discorso. Se non
me, pensavate di comperare con il denaro almeno la mia stima."
"Ebbene no, non e proprio cosi! Vi ho gia detto che trovo
difficile spiegarmi. Voi mi schiacciate. Non andate in collera per
le mie chiacchiere. Voi capite perche con me non si puo andare in
collera: perche io sono semplicemente pazzo. Ma, del resto, mi e
indifferente, anche se andate in collera. Quando sono lassu, nella
mia stanzetta, mi basta ricordare e immaginare il fruscio della
vostra veste e mi vien voglia di mordermi le mani. E perche vi
irritate con me? Perche dico che sono uno schiavo? Approfittate,
approfittate della mia schiavitu, approfittatene! Sapete che un
giorno o l'altro vi uccidero? Non vi uccidero perche non vi amero
piu o saro geloso di voi, ma vi uccidero cosi, semplicemente
perche qualche volta mi sento trascinato a divorarvi. Voi
ridete..."
"Non rido affatto" disse lei con sdegno. "Vi ordino di tacere."
S'interruppe, riuscendo appena a respirare per la collera. Vi
giuro che non so se fosse bella, ma mi e sempre piaciuto guardarla
quando si fermava cosi, di fronte a me, e percio mi piaceva
provocare spesso la sua collera. Forse lei se ne era accorta e
faceva apposta ad arrabbiarsi. E glielo dissi.
"Che schifo!" esclamo lei con un gesto di disgusto.
"Non me ne importa niente" continuai. "Sapete che anche
passeggiare insieme noi due soli e pericoloso? Molte volte mi
sento invincibilmente tentato di picchiarvi, di sfregiarvi, di
strangolarvi... E che credete? Che non si arrivera a questo punto?
Voi mi porterete alla pazzia. Pensate che io tema lo scandalo? La
vostra collera? Ma che m'importa della vostra collera? Io vi amo
senza speranza e so che, dopo, vi amerei mille volte di piu. Se un
giorno vi uccidero, dovro certo uccidere anche me, ma lo faro il
piu tardi possibile, tanto per aver tempo di provare
l'intollerabile dolore della vostra mancanza. Volete che vi dica
una cosa incredibile? Ogni giorno vi amo di piu, anche se questo e
quasi impossibile. E dopo di cio non dovrei essere fatalista?
Ricordate? L'altro giorno sullo Schlangenberg, eccitato da voi, ho
mormorato: dite una parola e mi buttero nel precipizio. Se aveste
detto quella parola mi sarei buttato. Possibile che crediate che
non l'avrei fatto?"
"Che stupide chiacchiere!" esclamo lei.
"A me non importa proprio niente se siano stupide o intelligenti"
risposi. "Io so che davanti a voi devo parlare, parlare... e
parlo. In vostra presenza perdo ogni amor proprio, e tutto mi e
indifferente."
"A che scopo dovrei farvi saltar giu dallo Schlangenberg?" mi
chiese in tono asciutto e particolarmente offensivo. "Sarebbe
proprio inutile per me!"
"Magnifico!" esclamai "A bella posta avete detto quel magnifico
'inutile' per schiacciarmi. Io vedo dentro di voi. Inutile, avete
detto? Ma un piacere e sempre utile e un feroce, illimitato
potere, sia pure su una mosca, e anch'esso, nel suo genere, un
piacere. L'uomo e despota per natura e gli piace torturare. E a
voi piace terribilmente..."
Ricordo che essa mi osservava con un'attenzione tutta particolare.
Senza dubbio il mio viso esprimeva, in quel momento, tutte le mie
insensate, assurde sensazioni. Ora ricordo che effettivamente la
nostra conversazione avvenne quasi parola per parola come io l'ho
riportata. I miei occhi si erano iniettati di sangue. Agli angoli
delle labbra mi si era raggrumata la saliva. Per quanto si
riferisce allo Schlangenberg lo giuro sul mio onore anche adesso:
se essa mi avesse ordinato di buttarmi giu, io mi sarei buttato!
Se l'avesse detto solo per scherzo, se l'avesse detto con
disprezzo, sputandomi addosso... ebbene, anche in questo caso mi
ci sarei buttato!
"No, ma perche? Io vi credo" disse Polina con quel modo che
soltanto lei sa usare per dire le cose con tanto disprezzo e
malignita che, vivaddio, avrei potuto ucciderla in quel momento.
Rischiava. Anche su questo non avevo mentito, dicendoglielo.
"Voi non siete un vigliacco?" mi chiese all'improvviso.
"Non lo so, puo anche darsi che lo sia. Non so... da tanto tempo
non ci ho pensato."
"Se io vi dicessi: uccidete quell'uomo, lo uccidereste?"
"Chi?"
"Chi vorro io."
"Il francese?"
"Non interrogate, ma rispondete. Chi vi indichero io. Voglio
sapere se poco fa avete parlato seriamente."
Aspettava una risposta con un'aria cosi dura e impaziente che
provai una strana impressione.
"Ma mi direte una buona volta che cosa succede qui?" esclamai.
Avete forse paura di me? Li vedo anch'io tutti i pasticci che ci
sono qui... Voi siete la figliastra di un uomo rovinato e pazzo,
ossessionato dalla passione per quel demonio di Blanche; poi c'e
questo francese con la sua misteriosa influenza su di voi; ed ecco
che ora voi mi fate una simile domanda in tono cosi serio. Che io
almeno sappia: altrimenti finiro con l'impazzire e combinare
qualche guaio. Oppure vi vergognate di degnarmi della vostra
sincerita? Possibile che vi vergogniate di me?"
"Non sto affatto parlando di questo. Vi ho fatto una domanda e
aspetto la risposta."
"Si capisce, uccidero" gridai, "chiunque voi mi ordiniate di
uccidere, ma potete voi forse... me l'ordinerete, forse?"
"E che cosa credete? Che avrei compassione di voi? Vi daro
l'ordine e restero in disparte. Vi sentirete di farlo? Ma no,
figuriamoci! Voi, magari, ucciderete per mio ordine, ma poi
verrete a uccidere me perche ho osato mandarvi."
A queste parole fu come se qualcosa mi avesse colpito al capo. Si
capisce che anche allora consideravo la sua domanda come un mezzo
scherzo, come una sfida; eppure lei aveva parlato troppo
seriamente. Nonostante tutto ero sorpreso che lei si fosse cosi
scoperta, che si riservasse un tale diritto e un tale potere su di
me e che cosi chiaramente dicesse: "Va' alla rovina, e io me ne
sto in disparte!" C'era in queste parole un non so che di cosi
cinico e di cosi franco che mi pareva esagerato. Dopo una cosa
simile, che concetto poteva avere di me? Si era ormai oltrepassato
il limite della schiavitu e dell'abiezione. Quando si ha un simile
punto di vista si innalza l'uomo fino a se. E, per quanto assurdo,
per quanto incredibile fosse stata tutta la nostra conversazione,
il mio cuore ebbe un sussulto.
All'improvviso lei scoppio a ridere. Eravamo seduti su una
panchina, davanti ai ragazzi che giocavano, proprio di fronte al
posto in cui si fermavano le carrozze e scendeva la gente davanti
al Casino.
"Vedete quella grassa baronessa?" mi chiese. "E' la baronessa
Wurmerhelm. E' arrivata solo da tre giorni. Guardate suo marito:
un prussiano lungo e secco con il bastone in mano. Vi ricordate
come ci osservava l'altro ieri? Andate subito, avvicinatevi alla
baronessa, toglietevi il cappello e ditele qualcosa in francese."
"Perche?"
"Avete giurato che vi sareste buttato giu dallo Schlangenberg;
avete giurato di essere pronto a uccidere a un mio ordine. Invece
di tutti questi omicidi e queste tragedie, voglio soltanto ridere
un po'. Andate, senza fare tante storie. Voglio vedere come il
barone vi bastonera."
"Voi mi sfidate; credete che non lo faro?"
"Si, vi sfido! Andate, lo voglio."
"D'accordo, vado, anche se si tratta di una stravagante fantasia.
Una cosa sola, pero: non vorrei che ci fossero seccature per il
generale e, da parte sua, per voi! Vi giuro che non mi preoccupo
per me, ma per voi e anche... si... anche per il generale. Ma che
fantasia e mai questa di mandare a offendere una donna?"
"Eh si, a quanto vedo voi siete soltanto un chiacchierone" mi
disse lei con disprezzo. "Avevate gli occhi iniettati di sangue,
poco fa, ma probabilmente solo perche a pranzo avete bevuto troppo
vino. Credete forse che non capisca anch'io che si tratta di una
cosa stupida e volgare e che il generale si infuriera? Ma ho
voglia di ridere. Si, voglia di ridere. E perche, poi, dovreste
offendere una donna? Piuttosto bastoneranno voi."
Mi girai e in silenzio andai a eseguire il suo ordine. Certo era
una cosa stupida, certo non seppi cavarmela, ma ricordo che,
quando cominciai ad avvicinarmi alla baronessa, qualcosa mi
stuzzico, e precisamente mi stuzzico il desiderio di una
monelleria. E poi ero eccitato, terribilmente eccitato, come se
fossi ubriaco...
6.
Ecco che sono gia passati due giorni da quella stupida giornata.
Quante grida, quanto rumore, quante chiacchiere, quanto trambusto!
E che disordine, che confusione, che stupidita e volgarita... e
tutto per causa mia. Pero a volte viene da ridere... a me, per lo
meno. Non so rendermi conto di cio che mi succede: se mi trovi
veramente in uno stato di esaltazione o se semplicemente sia
uscito di senno e commetta sconvenienze fino a quando non mi
legheranno. A volte mi sembra che la mia mente sia sconvolta. E a
volte ho l'impressione di non essere lontano dall'infanzia, dai
banchi della scuola, e di fare semplicemente delle monellerie da
scolaro.
E Polina, sempre Polina! Forse non ci sarebbero monellerie se non
ci fosse lei. Chi sa, magari faccio tutto questo per disperazione
(per quanto, del resto, sia stupido ragionare cosi). E non capisco
che cosa ci sia di bello in lei! Bella, pero, e bella, sembra
bella.
Fa impazzire anche gli altri.
E' alta e ben fatta, solo un po' sottile. Mi da l'impressione che
si potrebbe farne un nodo o piegarla in due. La forma del suo
piede e lunga e sottile, crudele. Proprio crudele. I capelli hanno
una sfumatura rossiccia, gli occhi sono veri occhi da gatta... ma
come sa usarli con orgogliosa fierezza! Quattro mesi fa, quando
ero appena arrivato in casa loro, lei, una sera si trattenne a
lungo in sala a discutere animatamente con De-Grieux. E lo
guardava in un modo tale che poi, quando mi ritirai in camera mia
per coricarmi, mi immaginai che lei gli avesse dato uno schiaffo,
glielo avesse appena dato e gli stesse cosi davanti a guardarlo...
Ecco, da quella sera mi sono innamorato di lei.
Ma veniamo ai fatti!
Per un sentiero uscii sul viale, mi sistemai nel bel mezzo e
attesi il barone e la baronessa. A cinque passi di distanza mi
tolsi il cappello e mi inchinai.
Ricordo che la baronessa indossava un abito di seta larghissimo,
di colore grigio chiaro, con volanti, crinolina e strascico. E'
piccola di statura e di una grassezza straordinaria, con un mento
terribilmente carnoso e floscio, tanto che non le si vede per
niente il collo. La sua faccia e paonazza. Gli occhi sono piccoli,
maligni e sfacciati. Cammina come se facesse un onore a tutti. Il
barone e secco, alto. Il suo volto, come spesso si vede nei
Tedeschi, e storto e solcato da mille piccole rughe; porta gli
occhiali; e sui quarantacinque anni. Le gambe gli cominciano quasi
dal petto: segno di razza, dicono. E' tronfio come un pavone. Un
po' goffo. Nell'espressione di quel viso c'e qualcosa del montone
che, a modo suo, sostituisce la profondita di pensiero.
Tutto questo mi passo davanti agli occhi in tre secondi.
Il mio inchino e il cappello tra le mani all'inizio attirarono
appena la loro attenzione. Soltanto il barone aggrotto lievemente
le sopracciglia. La baronessa navigava direttamente verso di me.
"Madame la baronne," proferii con chiarezza a voce alta, scandendo
bene ogni parola "j'ai l'honneur d'etre votre esclave!" (1)
Poi mi inchinai, misi il cappello e passai davanti al barone,
girando cortesemente il viso verso di lui e sorridendo.
Era stata lei, Polina, a ordinarmi di togliermi il cappello, ma mi
inchinai e feci la monelleria di mia iniziativa. Che diavolo mi ci
ha spinto? Era come se volassi giu da una montagna.
"Hein!" grido o, per meglio dire, gracchio il barone volgendosi
verso di me con irritato stupore.
Mi girai e mi fermai in ossequiosa attesa, continuando a guardarlo
e a sorridere. Egli, evidentemente perplesso, inarco le
sopracciglia sino al "nec plus ultra". Il suo volto diventava
sempre piu scuro. Anche la baronessa si giro dalla mia parte e
anche lei mi guardo con indignato stupore.
"Hein!" grido di nuovo il barone con raddoppiato gracchiare e
raddoppiato sdegno.
"Ja wohl! (2)" dissi strascicando le parole e continuando a
guardarlo negli occhi.
"Sind Sie rasen? (3)" grido, agitando il suo bastone e
cominciando, mi sembra, ad avere un po' di paura. Forse lo turbava
il vestito. Indossavo un abito decente, direi quasi elegante, da
persona appartenente alla buona societa.
"Ja wo-o-o-ohl!" gridai a un tratto, a tutta forza, strascicando
la "o" come fanno i berlinesi che, in ogni momento, durante la
conversazione, usano l'intercalare "ja wohl" e strascicano piu
meno la "o" per esprimere varie sfumature di pensiero e di
sensazioni.
Il barone e la baronessa si girarono e si allontanarono quasi di
corsa, spaventati. Tra il pubblico, alcuni si misero a commentare,
altri a guardarmi perplessi. Pero, non me ne ricordo bene.
Mi girai e con il mio solito passo mi avviai verso Polina
Aleksandrovna. Ma non ero ancora arrivato a cento passi dalla
panchina su cui lei era seduta che la vidi alzarsi e dirigersi con
i bambini verso l'albergo.
La raggiunsi vicino alla scalinata.
"Ho eseguito... quella stravaganza..." le dissi, quando l'ebbi
raggiunta.
"E con questo? Adesso sbrigatevela voi" mi rispose e, senza
nemmeno guardarmi, comincio a salire la scala.
Per tutta quella sera passeggiai nel parco. Attraverso il parco e
poi attraverso un bosco raggiunsi addirittura un altro principato.
In una casetta di contadini mangiai una frittata e bevvi del vino:
e per questa idilliaca cena vollero un tallero e mezzo.
Soltanto alle undici tornai a casa. Subito fui chiamato da parte
del generale.